Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7412 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 7412 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato il 02/03/1990 COGNOME nato il 01/01/1992
avverso la sentenza del 24/06/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
udito il difensore
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe il tribunale di Roma in composizione monocratica applicava a ai cittadini di nazionalità afgana NOME COGNOME e NOME COGNOME, ai sensi degli artt. 444 e ss., c.p.p., la pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato in rubrica ascrittogli.
Avverso la suddetta sentenza, di cui chiedono l’annullamento, hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, lamentando, con un unico atto di impugnazione fondato su motivi a essi comuni, violazione di legge in riferimento all’art. 143, c.p.p., eccependo di non essere stati assistiti nell’ambito del procedimento penale conclusosi con l’indicata pronuncia da un interprete di lingua afgana, la cui nomina era necessaria, posto che gli imputati non conoscevano la lingua italiana.
3. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili, ai sensi del disposto dell’art. 610, co. 5 bis, c.p.p., inserito nel corpo del codice di rito dall’art. 1, co. 62, della legge 23 giugno 2017, n. 103, con effetto dal 3 agosto del 2017. Ed invero, il secondo periodo di tale disposizione normativa prevede GLYPH l’obbligo GLYPH di GLYPH dichiarare, GLYPH con GLYPH procedura GLYPH semplificata, l’inammissibilità dei ricorsi aventi ad oggetto, tra l’altro, le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, quando, in conformità alla previsione dell’art. 448, co. 2 bis, c.p.p., modificato dall’art. 1, co. 50, della citata legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso non sia fondato su motivi (ovviamente specifici e non manifestamente infondati), attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza, tra i quali non rientra il vizio denunciato, per manifesta infondatezza dell’assunto difensivo.
Come affermato, infatti, da un incontestato e condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità l’accesso al cd. “patteggiannento” preclude all’imputato alloglotta, che non conosca la lingua italiana, la possibilità di eccepire la nullità derivante dalla mancata traduzione di una parte degli atti del procedimento (cfr. Sez. 2, n. 6575 del 02/02/2016, Rv. 266198).
Né va taciuto, che appare distonica rispetto all’assunto difensivo la circostanza che entrambi i ricorrenti, ad appena tre giorni dalla pronuncia in data 24.6.2024 della sentenza oggetto di ricorso, hanno conferito mandato difensivo e procura speciale con firma autenticata dal difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME in calce ad un atto redatto in lingua italiana, in cui non si rappresentava che il suddetto conferimento era intervenuto con l’ausilio di un interprete.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 4000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione non consente di ritenere questi ultimi immuni da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15.11.2024.