Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18587 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18587 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME COGNOME nato a Mirabella Eclano il 14/11/1960
avverso la sentenza emessa il 15/03/2024 dalla Corte di appello di Potenza;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito l’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia dell’imputato, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza con cui COGNOME NOME COGNOME è stato condannato per il delitto di peculato.
All’imputato, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Matera, è contestato, avendo per ragioni del suo ufficio la disponibilità di un telepass abbinato alla autovettu di servizio Fiat Punto tg. VF20588 fino al 12.3.2014 – data in cui l’automezzo era stato dichiarato fuori uso – di essersi appropriato di detto telepass e di averlo utilizzato in occasioni indebitamente per finalità personali o familiari attraverso una autovettura privata intestata a lui e al di lui figlio.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge; il tema attiene alla valenza della nuova fattispecie prevista dall’art. 314 bis cod. pen. rispetto ai fatti di causa.
Si assume che con il nuovo reato il legislatore avrebbe realizzato uno scorporo della condotta distrattiva “dal tipo enucleato dall’art. 314 cod. pen.” e realizzerebbe una specificazione di quanto previsto dall’art. 314 cod. pen; in particolare, sarebbe stato realizzato uno “spacchettamento”, con continuità normativa, ai sensi dell’art. 2, comma 4, cod. pen., tra il delitto di peculato e quello previsto dall’art. 314 bis cod. pen.
Il fatto ascrivibile all’imputato sarebbe qualificabile come indebita destinazione d cose mobili intesa come distrazione non fisiologica della cosa; nella specie, non sarebbe stato cagionato un danno economico apprezzabile per la pubblica amministrazione in quanto i telepass, dismessi e non più reimpiegabili, sarebbero stati utilizzat dall’imputato per un tempo non apprezzabile.
Il danno sarebbe stato subito solo dalla società Autostrade.
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione quanto alla trattamento sanzionatorio.
Con l’atto di appello sarebbero state dedotte questioni relative all’erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen., al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 323 bis e 62, n. 4, cod. pen.
Il Tribunale avrebbe ritenuto il concorso formale tra i fatti – reato contestati nel ca di imputazione senza considerare che quello di peculato è reato istantaneo e che la condotta, nella specie, si sarebbe esaurita con l’appropriazione del telepass a nulla rilevando il successivo impiego, in plurime occasioni, dello stesso apparecchio.
Dunque sarebbe illegittimo l’aumento di pena di due mesi di reclusione per continuazione.
Quanto alle circostanze attenuanti, il danno avrebbe dovuto essere valutato in relazione non a quello subito dalla società Autostrade, quanto, piuttosto, rispetto all Pubblica amministrazione e in tale contesto si sarebbe dovuto tenere conto che il bene, cioè, il telepass, sarebbe stato privo di apprezzabile valore.
Né è stato considerato che l’imputato avrebbe corrisposto ad Autostrade italiane l’importo dovuto.
Su punto la sentenza sarebbe viziata e in tale contesto si fa riferimento anche alla circostanza di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen. e alle circostanze attenuanti generiche.
RITENUTO IN FATTO
Il ricorso è fondato quanto al tema della corretta qualificazione giuridica del fatt
Non è in contestazione in punto di fatto che oggetto della condotta appropriativa sarebbe stato il telepass di cui, si assume, l’imputato avrebbe avuto la disponibilità dopo che il bene era stato non più abbinato ad una determinata macchina di servizio.
Non è nemmeno in contestazione che l’imputato avrebbe fatto uso personale di quel telepass, utilizzandolo sulla autovettura privata tg. TARGA_VEICOLO intestata a lui stesso e a suo figlio.
2. In tale quadro di riferimento, il primo motivo di ricorso, relativo alla riconducibi del fatto alla nuova fattispecie di cui all’art. 314 bis cod. pen., è infondato.
L’art. 9, comma 1, d.l. 4 luglio 2024, n. 92 ha introdotto, a decorrere dal 5 lugli 2024, il reato di indebita destinazione di denaro e di cose mobili di cui all’art. 314 b cod. pen.
L’introduzione della nuova fattispecie di reato ha anticipato di pochi giorni l’approvazione della legge 9 agosto 2024, n. 114, che, con l’art. 1, comma 1, ha abrogato il reato di abuso d’ufficio a decorrere dal 25 agosto 2024.
Dunque, un fenomeno combinato di abrogazione dell’art. 323 cod. pen. e di introduzione “anticipata” di una norma che sembrerebbe dover fungere da contrappeso, rispetto all’abolitio criminis dell’abuso d’ufficio.
Un fenomeno combinato costituito, da un lato, dall’impiego della decretazione d’urgenza in ragione della necessità di tenere conto degli obblighi eurounitari (espressamente citati nella relazione di accompagnamento al decreto legge) e, dall’altra, dalla necessità di evitare il fenomeno “complesso” di abolizione di incriminazione e nuova incriminazione.
Una fattispecie, quella prevista dal nuovo art. 314 bis cod. pen., che si incrocia tra gli obblighi di incriminazione derivanti dal diritto della Unione europea, la evoluzion del diritto giurisprudenziale in materia di abuso distrattivo e le “vicende” che hanno condotto all’abrogazione del reato previsto dall’art. 323 cod. pen.
Quanto al primo profilo, il peculato per distrazione è infatti oggetto di un obbligo d incriminazione derivante dal diritto UE, che vincola il legislatore ai sensi dell’art. 11 comma 1, Cost.
Il riferimento è all’art. 4, comma 3, della Direttiva UE 2017/1371 del 5 luglio 2017 relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediant diritto penale.
Nel nono considerando di questa direttiva, si fa riferimento alla lesioni degli interess finanziari dell’Unione derivanti dalle condotte del funzionario pubblico che mirano alla “appropriazione indebita di fondi o beni, per uno scopo contrario a quello previsto”.
L’art. 4, comma 3, stabilisce che “gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché, se intenzionale, l’appropriazione indebita costituisca reato” e precisa subito che “ai fini della presente direttiva, s’intende per «appropriazione indebita» “l’azione d
funzionario pubblico, incaricato direttamente o indirettamente della gestione di fondi o beni, tesa a impegnare o erogare fondi o ad appropriarsi di beni o utilizzarli per uno scopo in ogni modo diverso da quello per essi previsto, che leda gli interessi finanziari dell’Unione”.
Il successivo comma 4 dell’art. 4 della Direttiva precisa poi che ai fini della dirett s’intende per «funzionario pubblico» un funzionario dell’Unione o un funzionario compresi i funzionari nazionali di un altro Stato membro e i funzionari nazionali di un paese terzo.
Quest’obbligo di incriminazione non è totalmente soddisfatto dalla norma che incrimina il peculato, perché essa si riferisce, secondo il diritto vivente, alle sole condo di appropriazione ovvero a quelle di distrazione che sono “equiparate” a quelle propriamente appropriative, cioè a quelle condotte caratterizzate dalla destinazione del denaro o della cosa mobile altrui non a finalità pubblicistiche, ma al soddisfacimento di interessi privati.
È noto, come sotto la vigenza dell’originario delitto di peculato, quello precedente alla riforma attuata con la legge 26 aprile 1990, n. 86, la formulazione del precetto prevedeva, a seconda della fattispecie, la punizione di colui il quale, si “appropria, ovvero (…) distrae” (art. 314 cod. pen.) oppure “si appropria o, comunque, distrae” (art. 315 cod. pen.), il denaro o la cosa mobile posseduti per ragioni di ufficio o servizi
Venivano identificate almeno tre forme di distrazione, a seconda che l’utilizzo del denaro (o di altra cosa mobile) avvenisse:
in violazione delle norme interne che ne prescrivono la destinazione, ma pur sempre per finalità inerenti all’ente di appartenenza;
per obiettivi avulsi da quelli propri dell’ente ma, comunque, di interesse pubblico;
per fini del tutto estranei a quelli pubblici.
Nel 1990 il legislatore decise di espungere dall’art. 314 cod. pen. il riferimento alla distrazione: lo scopo era quello di far confluire detta condotta nell’alveo dell’art. 3 cod. pen., laddove sussistenti gli altri elementi, peraltro successivamente arricchit prima dalla L. 16.7.1997, n. 234 e, poi, dal D.L. 16.7.2020, n. 76 (convertito dalla L. 11.9.2020, n. 120).
La successiva elaborazione giurisprudenziale aveva tendenzialmente chiarito come non assumessero rilevanza penale i casi di distrazione di cui al punto a): la destinazione del bene a finalità pubbliche non simmetriche rispetto a quelle regolamentari interne, ma pur sempre inerenti a quelle dell’ente al quale appartiene il pubblico agente infedele, escludeva l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma (cfr., Sez. 6, n. 25173 del 13/04/2023, Costa, Rv. 284790)
Quanto ai casi sub b) e c), in particolare, le Sezioni unite avevano invece spiegato come l’eliminazione della parola “distrazione” dal testo dell’art. 314 cod. pen., operata
dalla L. n. 86 del 1990, non avesse determinato puramente e semplicemente il transito di tutte le condotte distrattive poste in essere dall’agente pubblico nell’area di rilevan penale dell’abuso d’ufficio.
Qualora, infatti, mediante la distrazione del denaro o della cosa mobile altrui, tal risorse fossero state sottratte da una destinazione pubblica ed indirizzate al soddisfacimento di interessi privati, propri dello stesso agente o di terzi, sarebbe stato comunque integrato il delitto di peculato; la condotta distrattiva, invece, avrebbe potuto rilevare come abuso d’ufficio nei casi in cui la destinazione del bene, pur viziata per opera dell’agente, avesse mantenuto la propria natura pubblica e non fosse andata a favorire interessi estranei alla p.a (Sez. U, n. 19054 del 20/12/2012, – dep. 2013, Vattani).
All’indomani della introduzione della nuova fattispecie prevista dall’art. 314 bis cod. pen. è stata subito segnalata dalla dottrina la sua morfologia strutturale ibrida, che si colloca in una zone di confine tra il peculato e la versione “miniaturizzata” dell’abuso d’ufficio, successiva alle modifiche apportate alla fattispecie nel 2020.
Nella prima direzione, al di là dell’uso del verbo “destinare” anziché “distrarre”, l nuova fattispecie rivela una sua contiguità con l’incriminazione del peculato di cui all’art 314 cod. pen., comprovata, si è fatto notare, « dal comune presupposto della condotta, costituito dal “possesso o dalla disponibilità” e dal comune oggetto materiale rappresentato dal “denaro o altra cosa mobile altrui”».
La nuova fattispecie non fa riferimento ai beni immobili – che pure possono essere distratti (si fa, al riguardo, l’ipotesi di utilizzo di un appartamento, di un garage o d ufficio per fini privati, diversi da quelli per i quali è stato assegnato) – e la specificaz riguardante l’oggetto materiale della condotta sembra escludere la possibilità di ricondurre alla nuova previsione la casistica relativa allo sfruttamento, a fini privati, de forza lavoro appartenente alla pubblica amministrazione, avendo la giurisprudenza da tempo affermato l’impossibilità di ritenere in tali ipotesi configurato il delitto di pecul in quanto l’energia umana non rientra nel genus “cosa mobile” (cfr., Sez. 6, n. 6094 del 27/01/1994, Liberatore, Rv. 199186).
Nella seconda direzione, la norma incriminatrice fa riferimento all’ultima formulazione dell’art. 323 cod. pen. attraverso il richiamo “alle specifiche disposizioni di legge o a aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità”, nonché, agli elementi del dolo intenzionale e dell’evento di ingiusto vantaggio patrimoniale o di danno ingiusto, già introdotti con la pregressa riforma del 1997.
5. In questo contesto assume rilievo la clausola di riserva contenuta nell’art. 314 bis cod. pen. “fuori dai casi previsti dall’art. 314”.
Una clausola che, diversamente da quanto sostenuto da una parte della dottrina, esclude interferenze tra la nuova fattispecie e quella di peculato, attesa peraltro la diversa struttura delle fattispecie: quella meno grave di evento e l’altra più grave d condotta; una clausola che non erode la tradizionale tipicità del reato di peculato e che non è volta a disciplinare “tutte” le condotte distrattive, anche cioè quelle di distrazio – appropriativa, tradizionalmente ricondotte, come si è visto, al delitto di peculato e che dunque, nell’ambito di detto delitto rimangono.
Una opzione interpretativa – quella secondo cui la nuova norma riguarderebbe tutte le condotte distrattive, comprese quelle c.d. appropriative, tradizionalmente ricondotte al reato di peculato – che porterebbe al corollario di applicare la disciplina più favorevol prevista dall’art. 314-bis cod. pen., anche ai fatti distrattivi, precedentement commessi, consistenti nell’utilizzo del bene o del denaro per fini personali, inconciliabil con le finalità istituzionali.
Si tratta invece di “clausola di riserva determinata” con cui si è inteso escludere i concorso apparente di norme tra art. 314-bis cod. pen. e art. 314 cod. pen., dichiarando l’applicabilità dell’art. 314-bis cod. pen. solo nell’ipotesi in cui non sia applicabile 314 cod. pen., secondo un principio di sussidiarietà della nuova fattispecie rispetto al peculato comune; ciò esclude che distrazioni ad esclusivo profitto privato possano essere punite in base alla fattispecie meno grave.
Nessuna interferenza dunque tra art. 314 e art. 314 bis cod. pen., nessuna successione di leggi tra dette fattispecie, nessuna applicazione dell’art. 2 cod. pen., né del secondo e neppure del quarto comma di detta norma.
L’art. 314-bis cod. pen. trova invece applicazione solo rispetto ai fatti di distrazion meno gravi, che non sono riconducibili al paradigma delle “distrazioni – appropriative” punibili con la pena molto più elevata del peculato.
Un fenomeno combinato, quello compiuto dal legislatore, che produce un effetto di abrogatio sine abolitione parziale, nel senso che una classe di condotte distrattive in precedenza attratte nell’alveo della fattispecie di abuso di ufficio, non sono travolt dall’effetto abolitivo conseguente alla abrogazione di detto reato e conservano rilevanza penale, se e in quanto riconducibili alla nuova fattispecie di reato.
In tal senso si è già espressa la Corte di cassazione, chiarendo come, in tema di delitti contro la pubblica amministrazione, il delitto di indebita destinazione di denaro cose mobili, di cui all’art. 314-bis cod. pen., introdotto dall’art. 9, comma 1, d.l. 4 l 2024, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2024, n. 112, sanzioni le condotte distrattive dei beni indicati che, nella disciplina previgente, la giurisprudenz di legittimità inquadrava nella fattispecie abrogata dell’abuso di ufficio, sicché l’ambi applicativo del delitto di peculato non risulta modificato dall’introduzione della nuov fattispecie incriminatrice (Sez. 6, n. 4520 del 23/10/2024- dep. 2025, COGNOME, Rv. 287453).
Una “gemmazione per distacco” – si è lucidamente osservato – dalla fattispecie dell’abrogato art. 323 cod. pen. di una sottofattispecie, «destinata a perpetrare l’incriminazione di una classe di condotte di abuso distrattivo, preservate al contempo, dall’effetto abrogativo che ha travolto la restante porzione di abuso, e da non volute “contaminazioni” con il più grave delitto di peculato».
Una gemmazione che non riguarda, tuttavia, tutti i casi di abuso distrattivo in precedenza riconducibili al reato di abuso d’ufficio, rimanendo peraltro all’esterno della nuova fattispecie, a titolo meramente esemplificativo, le condotte di abuso distrattivo aventi ad oggetto beni immobili, per i quali si deve ritenere essere intervenuta una reale abolitio criminis.
Le considerazioni esposte rivelano l’infondatezza del motivo di ricorso, non trattandosi, nella specie, di condotte distrattive nel senso appena indicato; l’imputato si sarebbe appropriato, di un bene – il telepass- altrui utilizzandolo per finalità privatistic e personali.
Ciò che invece non è chiaro nella ricostruzione dei Giudici di merito è cosa accadde dopo che il telepass non fu più abbinato alla autovettura di servizio, se esistesse una procedura con cui venivano gestiti i telepass, chi avesse la materiale disponibilità di quei beni, se per quei beni fosse prevista una registrazione, quale fosse in concreto il rapporto tra l’imputato e il telepass di cui COGNOME si sarebbe appropriato.
Si tratta di questioni rilevanti che attengono alla sussistenza della qualifica soggettiva dell’imputato rispetto alla condotta contestata e dunque alla riconducibilità della condotta al reato di peculato ovvero ad altre fattispecie (appropriazione indebita, furto).
Con la riformulazione degli artt. 357 e 358 cod. pen. ad opera della legge 26 aprile 1990, n. 86, è stato definitivamente positivizzato il superamento della concezione soggettiva delle nozioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, ch privilegiava il rapporto di dipendenza dallo Stato o da altro ente pubblico, con l’adozione di una prospettiva funzionale-oggettiva, secondo il criterio della disciplina pubblicistic dell’attività svolta e del suo contenuto.
Ciò che è necessario accertare, ai fini dell’assunzione della qualifica di pubblico ufficiale è l’esercizio di una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Rileva l’attività dell’ente e, posto che questa abbia caratteri pubblicistici, quale sia concreto l’attività compiuta dal soggetto e quale fosse la relazione tra il soggetto e i bene
Sul punto la sentenza è silente e dunque deve essere annullata.
La Corte di appello, applicati i principi indicati, verificherà in punto di fatto quan indicato e verificherà se e in che termini la condotta attribuita all’imputato s
riconducibile al reato di peculato.
10. Il secondo motivo è assorbito.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della
Corte di appello di Salerno.
Così deciso in Roma il 12 febbraio 2025
Il Consigli re estensore
Il Presidente