Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1824 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 1824 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOMECOGNOME nato a Taranto il 25/07/1969, avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce in data 20/03/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME.
IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza in data 19 ottobre 2022 la sesta Sezione di questa Corte, in accoglimento del ricorso del Pubblico ministero svolto in tema di meno grave qualificazione giuridica data dalla Corte di appello al fatto inizialmente contestato come concussione qualificava il fatto come da decreto di citazione a giudizio e annullava con rinvio la sente impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, che la Corte territoriale avev calcolato in relazione al reato di cui all’art. 319quater cod. pen.
1.1. La Corte di appello di Lecce, onerata del rinvio, accoglieva la richiest definizione dell’appello con pena concordata tra le parti, ai sensi degli artt. 599 bis e comma 1 bis, cod. proc. pen., riformava, quindi, quoad poenam la sentenza di condanna emessa dal primo giudice.
1.2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo a motivo della impugnazione illogicità e contraddittorietà della motivazione e violazione del legge penale sostanziale (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen., in riferime agli artt. 62 bis cod. pen.), non avendo la Corte ritenuto di applicare ex officio le circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi e con le modalità previs dal comma 5 bis dell’art. 610 cod. proc. pen., per essere stato proposto fuori dei ca previsti dalla legge.
2.1. La sentenza impugnata è stata emessa dalla Corte territoriale ai sensi degli art 602, comma 1 bis, 599-bis, comma 1, cod. proc. pen., introdotti dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017. Dispone la normativa processuale che la Corte di appello provvede in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall’articolo 589 dello stesso codi ne fanno richiesta, dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il Pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudic anche la pena sulla quale sono d’accordo.
Il giudice di appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, una volta l’imputato abbia rinunciato ad alcuni dei motivi d’impugnazione, limita la sua cognizione motivi non rinunciati e a quelli sui quali non è stato raggiunto l’accordo tra le p determinando, invero, la rinuncia ai motivi ed il concordato sulla pena (nei limiti d legalità della stessa) una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto deve ritenersi non essergli devoluto (non solo in punto di affermazione di responsabilità). Consegue che è inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in f dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla pa
oggi dall’art. 599-bis cod. proc. pen., non solo limita la cognizione del giudice di seco grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudi di legittimità, analogamente a quanto avviene per la rinuncia all’impugnazione (Sez. 3, n 19983 del 09/06/2020, COGNOME, Rv. 279504 – 01).
2.2. Nel caso in esame sono rimasti esclusi dalla rinuncia solo i motivi di gravame afferenti al trattamento sanzionatorio, che ha però seguito l’indicazione concordataria. sanzione concordata tra le parti non presenta aspetti di illegalità, né come tale è st presentata dalla difesa, che non ha, nel concordare la sanzione in appello con la parte pubblica, fatto cenno alla possibilità di riconoscere le dette circostanze innominate, c neppure la Corte di merito poteva riconoscere d’ufficio (Sez. 2, n. 35534 del 06/07/2021, Rv. 281943 – 01).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n 186 del 2000), al versamento -in favore della Cassa delle ammende- di una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pro pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 17 dicembre 2024.