Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 16893 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 16893 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato il 13/09/1970 a Roma avverso la sentenza in data 05/07/2024 della Corte di appello di Roma
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio; lette le memorie inviate dal difensore del ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 luglio 2024 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma di quella del G.i.p. del Tribunale di Latina in data 19 febbraio 2018, ha prosciolto NOME COGNOME dai reati di peculato a lui contestati al capo A, riferit all’appropriazione di somme versategli per oneri di registrazione in corrispondenza di rogiti da lui redatti, con esclusione delle ipotesi di cui ai numeri 4 e 6, nonché dai reati fiscali di cui ai capi B) e C), per intervenuta prescrizione, avendo invece
confermato la condanna in relazione alle residue ipotesi di peculato, di cui ai numeri 4 e 6, rideterminato la pena e ridotto l’importo della somma confiscata.
Ha proposto ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 314 cod. pen. e all’art. 4 d.P.R. 309 del 2000.
Era stato segnalato che è previsto un termine per la registrazione ma non anche per il versamento dell’imposta di registrazione, ben potendo la prima avvenire in assenza della seconda, il che impediva di ravvisare una condotta appropriativa, profilo dedotto nel motivo di appello, sul quale la Corte aveva omesso di motivare.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 57 d.P.R. 131 del 1981.
Come segnalato anche dal consulente di parte, il notaio rientra tra i soggetti obbligati al pagamento e non opera come sostituto di imposta, dovendo dunque provvedere al pagamento anche nel caso in cui il cliente non abbia anticipato alcunché: anche sotto tale profilo non avrebbe potuto ravvisarsi una condotta appropriativa correlata all’obbligo di versamento, tema su cui la Corte aveva omesso di motivare specificamente.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancanza di interversione del possesso e alla violazione del canone di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
Posto che il reato avrebbe potuto semmai ravvisarsi in ragione non del mero decorso di un termine ma in ragione dell’interversione del possesso, la Corte non aveva considerato che nei casi in esame non era stato dato conto di alcuna interversione, essendo invece emerso che era stato eseguito il versamento delle somme dovute a seguito dell’avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate, fermo restando che non era stata fornita motivazione idonea a superare ogni ragionevole dubbio circa la configurabilità di un’effettiva interversione.
Contraddittoriamente la Corte aveva fatto riferimento anche ad ulteriori episodi di ritardato versamento, senza avvedersi che in tal modo avrebbe dovuto giungersi ad opposta conclusione.
2.4. Con il quarto motivo deduce mancanza di motivazione in ordine alla prescrizione del reato.
La Corte aveva fatto riferimento a periodi di sospensione, senza darne specificamente conto e dunque non consentendo di valutare la correttezza del ragionamento che l’aveva condotta ad escludere la maturazione del termine di prescrizione anche con riguardo ai reati residui.
2.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 129, comma 2 cod. proc. pen. e 157 cod. pen.
La Corte aveva escluso che vi fossero i presupposti per rilevare una causa di proscioglimento emergente “ictu ocu/i” .
Ma con riguardo ai reati fiscali incentrati sull’uso di mezzi fraudolenti avrebbe dovuto rilevarsi che non erano stati utilizzati accorgimenti insidiosi tali d ostacolare l’accertamento della falsità contabile, in relazione all’indicazione di somme come spese, pur non specificamente documentate, non diversamente da quanto ritenuto con riguardo ad ipotesi di sottofatturazione.
2.6. Con il sesto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 6 cod. pen.
Risultava che il ricorrente aveva comunque versato quanto dovuto mentre la Corte aveva escluso la configurabilità dell’attenuante affermando che non risultava l’integrale riparazione del danno, senza peraltro specificare se avesse considerato l’insieme delle condotte o solo quelle per le quali era intervenuta condanna.
2.7. Con il settimo motivo deduce violazione di legge in relazione alla mancata espressa esclusione della pena accessoria.
Solo in motivazione la Corte aveva fatto riferimento al venir meno dei presupposti per l’applicazione di una pena accessoria, senza che tuttavia di ciò fosse stata fatta menzione nel dispositivo.
Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria concludendo per l’annullamento con rinvio.
Il difensore ha depositato due memorie, ribadendo i motivi di ricorso e replicando alle conclusioni del P.G. con riferimento ai motivi di cui chiede il rigetto.
Il procedimento si è svolto con trattazione scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve rilevarsi che i motivi di ricorso riguardanti il delitto di peculato no possono considerarsi manifestamente infondati o non consentiti in sede di legittimità.
Essi deducono profili meritevoli di analisi e valutazione, in relazione alla veste assunta dal notaio e alla rilevanza, ai fini della configurabilità o meno dell’interversio possessionis, del versamento delle somme dopo l’avviso di liquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
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Su tali basi, dovendosi ritenere correttamente costituito il rapporto processuale, conseguente all’impugnazione (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 26818 – 01; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266 – 01), va dato rilievo, ai fini del computo del termine di prescrizione, anche al tempo trascorso dopo la sentenza di appello: orbene, posto che è configurabile un periodo complessivo di sospensione pari a giorni 165, aggiungendo tale periodo al termine massimo di dodici anni e mesi sei, si perviene alla conclusione che la prescrizione è maturata non solo con riguardo ai reati per i quali la stessa è stata già ravvisata in grado di appello, ma anche con riguardo ai residui reati di cui ai numeri 4 e 6 del capo A), nel primo caso dal 23 settembre 2024 e nel secondo caso dal 10 ottobre 2024.
Ciò posto, deve comunque rimarcarsi la configurabilità del reato oggetto di contestazione.
2.1. Risulta invero che il ricorrente, in concomitanza di atti da lui redatti, ha acquisito dai privati somme a titolo di imposta, che ha poi provveduto a riversare a distanza di tempo, solo dopo l’avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate, peraltro trattenendo sistematicamente una parte di quanto ricevuto dai privati e dunque omettendo di restituire loro le somme eccedenti.
2.2′. Sul punto deve richiamarsi quanto affermato in precedenti occasioni, secondo cui f in tema di peculato, il possesso qualificato dalla ragione dell’ufficio o del servizio non è solo quello che rientra nella competenza funzionale specifica del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ma anche quello che si basa su un rapporto che consenta al soggetto comunque di inserirsi nel maneggio o nella disponibilità della cosa o del denaro altrui, rinvenendo nella pubblica funzione o nel servizio anche la sola occasione per un tale comportamento (Sez. 6, n. 33254 del 19/05/2016, COGNOME, Rv. 267525; Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015, COGNOME, Rv. 263278; Sez. 6, n. 12368 del 17/10/2012, dep. 2013, Medugno, Rv. 255998).
Proprio muovendo da tale principio si è rilevato che configura il delitto di peculato, senza alcuna necessità di dirimere la questione se il notaio assuma veste di sostituto di imposta o di responsabile di imposta, la condotta del notaio che, acquisite, sulla base delle relative discipline di riferimento, somme da riversare a titolo di imposta, operi un’effettiva interversio possessionis, tale da configurare una condotta di tipo appropriativo, senza che peraltro possa assumere decisivo rilievo il mancato rispetto di un termine (sul punto le nitide conclusioni di Sez. 6, n. 16786 del 02/02/2021, Conte, Rv. 281335 – 02).
2.3. Nel caso di specie è stato invero obiettato che il ricorrente aveva di volta in volta effettuato i versamenti dopo l’avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate, peraltro a distanza di tempo dal momento dell’acquisizione e in epoca
successiva alla scadenza del termine previsto per procedere alla registrazione degli atti.
Sta di fatto che il pur tardivo versamento, ove non preceduto da comprovate condotte espressive di un comportamento inequivocamente uti dominus, come ad esempio desumibili dal versamento su propri conti correnti e dalla correlata fruizione di vantaggi a titolo di interessi, non può dirsi da solo idoneo ad attestare un’interversio possessionis.
Va però rimarcato che, nei casi in esame, comprese dunque anche le residue ipotesi di cui ai numeri 4 e 6 del capo A), il ricorrente risulta aver acquisito in concomitanza con l’esercizio della funzione / non solo le somme poi in concreto riversate, dopo la liquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, ma anche somme ulteriori che ha trattenuto, omettendo di restituirle ai privati.
Posto che le somme vanno valutate nel loro insieme, in rapporto al concreto esercizio della funzione rilevante ai fini in esame, deve ritenersi che il delitto di peculato sia in concreto configurabile, essendo stata integrata un’effettiva e almeno parziale interversio possessionis, senza che peraltro possa dirsi, nulla essendo stato sul punto difensivamente prospettato, che le somme aggiuntive fossero state acquisite sulla base di un previo inganno.
2.4. Nondimeno il riversamento di gran parte delle somme assume di per sé rilievo, in quanto rispetto ad esse non solo non è concretamente prospettabile un’inequivoca condotta uti dominus, ma deve di certo escludersi che si sia consolidato un profitto suscettibile di confisca (sul punto deve richiamarsi anche Sez. 6, n. 34290 del 17/05/2023, COGNOME, Rv. 285175, circa la rilevanza delle restituzioni).
Sulla base dell’analisi che precede, correlata alla sincronica valutazione dei motivi di ricorso, con cui è stata contestata la configurabilità dei delitti di peculato deve concludersi che tali delitti sono estinti per intervenuta prescrizione e che dunque la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio anche con riferimento alle ipotesi di cui ai numeri 4 e 6 del capo A) per tale causa, con assorbimento del sesto e del settimo motivo, che sottendono la condanna.
Tuttavia, alla configurabilità del delitto di peculato consegue la conferma della confisca diretta in parte qua (sul punto Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264434): la somma corrispondente al profitto deve essere, peraltro, considerevolmente ridotta in relazione alla sola parte, di cui è stata omessa la restituzione, che deve esser determinata in euro 1.036,00.
4. Deve inoltre ritenersi inammissibile, in quanto manifestamente infondato, il quinto motivo con cui si contesta la declaratoria di estinzione per prescrizione
dei reati fiscali di cui ai capi B) e C).
Contrariamente agli assunti difensivi i Giudici di merito hanno dato conto non tanto genericamente di una sottofatturazione, ma di una callida modalità di
rappresentazione e occultamento di talune poste attive, artificiosamente correlate al preteso «pagamento di spese documentate».
Correttamente dunque è stato ravvisato, atteso il superamento delle soglie previste, il reato di cui all’art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000, peraltro dichiarato estint
per intervenuta prescrizione.
P. Q. m.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione, riducendo l’importo della somma oggetto di confisca ad euro
1.036,00. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 14/02/2025