LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Peculato per distrazione: quando è reato? Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30301/2024, ha annullato una condanna per peculato per distrazione a carico dell’amministratore di una società municipalizzata che aveva usato fondi aziendali per pagare 168 multe. La Corte ha stabilito che per configurare il reato non è sufficiente una gestione irregolare del denaro pubblico, ma è necessario che la destinazione dei fondi persegua un interesse personale in contrasto con quello pubblico. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per distinguere tra i pagamenti effettuati per finalità privatistiche (es. multe di parenti) e quelli potenzialmente riconducibili, seppur in modo improprio, a un interesse aziendale (es. multe a dipendenti in servizio).

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Peculato per distrazione: non basta l’uso improprio, serve il fine privato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30301/2024) offre un’importante chiave di lettura sul reato di peculato per distrazione, specificando i confini tra una gestione amministrativa irregolare e una condotta penalmente rilevante. L’uso di fondi pubblici per finalità diverse da quelle previste non configura automaticamente il reato, se non è provato un interesse personale in conflitto con quello dell’ente pubblico. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I fatti del caso

Il caso riguarda l’amministratore di una società cosiddetta in house, interamente partecipata da un Comune e concessionaria della gestione dei parcheggi a pagamento. L’amministratore era stato condannato in primo e secondo grado per peculato, per aver utilizzato circa 7.850 euro di fondi aziendali per estinguere 168 sanzioni pecuniarie per mancato pagamento del ticket di sosta.

La difesa dell’imputato sosteneva che tale scelta era stata dettata da ragioni di convenienza economica: pagare le multe, ritenute erroneamente elevate, sarebbe costato meno alla società rispetto ai costi di eventuali ricorsi giurisdizionali. Tuttavia, i beneficiari di tali pagamenti appartenevano a diverse categorie: dipendenti della società, titolari di pass, persone che avevano chiesto un ‘favore’ e persino familiari dello stesso amministratore.

La qualifica dell’amministratore di società in-house

Uno dei punti preliminari affrontati dalla Corte è stata la qualifica soggettiva dell’amministratore. La Cassazione ha confermato senza esitazioni che chi ricopre ruoli decisionali all’interno di una società in house deve essere considerato un incaricato di pubblico servizio. Questo perché, a prescindere dalla forma giuridica privata, tali società sono strumenti dell’ente pubblico per il perseguimento di finalità pubblicistiche. Sono caratterizzate da capitale interamente pubblico e svolgono attività di interesse collettivo (come la gestione di parcheggi), rendendo i loro amministratori responsabili della corretta gestione del denaro pubblico.

Il reato di peculato per distrazione secondo la Cassazione

Il cuore della sentenza risiede nella distinzione tra la mera distrazione di fondi e il peculato per distrazione penalmente rilevante. I giudici di legittimità hanno chiarito che il delitto si integra solo quando il denaro pubblico viene utilizzato per finalità di natura personale, estranee a quelle istituzionali e, soprattutto, incompatibili con l’interesse pubblico.

Non è sufficiente, quindi, che le somme siano state spese per uno scopo diverso da quello ordinario. È necessario accertare che l’interesse privato dell’agente e quello dell’ente pubblico non siano solo diversi, ma contrastanti. Se l’interesse privato e quello pubblico sono ‘sincroni e sovrapponibili’, il reato di peculato non sussiste, pur potendo residuare una responsabilità contabile o amministrativa.

Le motivazioni della Corte

Applicando questo principio al caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse errato nel non operare una distinzione fondamentale tra i destinatari delle multe pagate. La sentenza impugnata è stata annullata con rinvio perché i giudici di merito non avevano approfondito la finalità perseguita in ogni singolo episodio.

Secondo la Suprema Corte, pagare una multa elevata per errore a un dipendente in servizio o a un cittadino titolare di pass potrebbe essere considerata una scelta gestionale impropria, ma orientata a un risultato utile per l’amministrazione (evitare i costi del contenzioso). In questo scenario, l’interesse della società e quello del beneficiario non sono in conflitto. Al contrario, pagare le multe di parenti, amici o conoscenti per mera contiguità personale rappresenta una palese distrazione di denaro pubblico per un interesse esclusivamente privato, del tutto incompatibile con le finalità collettive dell’ente. Questa condotta integra pienamente il delitto di peculato per distrazione.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un criterio dirimente per distinguere una cattiva gestione amministrativa da un reato contro la Pubblica Amministrazione. Per configurare il peculato per distrazione, non basta dimostrare che il pubblico agente abbia usato il denaro in modo non autorizzato; è indispensabile provare che lo abbia fatto per soddisfare un interesse personale antitetico a quello pubblico. Il giudice del rinvio dovrà ora riesaminare ogni singolo pagamento per accertare, caso per caso, se la finalità perseguita fosse compatibile o meno con l’interesse della società municipalizzata, delineando così il perimetro esatto della responsabilità penale dell’ex amministratore.

Quando l’uso di fondi pubblici per uno scopo non autorizzato diventa peculato per distrazione?
Diventa peculato per distrazione solo quando il denaro è destinato a scopi personali incompatibili con il perseguimento di finalità di interesse pubblico. Se l’interesse privato dell’agente e quello dell’ente sono sincronici e non contrastanti, il reato non è configurabile, anche se la gestione può essere irregolare.

L’amministratore di una società ‘in house’ interamente pubblica è considerato un incaricato di pubblico servizio?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, chi svolge compiti decisionali in una società in house, pur essendo un ente di diritto privato, è un incaricato di pubblico servizio perché gestisce denaro pubblico per realizzare finalità pubblicistiche per conto dell’ente controllante.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna in questo caso?
La condanna è stata annullata perché i giudici di merito non hanno distinto tra le diverse finalità dei pagamenti. Hanno considerato l’intera condotta come un’unica distrazione, senza verificare quali pagamenti fossero destinati a soddisfare un interesse puramente personale (es. multe di parenti), che integrano il reato, e quali potessero essere ricondotti a un fine, seppur improprio, di interesse aziendale (es. multe a dipendenti in servizio), che non configurano il peculato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati