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Peculato valore esiguo: quando il reato non sussiste

La Corte di Cassazione ha annullato la condanna per peculato a carico di un’infermiera accusata di aver sottratto farmaci di valore irrisorio. La sentenza stabilisce un principio fondamentale: in assenza di un danno concreto alla funzionalità della pubblica amministrazione, il reato di peculato per valore esiguo non è configurabile per mancanza del requisito dell’offensività.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Peculato per valore esiguo: la Cassazione chiarisce i limiti del reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35031/2024, offre un’importante chiave di lettura sul delitto di peculato, in particolare quando l’oggetto dell’appropriazione è un bene di valore irrisorio. La pronuncia stabilisce che non ogni appropriazione integra il reato, introducendo una valutazione sostanziale sull’effettiva lesività della condotta. Il caso del peculato per valore esiguo torna così al centro del dibattito, con implicazioni significative per i dipendenti della pubblica amministrazione.

I Fatti del Caso: L’Accusa di Peculato all’Infermiera

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un’infermiera, operante presso un ospedale pubblico, per il reato di peculato previsto dall’art. 314 del codice penale. L’accusa era di essersi appropriata, in concorso con un collega, di modeste quantità di farmaci e materiale sanitario di proprietà della struttura. Nello specifico, si trattava di una compressa di antibiotico e due sacche di soluzione fisiologica, per un valore commerciale documentato di soli 13,50 euro.

Nonostante l’esiguità del valore, sia il tribunale di primo grado che la Corte di Appello avevano confermato la responsabilità penale della donna, pur riducendo la pena nel secondo grado. La motivazione dei giudici di merito si basava sull’idea che il reato di peculato tuteli non solo il patrimonio, ma anche il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, interessi che si ritenevano lesi a prescindere dal danno economico.

L’Analisi della Cassazione e il Principio di Offensività nel peculato per valore esiguo

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello su più fronti, ma concentrandosi su un punto cruciale: la mancanza di offensività della condotta. Secondo la ricorrente, l’appropriazione di beni di valore così infimo non aveva prodotto alcun pregiudizio concreto alla funzionalità del servizio sanitario.

La Suprema Corte ha accolto pienamente questa tesi, definendo la motivazione della sentenza impugnata ‘inadeguata e illogica’. I giudici di legittimità hanno innanzitutto criticato la Corte territoriale per aver presunto, senza prove, che la quantità di materiale sottratto fosse superiore a quella confessata. Ma il cuore della decisione risiede nell’applicazione del principio di offensività.

La Decisione: Quando il Peculato per Valore Esiguo non è Reato

La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato, secondo cui la configurabilità del delitto di peculato è esclusa quando la condotta appropriativa riguarda beni di valore economico talmente esiguo da risultare inapprezzabile e, allo stesso tempo, non abbia alcuna incidenza concreta sulla funzionalità dell’ufficio o del servizio pubblico.

In altre parole, non basta la mera violazione formale della norma. Per aversi un reato, è necessario che la condotta abbia leso in modo tangibile l’interesse protetto dalla norma incriminatrice. Nel caso di specie, sottrarre una singola compressa e due flaconi di soluzione fisiologica non ha compromesso in alcun modo l’operatività dell’ospedale né ha causato un danno patrimoniale rilevante. Di conseguenza, il fatto, pur essendo formalmente riconducibile alla fattispecie di peculato, è stato ritenuto penalmente irrilevante per mancanza di offensività.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione dell’art. 314 c.p. coerente con i principi costituzionali, in particolare quello di offensività, secondo cui non può esservi reato senza un’offesa concreta a un bene giuridico. I giudici hanno sottolineato che una condanna penale non può basarsi su mere presunzioni o su una visione astratta del danno al prestigio della Pubblica Amministrazione. È necessario, invece, un giudizio concreto sul pregiudizio effettivo arrecato allo svolgimento del servizio pubblico.

La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse basata su una presunzione di offensività legata unicamente alla natura dei beni (farmaci), senza un’analisi fattuale dell’impatto della sottrazione. Mancando qualsiasi elemento che dimostrasse un’incidenza pregiudizievole sul servizio, la condotta doveva essere considerata non offensiva e, quindi, non punibile. Per questa ragione, la sentenza di condanna è stata annullata senza rinvio ‘perché il fatto non sussiste’.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza rafforza un importante baluardo di civiltà giuridica: il principio di proporzionalità e la necessità di una lesività concreta per l’applicazione di una sanzione penale. Le implicazioni pratiche sono notevoli:

1. Valutazione caso per caso: I tribunali non possono applicare automaticamente l’accusa di peculato per ogni minima appropriazione, ma devono valutare attentamente l’entità del valore del bene e l’impatto reale sulla funzionalità del servizio.
2. Limite alla discrezionalità penale: Si pone un argine a un’applicazione eccessivamente rigorosa e formale della legge penale, evitando che il sistema giudiziario venga impegnato per questioni di minima importanza.
3. Tutela del dipendente pubblico: Offre una maggiore garanzia ai dipendenti pubblici contro accuse sproporzionate per condotte di scarsissima rilevanza, pur non legittimando alcun tipo di abuso.

L’appropriazione di un bene di valore irrisorio da parte di un pubblico dipendente è sempre reato di peculato?
No. Secondo questa sentenza della Cassazione, se il valore del bene è estremamente esiguo e la condotta non ha alcuna incidenza concreta e pregiudizievole sulla funzionalità del servizio pubblico, il reato di peculato non sussiste per mancanza di offensività.

Cosa significa ‘principio di offensività’ in questo contesto?
Significa che una condotta, per essere punibile penalmente, non deve solo corrispondere formalmente alla descrizione della norma (in questo caso, l’art. 314 c.p.), ma deve anche ledere o mettere in pericolo in modo concreto il bene giuridico che la norma intende proteggere, ovvero il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza senza rinvio?
La Corte ha annullato la sentenza senza rinvio perché ha ritenuto che il fatto, così come accertato, non costituisce reato (‘il fatto non sussiste’). Quando la Cassazione accerta che manca un elemento costitutivo del reato, come l’offensività, può decidere il caso in modo definitivo senza la necessità di un nuovo processo di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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