Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11719 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11719 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Arzano il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste del 17/04/2023;
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
sentito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 17 aprile 2023 (motivazione depositata il successivo 11 luglio), ha confermato quella emessa dal Gup del Tribunale di Pordenone, con la quale COGNOME NOME è stato condannato, in sede di giudizio abbreviato, e previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 323-bis cod. pen. ed esclusa la contestata recidiva infra quinquennale, alle pene ritenute di giustizia in relazione alla fattispecie di peculato continuato.
In particolare, la penale responsabilità dell’imputato è stata affermata perché il predetto, nella qualità di titolare di tabaccheria, avendo avuto la disponibilità di somme di denaro derivanti dalla riscossione dei pagamenti dei servizi di refezione, trasporto scolastico e servizi pasto a domicilio a persone anziane, e perciò incaricato di un pubblico RAGIONE_SOCIALE, si appropriava di somme per complessivi euro 3.608, omettendo di versarli al Comune di San Stino di Livenza (fatti accertati nelle date dell’Il gennaio 2020, 11 marzo 2020 e 11 giugno 2020).
Avverso la sentenza di appello COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso nel quale deduce due motivi.
3.1. Con il primo motivo eccepisce la mancata qualificazione del fatto ai sensi del secondo comma dell’art. 314 cod. pen., rilevando che le somme di denaro sono state restituite. Sul punto, si sostiene che non è condivisibile l’orientamento secondo cui il denaro non può essere oggetto di peculato d’uso, atteso che “uso momentaneo” non può essere sovrapposto al concetto di “uso istantaneo” e che la fattispecie suindicata può comprendere anche le cose fu ng i bili.
3.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., per la quale, in considerazione dell’oggettiva modestia delle somme oggetto dell’appropriazione, che sono state comunque restituite, sussistevano tutti i presupposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il fatto ascritto all’imputato integra il delitto di peculato, atteso che detta fattispecie rientra «la condotta del soggetto autorizzato alla riscossione
delle tasse che omette di versare le somme di denaro ricevute nell’adempimento della funzione pubblica di riscossione, atteso che quel denaro entra nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE. nel momento stesso della consegna all’incaricato dell’esazione» (ex multis, Sez. 6, n. 45082 del 01/10/2015, COGNOME, Rv. 265342 – 01).
2.1. Sotto altro profilo, va rilevato che al caso di specie non può attagliarsi i principio, affermato da Sez. 6, n. 38339 del 29/09/2022, COGNOME Marco, Rv. 283940 – 01, che ha escluso la sussistenza del peculato in riferimento all’appropriazione di somme da parte del concessionario del RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE. In quel caso, si è rilevato che «in tema di peculato per ritardato versamento, da parte del concessionario del RAGIONE_SOCIALE, delle giocate riscosse per conto dell’RAGIONE_SOCIALE di Stato, il reato non si perfeziona allo spirare del termine indicato nell’intimazione che l’amministrazione è tenuta ad inviare all’agente, ma allorquando emerga senza dubbio, dalle caratteristiche del fatto, che si è realizzata l’interversione del titolo del possesso, ovvero che il concessionario ha agito “uti dominus”». Invero, la specifica disciplina normativa che regola quel determinato settore contempla – a differenza di quella relativa al fatto oggetto del presente ricorso – sia un’ipotesi di sanzione amministrativa che uno specifico reato, meno grave di quello di cui all’art. 314 cod. pen., per i casi di “ritardato versamento”, con ciò delimitando la sfera di applicazione della fattispecie di peculato.
Nel caso oggetto della presente decisione, peraltro, risulta che le somme oggetto dell’appropriazione sono state trattenute dall’imputato per un tempo certamente non breve (importi riscossi a dicembre 2018, febbraio e maggio 2019, riversati a gennaio, marzo e giugno 2020, ovvero, tutt’al più, a fine novembre del 2019, come dedotto in sede di appello: sentenza impugnata, pag. 3).
Il ricorrente non contesta la sussistenza dei fatti né l’inquadrabilità degli stessi ai sensi dell’art. 314 cod. pen., invocando però l’applicazione della fattispecie attenuata del “peculato d’uso”.
3.1. La richiesta non può essere accolta. La giurisprudenza di legittimità è infatti pacifica nel ritenere che «il peculato d’uso è configurabile solo in relazione a cose di specie e non al denaro, menzionato in modo alternativo solo nel primo comma dell’art. 314 cod. pen., in quanto la sua natura fungibile non consente dopo l’uso – la restituzione della stessa cosa, ma solo del “tantundem”, irrilevante ai fini dell’integrazione dell’ipotesi attenuata» (ex multis, Sez. 6, n. 49474 del 04/12/2015, COGNOME, Rv. 266242 – 01).
A ciò si aggiunge che, nella specie, difettano in ogni caso anche i presupposti dellmuso momentaneo” della cosa e della sua “immediata
restituzione dopo l’uso” (richiesti dal secondo comma dell’art. 314 cod. pen.), atteso che, come sopra rilevato, la restituzione delle somme è avvenuta nell’ipotesi più favorevole per l’imputato – diversi mesi dopo l’illecit appropriazione.
Per quanto poi concerne la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità (oggetto del secondo motivo di ricorso), la sentenza impugnata, con motivazione non illogica, ne ha esclusa la configurabilità in ragione dell’ammontare – certamente modesto ma non lievissimo – delle somme di danaro oggetto dell’appropriazione (in primo grado è stata invece riconosciuta l’attenuante del fatto di particolare tenuità, ex art. 323-bis cod. pen.).
Né può essere valorizzato il fatto che il denaro oggetto di appropriazione sia stato successivamente restituito, considerato che «ai fini della concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. il momento in cui deve prendersi in considerazione l’entità del danno è quello della consumazione del reato, in quanto il danno non può divenire di speciale tenuità in conseguenza di eventi successivi» (così, Sez. 2, n. 4287 del 28/10/2003 – dep. 2004, P.g. in proc. Quaglia, Rv. 228551 – 01) e che «in tema di reati contro la pubblica amministrazione, ai fini del riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62. n. 4, cod. pen., la valutazione della speciale tenuità deve riguardare il solo aspetto del danno patrimoniale cagionato, non assumendo per contro rilievo altri parametri, significativi della gravità della vicenda nel suo complesso, che invece rilevano ai fini del riconoscimento della attenuante speciale di cui all’art. 323-bis cod. pen. (Fattispecie in tema di peculato)» (così, Sez. 6, n. 30148 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 285047 – 01).
Al rigetto del ricorso segue, come per legge, la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13 febbraio 2024
Il Consi liere estensore
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