Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35031 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35031 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nata a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 25 ottobre 2023 dalla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità o per il rigettc del ricorso; lette le richieste del difensore della parte civile, RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che ha concluso per la conferma della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE che, in parziale riforma della sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 314 cod. pen., ha rideterminato la pena inflitta NOME misura d anni uno, mesi due e giorni sette di reclusione, disponendo la non menzione della condanna nel casellario giudiziale e confermando nel resto la sertenza di primo grado.
La COGNOME è stata ritenuta responsabile del reato di peculato il quanto, NOME qualità di incaricato di pubblico servizio, quale infermiera presso l’ospedale SS. Salvatore di Paternò, in circostanze diverse, avendo in ragione del servizio la disponibilità di consistenti quantità di farmaci e di materiale sanitario dell’ospedale, se ne appropriava in concorso con l’infermiere NOME COGNOME, nei cui confronti si è proceduto separatamente; ciò quantomeno nelle date do 18 novembre 2014 e del 17 dicembre 2014.
1.1 Con tre motivi di ricorso, che in quanto logicamente connessi possono essere esposti congiuntamente, deduce vizi cumulativi della motivazione e di violazione di legge in relazione al giudizio di responsabilità, anche in relazior e all’elemento psicologico del reato, in quanto: 1) nel motivo di appello si era fatto espresso riferimento alle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio da NOME COGNOME il quale ha escluso che l’imputata fosse una “fornitrice” di farmaci e prodotti sanitari, essendosi limitata a consegnargli, su sua richiesta, una compressa di antibiotico e due sacche di soluzione fisiologica; 2) la sentenza impugnata, senza motivare sulla inattendibilità di tali dichiarazioni, pur condividendo con il primo Giudice l valutazione di esiguità del valore dei beni sottratti, ha, comunque, ritenuto leso l’interesse al buon andamento della Pubblica Amministrazione, senza verificare se la condotta ascritta abbia effettivamente inciso sulla funzionalità dEll’ufficio o de servizio. Ciò a fronte dello scontrino prodotto, documentante il valore di euro 13,50 dei beni sottratti, e in contrasto con la giurisprudenza di questa CortE che esclude il reato in caso di assenza o di estrema esiguità del valore della cos à sottratta; 3) quanto all’elemento psicologico, non si comprende la ragione per o i ne sia stata ravvisata la sussistenza esclusivamente in considerazione della destil azione all’uso personale della compressa antibiotica e della mancanza di ufficialità della richiesta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
La motivazione della sentenza impugnata presenta molteplici aspetti di inadeguatezza e di illogicità.
Pur ritenendo circoscritta la condotta ascritta alla ricorrente a Oue soli episodi, la Corte territoriale ha ritenuto, senza addurre alcun elemento fattuale a sostegno di tale conclusione, che l’imputata si sia impossessata, oltre che di alcune compresse di Augmentin consegnate al coimputato per il suo uso personale, di un quantitativo di soluzione fisiologica superiore alle sole due sacche riferite da NOMENOME
Tale conclusione si fonda, peraltro, su un dato di per sé neltro, inidoneo a sconfessare l’attendibilità della versione del NOME, ovvero il fatto che nell conversazioni intercettate quest’ultimo faceva riferimento ad una busta, elemento, questo, che, ad avviso della Corte, dovrebbe far ritenere che vi fosseto contenute più delle due sacche di soluzione fisiologica riferite dallo stesso NOME NOME sua confessione.
Rileva il Collegio che siffatta conclusione, oltre che meramente assertiva e in contrasto con il principio in dubio pro reo, appare implicitamente folndata sulla non attendibilità della confessione resa dal NOME in merito alla quale, conie rilevato dall ricorrente, la Corte territoriale non ha, tuttavia, fornito alcuna motivazione.
Parimenti fondata è l’ulteriore censura relativa al giudizio di offensività della condotta ascritta alla ricorrente, offensività ravvisata dalla Corte territoriale presupposto che, nonostante la mancanza di un danno patrimoniale, sia stato, comunque, leso l’ulteriore interesse protetto dalla norma incriminatrice al buon andamento della Pubblica Amministrazione.
Tale giudizio appare fondato su una mera presunzione, in quanto, in assenza di specifici elementi sintomatici del concreto pregiudizio allo svolgime to del servizio pubblico, desume sostanzialmente la sussistenza dell’offesa dalla sola natura dei beni oggetto della condotta appropriativa.
Ciò in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Cote, dal Collegio pienamente condivisa, che, sulla base di una interpretazione dell’art. 314 cod. pen. coerente con il principio di offensività, esclude la configurabilit del delitto peculato nel caso in cui la condotta appropriativa riguardi beni che, cime nel caso di specie, sono privi di un valore economicamente apprezzabile e fin abbia alcuna
concreta incidenza sulla funzionalità dell’ufficio o del servizio (così, ( a ultimo, Sez 6, n. 44522 del 25/05/2018, Rv. 274150).
Le considerazioni sopra esposte hanno un valore assorbente rispetto all’esame della censura relativa all’elemento psicologico del reato.
Ritiene, dunque, il Collegio che, in considerazione della estrema esiguità del valore dei beni oggetto della contestata condotta appropriativo e della non desumibilità dalle sentenze di merito di alcun elemento che ne riveli l’incidenza pregiudizievole sulla funzionalità del servizio pubblico svolto dalla icorrente, deve escludersi l’offensività della condotta, cosicché la sentenza impugnOta va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. Così deciso il 4 luglio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore