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Pena concordata: niente motivazione sul proscioglimento

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver accettato una pena concordata in appello, lamentava la mancata motivazione sul proscioglimento. Secondo la Corte, la rinuncia ai motivi di appello limita la cognizione del giudice, esonerandolo dal motivare su punti non più oggetto del contendere.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Concordata in Appello: Quando il Giudice Non Deve Motivare il Mancato Proscioglimento

L’istituto della pena concordata in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono i suoi esatti confini? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: una volta raggiunto l’accordo sulla pena, il giudice d’appello non è tenuto a motivare le ragioni del mancato proscioglimento dell’imputato. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. In secondo grado, sia la Procura Generale sia la difesa avevano concordato una rideterminazione della pena inflitta in primo grado, secondo la procedura della pena concordata. La Corte d’Appello aveva accolto tale richiesta, riformando la precedente decisione.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato presentava ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, la Corte territoriale avrebbe dovuto comunque valutare la possibile applicazione dell’art. 129 c.p.p. e, quindi, motivare sul perché non avesse proceduto al suo proscioglimento per una delle cause previste dalla norma.

La Questione Giuridica: Pena concordata e Obbligo di Motivazione

Il nucleo della questione ruota attorno all’interazione tra due norme: l’art. 599-bis c.p.p., che regola la pena concordata in appello, e l’art. 129 c.p.p., che impone al giudice di dichiarare immediatamente d’ufficio determinate cause di non punibilità.

L’imputato sosteneva che l’obbligo di valutare un’eventuale causa di proscioglimento prevalesse sull’accordo raggiunto tra le parti. Di conseguenza, il giudice d’appello avrebbe dovuto esplicitare le ragioni per cui riteneva non applicabile tale proscioglimento, anche a fronte della richiesta congiunta di rideterminare la sanzione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato in giurisprudenza, affermando che la tesi del ricorrente non poteva trovare accoglimento. La scelta di accedere alla pena concordata ha conseguenze procedurali ben precise che limitano l’ambito di valutazione del giudice.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione sul cosiddetto “effetto devolutivo” dell’impugnazione. Quando l’imputato, d’accordo con l’accusa, rinuncia ai motivi d’appello per ottenere una pena concordata, restringe volontariamente l’oggetto del giudizio. La cognizione del giudice di secondo grado, di conseguenza, è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia.

L’obbligo di motivazione del giudice è direttamente collegato all’effetto devolutivo. Se l’imputato rinuncia a contestare la sua colpevolezza in cambio di una pena più mite, il giudice non è più tenuto a motivare su quel punto. La sua funzione si concentra sulla verifica della correttezza dell’accordo e sulla congruità della pena pattuita. In sostanza, la rinuncia ai motivi di appello neutralizza l’obbligo del giudice di motivare su questioni che non sono più in discussione tra le parti.

La Corte ha richiamato precedenti pronunce (come la n. 52803/2018 e la n. 15505/2018) che confermano come, in caso di accoglimento della richiesta di pena concordata, il giudice non debba motivare né sul mancato proscioglimento né sull’insussistenza di nullità assolute o inutilizzabilità delle prove, proprio perché la cognizione è ormai limitata dall’accordo stesso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza la natura dispositiva e strategica della pena concordata in appello. La scelta di aderire a questo istituto è un’importante decisione difensiva che implica un bilanciamento di interessi: da un lato, la certezza di una pena rideterminata; dall’altro, la rinuncia a far valere determinate doglianze, inclusa la possibilità di ottenere un proscioglimento nel merito.

Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che la decisione di patteggiare in appello deve essere attentamente ponderata, poiché preclude la possibilità di sollevare in Cassazione vizi di motivazione su punti ai quali si è implicitamente rinunciato con l’accordo. La sentenza conferma che l’accordo processuale, una volta raggiunto e ratificato dal giudice, definisce in modo stringente i confini del giudizio.

Se accetto una pena concordata in appello, il giudice deve comunque spiegare perché non mi assolve?
No. Secondo la Corte di Cassazione, aderendo alla pena concordata si rinuncia ai relativi motivi di appello. Di conseguenza, il giudice non è più tenuto a motivare sul mancato proscioglimento, poiché la sua valutazione è limitata dall’accordo stesso.

Qual è la conseguenza se presento un ricorso in Cassazione ritenuto inammissibile in un caso come questo?
Il ricorso viene rigettato senza un esame nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle Ammende, poiché non si possono escludere profili di colpa nella presentazione del ricorso.

Cosa significa che la cognizione del giudice è limitata dall’effetto devolutivo dell’impugnazione?
Significa che il giudice d’appello può decidere solo sulle questioni e sui punti specifici che sono stati contestati con i motivi di appello. Se un imputato rinuncia a tali motivi per accedere a una pena concordata, restringe volontariamente l’ambito di valutazione del giudice, che non potrà più pronunciarsi sui punti oggetto di rinuncia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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