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Peculato ricevitore lotto: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per peculato a carico del titolare di una ricevitoria del lotto che si era appropriato degli incassi delle giocate. Secondo la sentenza, il ricevitore riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio e il denaro raccolto è di pertinenza pubblica sin dalla sua riscossione. L’impiego di tali somme per scopi personali, come le scommesse, integra l’appropriazione definitiva e non un semplice ritardo nel versamento, configurando il reato di peculato ricevitore lotto. La Corte ha inoltre escluso che la ludopatia possa essere considerata una causa di forza maggiore.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Peculato Ricevitore Lotto: Quando l’appropriazione degli incassi diventa reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione, chiarendo la posizione giuridica dei titolari di ricevitorie. Il caso analizzato riguarda la condanna per peculato di un ricevitore del lotto che aveva omesso di versare le somme incassate, utilizzandole per scopi personali. Questa decisione consolida l’orientamento secondo cui il peculato ricevitore lotto è un reato pienamente configurabile, anche se la gestione del servizio è affidata a una società concessionaria privata.

I fatti di causa

Il titolare di una ricevitoria del gioco del lotto veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di peculato, previsto dall’art. 314 del codice penale. L’accusa era di essersi appropriato delle somme di denaro provenienti dalle giocate, omettendo di riversarle nei termini previsti. La difesa dell’imputato sosteneva che il suo rapporto fosse di natura puramente contrattuale e privatistica con la società concessionaria del servizio, e non con lo Stato. Di conseguenza, a suo dire, non poteva essere qualificato come incaricato di pubblico servizio, figura necessaria per la configurabilità del peculato. Inoltre, l’imputato adduceva come giustificazione una forte dipendenza dal gioco (ludopatia), che lo avrebbe spinto a reimpiegare gli incassi in altre scommesse.

La qualifica del ricevitore del lotto

La Corte di Cassazione ha respinto con fermezza la tesi difensiva, confermando l’orientamento giurisprudenziale consolidato. Il primo punto chiarito dai giudici riguarda la qualifica del ricevitore. Nonostante la gestione del gioco del lotto sia affidata in concessione a una società privata, l’attività di raccolta delle scommesse costituisce un servizio pubblico. I singoli ricevitori, autorizzati a svolgere tale attività, agiscono come terminali della Pubblica Amministrazione. Essi, pertanto, rivestono la qualifica di incaricati di pubblico servizio.

Il denaro raccolto è pubblico

Una conseguenza diretta di questa qualifica è la natura del denaro incassato. La Corte ha ribadito che le somme riscosse per le giocate appartengono alla Pubblica Amministrazione fin dal momento della loro percezione da parte del ricevitore. Il fatto che il versamento avvenga a una società concessionaria privata è irrilevante, poiché quest’ultima agisce a sua volta in virtù di un rapporto concessorio che trasferisce una funzione pubblica.

La consumazione del reato di peculato ricevitore lotto

Un altro aspetto cruciale affrontato dalla sentenza è il momento in cui il reato di peculato si considera consumato. La difesa sosteneva che un mero ritardo nel pagamento non fosse sufficiente a integrare l’appropriazione. La Cassazione ha precisato che il reato non si perfeziona automaticamente alla scadenza del termine per il versamento. È necessario che emerga in modo inequivocabile l’intenzione del soggetto di trattare il denaro pubblico uti dominus, cioè come se fosse proprio. Nel caso di specie, l’impiego delle somme in altre scommesse e attività strettamente privatistiche è stato ritenuto un chiaro indicatore di questa volontà appropriativa, realizzando così la cosiddetta ‘interversione del possesso’.

L’impossibilità del peculato d’uso e della forza maggiore

I giudici hanno anche escluso l’applicabilità dell’ipotesi attenuata del peculato d’uso. Tale fattispecie è configurabile solo per cose di specie e non per il denaro, bene fungibile per sua natura. Una volta utilizzato, il denaro non può essere ‘restituito nella sua identità’, ma solo rimpiazzato con un’equivalente quantità (tantundem), il che è irrilevante ai fini dell’esclusione del reato. Allo stesso modo, è stata respinta la tesi della ludopatia come causa di forza maggiore. Secondo la Corte, la dipendenza dal gioco, pur potendo incidere sulla capacità di intendere e di volere (come già riconosciuto con la concessione di una diminuente), non costituisce un evento esterno, imprevedibile e irresistibile, ma deriva da una scelta volontaria e consapevole dell’imputato.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la sua decisione sulla consolidata giurisprudenza in materia. Ha evidenziato che la natura pubblicistica del servizio di raccolta delle giocate del lotto non è alterata dalla presenza di un concessionario privato. Il ricevitore, autorizzato dallo Stato, svolge una funzione pubblica e maneggia denaro che è di pertinenza erariale sin dalla sua riscossione. L’appropriazione di tale denaro per fini personali configura pienamente il delitto di peculato. La Corte ha ritenuto le argomentazioni difensive manifestamente infondate, inclusa la censura sul mancato riconoscimento dell’attenuante della particolare tenuità del fatto, data l’entità delle somme sottratte.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce con chiarezza la responsabilità penale dei titolari di ricevitorie che si appropriano degli incassi. La qualifica di incaricato di pubblico servizio implica doveri di fedeltà e corretta gestione dei fondi pubblici. Questa decisione serve da monito, sottolineando che il rapporto con lo Stato prevale su quello con il concessionario privato e che giustificazioni come la dipendenza dal gioco non possono escludere la responsabilità penale per un reato grave come il peculato, che lede la fiducia dei cittadini nella corretta amministrazione dei beni pubblici.

Il titolare di una ricevitoria del lotto è un incaricato di pubblico servizio?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, chi gestisce una ricevitoria del lotto, anche se opera tramite una concessione a una società privata, svolge un’attività che è a tutti gli effetti un servizio pubblico. Pertanto, riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio.

Quando si configura il reato di peculato per il mancato versamento degli incassi del lotto?
Il reato non si configura con il semplice ritardo nel versamento, ma quando emerge chiaramente l’intenzione del ricevitore di appropriarsi del denaro, trattandolo come proprio (‘uti dominus’). L’utilizzo delle somme per scopi personali, come altre scommesse, è una prova di tale intenzione.

La dipendenza dal gioco (ludopatia) può giustificare l’appropriazione degli incassi?
No. La Corte ha stabilito che la ludopatia non può essere considerata una ‘forza maggiore’ che esclude la colpevolezza. Essa deriva da una scelta volontaria del soggetto e non da un evento esterno e imprevedibile. Al massimo, può essere valutata per riconoscere una diminuzione della capacità di intendere e di volere, con una conseguente riduzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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