Pena concordata in Appello: Quando Non Puoi Impugnare la Sentenza
L’istituto della pena concordata in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per definire il processo in modo più rapido. Tuttavia, quali sono i limiti all’impugnazione di una sentenza che ratifica tale accordo? Con la recente ordinanza n. 1192 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, dichiarando inammissibile un ricorso che mirava a contestare proprio la misura della pena pattuita.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Contro la Scelta Sanzionatoria
Quattro imputati proponevano ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Brescia. La sentenza di secondo grado aveva recepito un accordo tra le parti sulla pena da applicare. Nel loro ricorso, gli imputati lamentavano un’erronea applicazione degli articoli 133 e 133-bis del codice penale, che regolano i criteri di commisurazione della pena da parte del giudice. In sostanza, contestavano la congruità della sanzione che loro stessi avevano concordato.
La Decisione della Cassazione: Il Limite al Diritto di Impugnazione sulla pena concordata
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, adottando una procedura semplificata e senza formalità. La decisione si basa su un principio cardine: quando le parti indicano precisamente al giudice la pena da applicare e quest’ultimo condivide e ratifica tale scelta, non è più possibile contestarla in sede di legittimità. L’accordo sulla pena, una volta raggiunto e formalizzato, preclude una successiva rinegoziazione o contestazione della sua congruità.
Le Motivazioni: Il Principio del Pacta Sunt Servanda nel Processo Penale
Il ragionamento della Corte si fonda su un’analogia con l’istituto del patteggiamento, come chiarito da una storica sentenza delle Sezioni Unite (la n. 5838 del 2014, nota come sentenza Citarella). Anche in quel contesto, si era stabilito che la censura relativa alla determinazione della pena non può essere dedotta in sede di legittimità, poiché frutto di un accordo tra le parti.
L’unica eccezione a questa regola ferrea è l’ipotesi in cui la pena concordata risulti contra legem, ovvero illegale. Ciò si verifica, ad esempio, se la pena applicata eccede il massimo edittale previsto dalla legge per quel reato, o è di una specie diversa da quella consentita. Nel caso di specie, questa ipotesi era da escludere. Il reato contestato (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990) è punito con una pena fino a quattro anni, e la sanzione inflitta agli imputati rientrava pienamente in questi limiti. Pertanto, essendo la pena legale, l’accordo tra le parti era valido e la sentenza non era impugnabile su quel punto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
L’ordinanza ribadisce un principio di coerenza e auto-responsabilità delle parti processuali. Chi sceglie la via della pena concordata in appello accetta consapevolmente la sanzione come definita nell’accordo, rinunciando implicitamente a contestarne l’adeguatezza in un momento successivo. Questa decisione consolida la stabilità degli accordi processuali e ne rafforza l’efficacia deflattiva. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che la scelta di accedere al concordato deve essere attentamente ponderata, poiché, una volta siglato l’accordo e ratificato dal giudice, le porte per un ripensamento sulla misura della pena sono, di fatto, chiuse, salvo il raro caso di illegalità della sanzione.
È possibile impugnare una sentenza che applica una pena concordata in appello?
Di regola no. Il ricorso che contesta la determinazione di una pena concordata ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. è inammissibile, perché proposto per un motivo non consentito dalla legge quando le parti hanno specificamente pattuito la sanzione.
Esiste un’eccezione a questa regola di inammissibilità?
Sì, l’unica eccezione prevista è l’ipotesi in cui la pena concordata sia ‘contra legem’, cioè illegale perché, ad esempio, non rispetta i limiti minimi o massimi previsti dalla legge per quel reato.
Cosa succede se un ricorso contro una pena concordata viene comunque presentato e dichiarato inammissibile?
I ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma, ritenuta equa dal giudice, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso esaminato, tale somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1192 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6 Num. 1192 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME nato in Tunisia il 06.07.1981
NOME COGNOME nato in Tunisia il 09.02.1990
NOME COGNOME nato in Tunisia il 10.03.1977
COGNOME NOMECOGNOME nata a Castellammare di Stabia il 17.10.1983
avverso la sentenza del 26/04/2023 emessa dalla Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi dei ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con procedura sempli senza formalità, perché proposti per motivo non consentito. Ed invero i ricorsi censura l’erronea applicazione degli artt. 133 e 133-bis cod. pen – esulano dalle i sperimentabili avverso la sentenza emessa ai sensi delrart. 599-bis cod. proc. pen. d che, in sede di pena concordata, le parti hanno precisamente indicato al giudice, che h la scelta sanzionatoria, la pena da applicare.
Analogamente alle conclusioni raggiunte in tema di patteggiamento (Sez. U, n. 5 28/11/2013, dep. 2014, Citarella, Rv. 257824), deve ritenersi che la censura re determinazione della pena concordata – e stimata corretta dal giudice di merito – non dedotta in sede di legittimità, al di fuori dell’ipotesi di determinazione contra legem. Ipotesi che, di certo, non ricorre nel caso di specie poiché il reato di cui all’art. 73, com 309/1990 è punito con la pena fino a quattro anni e quella inflitta agli imputati risu nei limiti edittali.
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dlichiarati inammissibili con cond ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo deter euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese pr della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 dicembre 2023
Il Consiglie estensore t Il Presidente