Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30301 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30301 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del 26/06/2023 della Corte di appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Lecce ha confermato quella del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, emessa il 20 dicembre 2019, di condanna di NOME COGNOME, Amministratore della società RAGIONE_SOCIALE, società in house providing costituita ed interamente partecipata dal RAGIONE_SOCIALE
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di RAGIONE_SOCIALE, per il delitto di peculato avendo utilizzato C 7.850,00, appartenente all’azienda, per estinguere 168 sanzioni pecuniarie dopo avere elevato le rispettive multe, per conto del RAGIONE_SOCIALE, per mancato pagamento del ticket dei parcheggi.
Il richiedente è stato condannato alla pena di un anno e 8 mesi di reclusione previo riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 323-bis cod. pen. e delle circostanze attenuanti generiche, con interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena, oltre che al risarcimento del danno a favore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE costituitosi parte civile da liquidarsi in separata sede.
NOME COGNOME, tramite il difensore, ha proposto i seguenti motivi di ricorso.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 191 cod. proc. pen., in quanto la Corte di appello ha ritenuto utilizzabili dichiarRAGIONE_SOCIALE rese dai beneficiari delle condotte contestate al ricorrente nonostante questi fossero concorrenti nel reato e non avessero ricevuto l’avviso di cui all’art. 64 cod. proc. pen. alla luce della successiva qualificazione giuridica del fatto da abuso di ufficio a peculato.
2.2. Con il secondo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 47 cod. pen., in quanto la Corte di appello ha qualificato i ricorrente incaricato di pubblico servizio nonostante avesse ricoperto il ruolo di amministratore unico e legale rappresentante di una società avente esclusivamente natura privatistica quale deve ritenersi la società RAGIONE_SOCIALE. L’articolato motivo, formulato su tale aspetto, opera ampi richiami di giurisprudenza per sostenere detta tesi e censura la sentenza impugnata non solo per avere citato un precedente inconferente della Corte di legittimità (Sez. 6, n. 37076 del 2021), ma per non avere tenuto conto delle deduzioni difensive circa l’assenza del cosiddetto “controllo analogo” della RAGIONE_SOCIALE, all’epoca dei fatti, requisito necessario per la natura pubblicistica della società, nei termini delineati dalle Sez. U con la pronuncia n. 20632 del 2022, come dimostrato anche da sentenze del Tar Puglia; dalla testimonianza del Capo di gabinetto, NOME COGNOME; dalla formale introduzione di detto controllo nello Statuto solo dal 2016. La scelta di pagare, sul conto del RAGIONE_SOCIALE, le multe erroneamente elevate a terzi dai dipendenti della società, anziché aspettare che fossero adite le vie legali con superiori costi per la società, era avvenuta nella consapevolezza dell’Amministratore di godere di autonomia gestionale, tanto da configurare, al più, un errore per colpa.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la Corte di appello ha erroneamente qualificato la condotta del ricorrente come distrattiva di denaro pubblico nonostante la puntuale contabilizzazione delle
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somme oggetto di contestazione e l’assenza di interversione del possesso, condizioni idonee ad escludere l’elemento psicologico del reato. Infatti, le multe venivano pagate attesa la loro evidente erroneità, a causa di condotte dei dipendenti, e l’eventuale maggiore costo per la società nel caso di ricorso giurisdizionale o in autotutela degli utenti.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al risarcimento del danno in favore della parte civile, RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che non solo non aveva subito alcun danno diretto visto che le multe erano state pagate sia dalla RAGIONE_SOCIALE che dai beneficiari dopo l’avvio delle indagini; ma attraverso l’approvazione dei bilanci aveva avallato quei pagamenti, tanto da esserne responsabile. Inoltre, non vi era stato alcun danno di immagine visto che il ricorrente non aveva alcun cm rapporto funzionale con l’ente e l’atto di costituzione della parte civile era formulato non in relazione al delitto di peculato, ma a quelli di truffa, per il quale il ricorrente è stato assolto, e di abuso di ufficio.
2.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 e 62, n. 4, cod. pen. alla luce del fatto che, a fronte di un prassi sviluppatasi per anni ed ereditata dal COGNOME, il danno era stato minimale ed aveva inciso sulle casse meno dell’i% e comunque la condotta non doveva essere considerata unitaria ma composta da più RAGIONE_SOCIALE.
2.6. Con il sesto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 317-bis e 166, quarto comma, cod. pen. in quanto la Corte di appello, con argomenti illogici, non ha esteso l’applicazione della sospensione condizionale della pena alle sanzioni accessorie.
2.7. Con il settimo motivo il ricorso svolge ampie considerRAGIONE_SOCIALE sugli indirizzi interpretativi della Corte di legittimità volti a ridefinire, in termini di tassat l’interpretazione delle norme in materia di reati contro la Pubblica amministrazione ritenendo applicabile nella specie la sentenza di questa sezione nel caso COGNOME stante il fatto: a) che vi sono alcune multe oggetto di contestazione non sottoscritte dal ricorrente; b) che il potere di firma spettava anche ad altri soggetti; c) che deve essere operata una distinzione tra le multe dovute a colpa del dipendente perché non elevabili e quelle che, pur in assenza di prova, sono state ritenute oggetto di distrazione e appropriazione di COGNOME attraverso una mera presunzione, anche sovrapponendo il piano erariale e quello penale.
Con memoria del 28 marzo 2024, l’AVV_NOTAIO, in via preliminare, ha eccepito la violazione del diritto di difesa per omessa comunicazione della costituzione in giudizio della parte civile RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e delle relative conclusioni e ha contestato quelle contenute nella requisitoria scritta del AVV_NOTAIO generale, insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
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All’udienza del 5 aprile 2024 il procedimento è stato rinviato all’udienza del 21 maggio 2024.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, ai sensi dell’art 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, per come prorogato, in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato nei limiti di cui alla motivazione che segue.
Premesso il rigetto dell’eccezione formulata dal ricorrente in quanto l’art. 23 del d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, non prevede la comunicazione al ricorrente dell’avvenuta costituzione di parte civile e delle relative conclusioni, dal doppio conforme accertamento di merito, non contestato in fatto dallo stesso ricorrente, è risultato che questi, nella sua qualità d amministratore unico e legale rappresentante della società in house providing “RAGIONE_SOCIALE” (di seguito RAGIONE_SOCIALE), interamente partecipata dal RAGIONE_SOCIALE, avesse utilizzato denaro aziendale per estinguere 168 sanzioni pecuniarie conseguenti alle multe elevate dai suoi dipendenti per mancato pagamento del ticket dei parcheggi di cui la “RAGIONE_SOCIALE” aveva la gestione.
3.11 primo motivo è manifestamente infondato.
Va premesso che l’originaria contestazione elevata nei confronti di NOME COGNOME al capo A) era qualificata come abuso di ufficio, ma una volta modificata, nel corso del dibattimento, dal pubblico ministero in peculato l’imputato era stato ammesso al richiesto rito abbreviato.
Le dichiarRAGIONE_SOCIALE dei beneficiari dell’estinzione delle sanzioni pecuniarie, mai indagati per il delitto oggetto di esame, in parte erano state acquisite all’esito dell’esame testimoniale in dibattimento ed in parte con l’acquisizione dei verbali di sommarie informRAGIONE_SOCIALE successiva alla trasformazione del rito.
Si tratta di prove utilizzabili in quanto, in tema di prova dichiarativa, allorch venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali e formali l’ attribuibilità della qualità di inda nel momento in cui le dichiarRAGIONE_SOCIALE stesse vengano rese (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584; Sez. 5, n. 39498 del 25/06/2021, COGNOME, Rv. 282030).
Il divieto di utilizzabilità nei confronti di terzi non può colpire le dichiarazio rese al giudice da soggetto che non ha mai assunto la qualità di imputato o quella di persona sottoposta ad indagini, in quanto il giudice, a differenza del pubblico ministero, non può attribuire di propria iniziativa detta qualità, dovendo solo verificare che essa non sia già stata formalmente assunta e che sussista incompatibilità con l’ufficio di testimone ai sensi dell’art. 197, comma 1, lett. a) e b), cod. proc. pen.
Ne consegue che il riferimento alla posizione sostanziale del dichiarante non esaurisce la verifica dei presupposti di applicabilità dell’art. 63 cod. proc. pen. che si estende anche all’accertamento della successiva formale instaurazione del procedimento a suo carico (Sez. 5, n. 29357 del 22/03/2019, B., Rv. 276856).
Nel caso concreto, tutti i soggetti a favore dei quali COGNOME aveva pagato la sanzione pecuniaria senza ricorrere al contenzioso non solo non avevano mai assunto la qualità di indagati, ma si erano limitati a rappresentare l’erroneità della multa e a richiedere l’esercizio del potere di autotutela alla “RAGIONE_SOCIALE“, non certo il pagamento della sanzione con i fondi di questa.
Peraltro, Il ricorrente non affronta il profilo relativo alla prova di resistenz non indicando se ed in che misura l’inutilizzabilità delle prove dichiarative avrebbe condotto ad un diverso risultato decisionale atteso che l’illecita procedura di estinzione delle sanzioni è stata sostanzialmente ammessa dall’imputato (nell’interrogatorio e in dibattimento pagg. 34 e 35) e dagli stessi funzionari della RAGIONE_SOCIALE (pag. 35).
Il secondo motivo di ricorso riguarda l’attribuzione al COGNOME della qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio e la natura pubblica della società “RAGIONE_SOCIALE” con i cui fondi è stato commesso il reato.
4.1. Il motivo è infondato in quanto la RAGIONE_SOCIALE, di cui il ricorrente era amministratore unico e legale rappresentante, pur essendo formalmente costituita nella forma di ente di diritto privato era interamente a capitale pubblico, avendo quale unico socio il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, e perseguiva finalità pubblicistiche in quanto era concessionaria per la gestione delle aree di sosta a pagamento del RAGIONE_SOCIALE e aveva conferito al personale “funzioni di prevenzione, accertamento e contestazione delle violRAGIONE_SOCIALE in materia di sosta nelle aree oggetto di concessione di parcheggio o di sosta a pagamento”.
I dati decisivi, ai fini di accertare la qualificazione giuridica, sono costitu dalla contemporanea presenza di elementi costitutivi di attività di natura pubblicistica quali la partecipazione esclusiva di capitale pubblico e il perseguimento di una finalità che rientra nelle competenze proprie dell’ente comunale.
4.2. In ordine al primo elemento, dalle sentenze di merito risulta accertato che la RAGIONE_SOCIALE avesse come socio unico e detentore dell’intero capitale sociale il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE tanto da costituire «di fatto, un’articolazione dell’ente locale da cui promana…. trattandosi di uno strumento previsto dalla normativa pubblicistica in materia di autonomie locali attraverso cui l’ente stesso gestisce pubblici servizi» (pag. 36 della sentenza di primo grado, confermata a pag. 3 dalla sentenza di secondo grado).
In ordine al secondo elemento, l’attività della RAGIONE_SOCIALE per la gestione dei parcheggi pubblici era direttamente funzionale a quella del RAGIONE_SOCIALE proprio in forza del Testo Unico enti locali e del Codice della strada (d. Igs. n. 285 del 1992).Detta ultima disciplina stabilisce, infatti, che l’ausiliario del traffico, quando esercita le funzioni di accertamento e di contestazione delle violRAGIONE_SOCIALE al Codice della Strada nelle aree concesse all’impresa da cui dipende, assume la qualifica di pubblico ufficiale per i poteri riconosciutigli dall’ art. 17, commi 132 e 133, I. n 127 del 1997 – che delinea le diverse figure appartenenti alla categoria degli ausiliari del traffico – così come interpretato dall’art. 68 I. n. 488 del 1999 (Sez. 6, n° 31409 del 19/07/23 che richiama Sez. U, n. 7958 del 27/03/1992, Delogu, Rv. 191171 e Sez. 6, n. 28412 del 08/03/2013, Nogherotto, Rv. 255606).
Da questa cornice consegue che costituisce attività di interesse pubblico, e come tale rientra nella nozione di pubblico servizio a norma dell’art. 358, secondo comma, cod. pen., elevare le multe trattandosi di un ambito tipicamente disciplinato da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi tanto che è lo stesso ente come il RAGIONE_SOCIALE, provvisto di pubblici poteri, che utilizza privati che operino per suo conto (Sez. 6, n. 31171 del 20/06/2023, Canu, Rv. 285085).
4.3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte la qualifica pubblicistica dell’attività prescinde dalla natura sia dell’ente che dell’impiego svolto dal soggetto che opera l’appropriazione, tanto che rientrano nelle categorie qualificate di cui agli artt. 357 e 358 cod. pen. anche soggetti inseriti nella struttura organizzativa di una società RAGIONE_SOCIALE, quando l’attività di questa sia disciplinata da norme di diritto pubblico e persegua finalità pubbliche, sia pure per il tramite di strumenti privatistici (tra le tante, Sez. 6, n. 19484 del 23/01/2018, Bellinazzo, Rv. 273781).
A prescindere dalla formale qualificazione dell’ente, ciò che rileva ai fini della sua natura giuridica, come correttamente sottolineato dai giudici di merito con puntuale richiamo agli arresti giurisprudenziali di questa Corte, è il suo carattere strumentale rispetto al perseguimento di finalità pubblicistiche perché è questo a comprimere l’autonomia decisionale che caratterizza queste società, dovendo adeguarsi alle indicRAGIONE_SOCIALE impartiti dall’ente pubblico unico socio.
Nella specie, l’attività in concreto svolta, sia dall’ente di riferimento che dal soggetto agente, era indirizzata ad un evidente finalità pubblicistica quale quella della gestione dei parcheggi pubblici con il potere di elevare multe.
Ne consegue che il soggetto che svolgeva compiti decisionali all’interno dell’azienda, come l’odierno ricorrente, deve essere considerato incaricato di pubblico servizio avendo gestito pubblico denaro consegnatogli con la sola finalità di realizzare compiti di matrice pubblicistica.
Alle medesime conclusioni la giurisprudenza di questa Corte è pervenuta con riferimento alle società in house (Sez. 6, 25173 del 13/04/2023, COGNOME, Rv. 284790; Sez. 6, n. 37076 del 30/06/2021, COGNOME, Rv. 282305; Sez. 6, n. 58235 del 09/11/2018, COGNOME, Rv. 274815). Si tratta di organismi che non operano in un regime concorrenziale in quanto espletano, in via quasi esclusiva e con affidamento diretto, un servizio pubblico nell’interesse di uno o più soci rispetto ai quali si trovano, almeno secondo l’interpretazione prevalente, in una relazione tale per cui non dispongono di autonoma capacità decisionale. Infatti, diversamente dalle altre società che operano sul mercato, non hanno come obiettivo principale il conseguimento del lucro, ma l’adeguato espletamento del servizio di cui sono investite, per il fine pubblico da perseguire.
Sulla base di tali univoci precedenti deve ritenersi accertata la natura pubblicistica della RAGIONE_SOCIALE rispetto alla quale il dato formale della costituzione quale ente di diritto privato è superato da quello sostanziale costituito sia dall’essere il capitale sociale integralmente detenuto da un ente territoriale (il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE), sia dallo svolgere un’attività statutariamente in favore del predetto con finalità intrinsecamente pubblica (concessione di parcheggi pubblici con potere di elevazione di sanzioni), a nulla rilevando la circostanza che, all’epoca dei fatti, la RAGIONE_SOCIALE non fosse formalmente soggetta al cosiddetto “controllo analogo” ovverosia I’ «influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata» (art. 2, comma 1, lett. c), d.Lvo 19 agosto 2016, n. 175 “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”), in quanto non è questo ad imprimere la natura pubblica alla società.
5. Il terzo motivo di ricorso è fondato.
Al ricorrente è contestato il delitto di peculato per avere utilizzato il denaro della società da lui amministrata per saldare 168 sanzioni pecuniarie conseguenti alle multe a suo avviso erroneamente elevate ad alcuni utenti che non avevano pagato il ticket dei parcheggi.
5.1. Dagli elementi di fatto utili all’esame del motivo di ricorso, accertati dalla dettagliata sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, è risultato il seguente collaudato e documentato sistema:
-la RAGIONE_SOCIALE, che in forza di delibera comunale del 1996 gestiva per conto del comune i parcheggi a pagamento, aveva il potere di accertare e contestare, tramite i propri dipendenti, le violRAGIONE_SOCIALE in materia di sosta (giusto decreto numero 35045 del 4 giugno 2007 del sindaco di RAGIONE_SOCIALE);
-negli anni 2011-2014 era risultato che numerose sanzioni pecuniarie, conseguenti a verbali di contestazione delle violRAGIONE_SOCIALE al codice della strada, erano state pagate non dai destinatari, ma con denaro prelevato dalla società, previa autorizzazione firmata da COGNOME su un apposito modulo, successivamente contabilizzato dalla stessa società, per un importo pari ad euro 7.850;
-i COGNOME beneficiari delle COGNOME 168 contravvenzioni oggetto dell’imputazione appartenevano a distinte categorie, riportate alle pagg.32 e 33, ovverosia a) i dipendenti della RAGIONE_SOCIALE che avevano sostato per ragioni di lavoro; b) persone che avevano addotto di avere titolo per non pagare in quanto titolari di pass (medici, funzionari di uffici pubblici, dirigenti comunali rappresentanti delle forze dell’ordine, dipendenti di varie società, ecc.); c) persone che avevano pagato o che erano in procinto di farlo; d) persone che avevano chiesto semplicemente il favore di annullare la sanzione direttamente a COGNOME o al nipote (NOME COGNOME) o al sindaco; e) i familiari di COGNOME quali figlia e nipoti.
Detto sistema era stato ammesso e rivendicato come corretto dallo stesso ricorrente, tanto da essere stato contabilizzato, dietro la giustificazione che fosse meno costoso per la società pagare subito le multe erroneamente elevate dagli ausiliari del traffico, piuttosto che provvedervi a all’esito di opposizioni alle sanzioni amministrative, con l’aggiunta di interessi e sanzioni.
I giudici di merito, senza distinguere tra le sopra enumerate categorie di beneficiari di questa impropria gestione del denaro pubblico e pur dando atto che detta pratica aveva riguardato anche verbali di contestazione redatti dalla Polizia municipale (pag. 18 della sentenza di primo grado), hanno ritenuto di qualificare i fatti ai sensi dell’art. 314 cod. pen. sottolineando che l’imputato aveva estinto, con risorse del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, sanzioni da lui ritenute arbitrariamente errate, con l’effetto di avere determinato un mancato introito per le casse dell’ente territoriale e un ingiustificato depauperamento di quelle della società.
5.2. Si tratta di conclusioni che non tengono conto della giurisprudenza più recente in tema di peculato per distrazione che richiede l’accertamento che il
denaro sia destinato a scopi incompatibili con il perseguimento di finalità di interesse pubblico.
La Corte di legittimità ha precisato che il delitto è integrato solo quando il denaro venga utilizzato per finalità di natura personale, estranee a quelle istituzionali di denaro pubblico, mentre il peculato non è ravvisabile nei casi in cui l’interesse privato dell’agente e quello dell’ente siano sincroni e sovrapponibili, non risultando in alcun modo contrastanti (Sez. 6, n. 25173 del 13/04/2023, COGNOME, Rv. 284790; Sez. 6, n. 36496 del 30/09/2020, Vasta, Rv. 280295).
In applicazione di tale principio al caso di specie è agevole concludere nel senso che le singole somme di denaro destinate a pagare multe elevate in modo erroneo dai dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, ad esempio, a coloro che erano legittimati a non pagare il ticket perché titolari di apposito pass, sono state in ogni caso impiegate per una finalità pubblicistica in quanto la società, tramite detto pur improprio sistema, ha tentato di ottenere un risultato utile all’interesse dell’amministrazione, per evitare il pagamento di interessi e sanzioni, potendosi al più ipotizzare un’irregolarità rilevabile sotto il profilo della responsabilità contabil inidonea, però, a configurare il delitto in esame (Sez. 6, n. 25173 del 13/04/2023, COGNOME, cit.).
Al contrario, per le multe che sono state pagate per soddisfare l’interesse personale di parenti, conoscenti o amici di COGNOME il delitto è di certo configurabile in quanto il denaro pubblico della società in house è stato destinato a finalità privatistiche incompatibili con il perseguimento dell’interesse collettivo.
Le sentenze di merito, senza alcun approfondimento sul punto, si sono limitate a ritenere che per la configurazione del delitto fosse sufficiente la mera distrazione delle somme rispetto alle finalità ordinarie, senza operare la doverosa distinzione tra i beneficiari e, dunque, tra le diverse finalità perseguite dal ricorrente, così da non consentire di comprendere quando queste fossero compatibile o meno con quella perseguita dall’ente comunale.
Quanto detto comporta che il giudice del rinvio dovrà accertare, per ogni prelievo di denaro dalle casse della RAGIONE_SOCIALE se questo abbia riguardato verbali di contestazione – redatti da dipendenti della società concessionaria e non dalla Polizia municipale – emessi a favore di soggetti che non dovevano ricevere la multa (perché titolari di pass, perché appositamente autorizzati, perché avevano già pagato, ecc.) oppure a favore di soggetti che erano stati beneficiati per mera contiguità con COGNOME e, dunque, per un interesse personale di questi, con la conseguenza che solo nel secondo caso sarà configurabile il delitto di peculato per distrazione.
Le altre censure del ricorrente, riguardanti il trattamento sanzionatorio e la risarcibilità del danno all’immagine subito dalla pubblica amministrazione per le
condotte di COGNOME, devono ritenersi assorbite e la relativa decisione spetterà al giudice del rinvio nel caso di conferma delle statuizioni di condanna.
La sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce affinché provveda ad accertare, ai fini della sussistenza del reato di peculato per distrazione, quali sanzioni pecuniarie oggetto dell’imputazione siano state pagate dalla RAGIONE_SOCIALE per finalità incompatibili con quelle del perseguimento di un interesse di natura pubblicistica.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce.
Così deciso il 21/05/2024