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Peculato d’uso e denaro: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11719/2024, ha respinto il ricorso di un titolare di tabaccheria condannato per peculato. L’imputato si era appropriato di somme incassate per conto di un Comune, restituendole in seguito. La Corte ha ribadito che il peculato d’uso non è configurabile per il denaro, data la sua natura di bene fungibile. Inoltre, ha chiarito che la successiva restituzione non diminuisce l’entità del danno ai fini del riconoscimento dell’attenuante comune, la quale va valutata al momento della consumazione del reato.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Peculato d’uso e Denaro: Si Può Usare e Restituire? La Cassazione Dice No

L’appropriazione temporanea di denaro da parte di un incaricato di pubblico servizio può essere considerata peculato d’uso se la somma viene poi restituita? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 11719 del 2024, ha fornito una risposta netta, consolidando un principio fondamentale in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione. Il caso riguarda un titolare di tabaccheria che, incaricato di riscuotere pagamenti per servizi comunali, ha omesso di versare le somme incassate, restituendole solo dopo diversi mesi.

I Fatti del Caso: L’appropriazione delle Somme Pubbliche

Un titolare di tabaccheria, in qualità di incaricato di un pubblico servizio, aveva il compito di riscuotere i pagamenti per servizi comunali come la refezione e il trasporto scolastico. Invece di versare le somme al Comune di competenza, per un totale di 3.608 euro, se ne appropriava. Le somme, incassate in diversi momenti, venivano trattenute per mesi prima di essere finalmente restituite all’ente pubblico. A seguito di ciò, l’esercente veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di peculato continuato, nonostante gli fossero state riconosciute le attenuanti generiche.

La Difesa: L’Ipotesi del Peculato d’uso e il Danno Tenuo

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Errata qualificazione giuridica: Si sosteneva che il fatto dovesse essere inquadrato nella fattispecie più lieve del peculato d’uso (art. 314, comma 2, c.p.), dato che le somme erano state integralmente restituite. Secondo la difesa, anche i beni fungibili come il denaro potevano essere oggetto di uso momentaneo.
2. Mancato riconoscimento dell’attenuante: Si lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4, c.p.), vista la modesta entità della somma e l’avvenuta restituzione.

La Decisione della Cassazione sul Peculato d’uso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la condanna per peculato ordinario. I giudici hanno smontato le argomentazioni difensive, ribadendo principi giurisprudenziali consolidati e chiarendo in modo definitivo la non applicabilità del peculato d’uso al denaro e i criteri per la valutazione del danno.

Le Motivazioni: Perché il Peculato d’uso non si Applica al Denaro

La Natura Fungibile del Denaro

La Corte ha ribadito con fermezza che il peculato d’uso è configurabile solo per le ‘cose di specie’ (beni infungibili) e non per il denaro. La natura fungibile del denaro impedisce la ‘restituzione della stessa cosa’. Quando si restituisce una somma di denaro, non si restituiscono le medesime banconote, ma solo il ‘tantundem’, ovvero un’equivalente quantità. Questa distinzione è cruciale, poiché la norma sul peculato d’uso richiede che la cosa utilizzata sia poi restituita nella sua identità specifica, cosa impossibile per il denaro.

L’irrilevanza della Restituzione Tardiva

Oltre all’impossibilità giuridica, la Corte ha sottolineato che nel caso di specie mancavano anche i presupposti fattuali del peculato d’uso. La norma richiede un uso ‘momentaneo’ e una restituzione ‘immediata’. Nel caso in esame, le somme erano state trattenute per diversi mesi, un lasso di tempo incompatibile con i requisiti di immediatezza e momentaneità previsti dalla legge.

Le Motivazioni: L’Esclusione dell’Attenuante del Danno

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La sentenza impugnata aveva escluso l’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) in modo logico e corretto.

La Valutazione del Danno al Momento del Reato

I giudici hanno chiarito un punto fondamentale: ai fini della concessione di tale attenuante, l’entità del danno deve essere valutata al momento della consumazione del reato. La successiva restituzione, sebbene possa essere valutata per altre attenuanti (come le generiche), non può trasformare un danno già verificatosi in un danno ‘di speciale tenuità’. Il danno per la Pubblica Amministrazione si era già concretizzato nel momento in cui l’imputato si era appropriato delle somme, omettendo di versarle nei termini previsti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia della Cassazione consolida due principi di notevole importanza pratica:

1. Chi gestisce denaro pubblico non può sperare di cavarsela con l’accusa più lieve di peculato d’uso semplicemente restituendo la somma dopo averla utilizzata per i propri scopi. L’appropriazione di denaro è e resta peculato ordinario.
2. La restituzione del maltolto è un gesto apprezzabile, ma non cancella la gravità del danno patrimoniale al momento in cui si è verificato. Non è sufficiente per ottenere l’attenuante del danno di speciale tenuità, che richiede una valutazione oggettiva al momento del fatto.

È configurabile il reato di peculato d’uso se l’oggetto dell’appropriazione è il denaro?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il peculato d’uso si applica solo a cose di specie (beni infungibili) e non al denaro. La natura fungibile del denaro non permette la restituzione ‘della stessa cosa’, ma solo del ‘tantundem’ (la stessa quantità), il che è irrilevante per l’integrazione di questa fattispecie attenuata.

La restituzione della somma sottratta può far riconoscere l’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.)?
No. La valutazione sull’entità del danno deve essere fatta con riferimento al momento in cui il reato è stato consumato. La successiva restituzione del denaro è un evento che non può ridurre retroattivamente l’entità del danno già cagionato alla pubblica amministrazione ai fini di questa specifica attenuante.

Quali sono i requisiti per il peculato d’uso?
I requisiti sono due: l’uso della cosa deve essere ‘momentaneo’ e la sua restituzione deve essere ‘immediata’. Nel caso di specie, la restituzione avvenuta a distanza di diversi mesi dall’appropriazione escludeva in ogni caso la possibilità di configurare tale reato, anche se fosse stato astrattamente applicabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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