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Peculato: la Cassazione chiarisce la nozione di possesso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37757/2025, ha rigettato il ricorso di un pubblico ufficiale condannato per peculato, chiarendo che il possesso di denaro pubblico non richiede la detenzione materiale, ma è sufficiente la disponibilità giuridica dei fondi per configurare il reato.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Peculato: Quando la Disponibilità dei Fondi Equivale al Possesso

La corretta gestione dei fondi pubblici è un pilastro fondamentale dello Stato di diritto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 37757 del 2025, è intervenuta per fare chiarezza su un aspetto cruciale del reato di peculato, disciplinato dall’art. 314 del Codice Penale. La Suprema Corte ha stabilito che per la configurazione del reato non è necessaria la detenzione materiale del denaro, ma è sufficiente che il pubblico ufficiale ne abbia la disponibilità giuridica. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti alla Base del Processo

Il caso trae origine dalla condanna, confermata in appello, di un funzionario di un ente pubblico. L’imputato era stato accusato di essersi appropriato di ingenti somme di denaro appartenenti all’amministrazione per cui lavorava. La sua difesa si basava su un’argomentazione tecnica: il funzionario non aveva mai avuto il possesso fisico del denaro, il quale transitava su conti correnti e veniva movimentato tramite disposizioni informatiche. Secondo la tesi difensiva, l’assenza di un contatto materiale con le banconote escludeva il presupposto del ‘possesso’ richiesto dalla norma sul peculato.

La Questione Giuridica sul Reato di Peculato

Il cuore della controversia legale portata all’attenzione della Cassazione era la corretta interpretazione del concetto di ‘possesso o comunque disponibilità’ del denaro o di altra cosa mobile altrui, elemento costitutivo del delitto di peculato. La difesa sosteneva una visione restrittiva, legata alla detenzione fisica del bene. Il quesito posto ai giudici di legittimità era, quindi, se la mera facoltà di disporre giuridicamente di somme di denaro, attraverso ordini di pagamento o procedure informatiche, potesse integrare quel requisito di possesso previsto dalla legge penale.

L’Analisi della Corte di Cassazione: la nozione di possesso nel peculato

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo un’interpretazione della norma in linea con l’evoluzione dei sistemi di gestione finanziaria. I giudici hanno sottolineato come, in un contesto moderno e dematerializzato, legare il concetto di possesso alla sola apprensione fisica del denaro sarebbe anacronistico e creerebbe un vuoto di tutela.

La Distinzione tra Possesso Materiale e Disponibilità Giuridica

La Corte ha chiarito che il possesso richiesto dall’art. 314 c.p. non si esaurisce nella relazione fisica con la cosa, ma include qualsiasi situazione in cui il pubblico ufficiale, in ragione del suo ufficio o servizio, acquisisce il potere di disporre del bene come se fosse proprio. Questa ‘disponibilità giuridica’ si realizza quando il funzionario ha la capacità, conferitagli dalla sua posizione, di movimentare, trasferire o distrarre i fondi pubblici dalla loro destinazione istituzionale, anche senza mai toccarli materialmente.

Le Motivazioni della Decisione

Nelle motivazioni, la Cassazione ha evidenziato che la ratio della norma sul peculato è quella di tutelare non solo il patrimonio della Pubblica Amministrazione, ma anche il rapporto di fiducia e lealtà che deve intercorrere tra il funzionario e l’ente. Consentire a un funzionario di appropriarsi di fondi pubblici semplicemente perché non li detiene fisicamente significherebbe tradire lo scopo della norma. La facoltà di impartire ordini di pagamento o di gestire flussi finanziari costituisce una forma di dominio sul bene che è pienamente equiparabile al possesso tradizionale, integrando così il presupposto del reato.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

In conclusione, la sentenza n. 37757/2025 consolida un principio di fondamentale importanza: nel reato di peculato, la disponibilità giuridica del denaro è equiparata al possesso materiale. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, specialmente nell’era della finanza digitale. Rafforza la tutela del patrimonio pubblico, chiarendo che qualsiasi forma di abuso dei poteri dispositivi conferiti al pubblico ufficiale per ragioni d’ufficio, finalizzata all’appropriazione, configura il grave delitto di peculato, a prescindere dalle modalità con cui l’appropriazione viene realizzata.

Per configurare il reato di peculato è necessario che il pubblico ufficiale abbia il possesso fisico del denaro?
No, secondo la sentenza in esame, non è necessario il possesso materiale del denaro. È sufficiente che il pubblico ufficiale abbia la disponibilità giuridica dei fondi, ovvero il potere di disporne in ragione del proprio ufficio.

Qual è la differenza tra possesso e disponibilità giuridica secondo la Cassazione?
Il possesso implica una relazione materiale e fisica con il bene. La disponibilità giuridica, invece, è il potere di disporre di un bene in virtù della propria posizione o funzione, anche senza un contatto fisico, ad esempio tramite ordini di pagamento o procedure informatiche.

Cosa ha deciso la Corte in questo caso specifico di peculato?
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del funzionario e ha confermato la sua condanna per peculato, stabilendo che la sua capacità di movimentare fondi pubblici attraverso disposizioni informatiche integrava pienamente il requisito della ‘disponibilità’ richiesto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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