Patteggiamento: Quando la Scelta di Accordarsi Preclude l’Appello
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una scelta processuale strategica che comporta conseguenze definitive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di questo rito speciale, sottolineando come la volontà di accordarsi sulla pena precluda, di fatto, una successiva contestazione dei fatti. Analizziamo la decisione per comprendere meglio la logica del legislatore e l’orientamento della giurisprudenza.
Il Caso: Dal Patteggiamento in Tribunale al Ricorso in Cassazione
La richiesta di applicazione della pena
Un giovane imputato, accusato di una serie di rapine in continuazione tra loro, decideva di accordarsi con la pubblica accusa per l’applicazione di una pena concordata, accedendo così al rito del patteggiamento davanti al Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Milano.
I motivi del ricorso
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza. Il motivo della doglianza era un presunto vizio di motivazione: a suo dire, il giudice avrebbe dovuto proscioglierlo ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, nonostante la richiesta di patteggiamento, perché a suo avviso ne sussistevano i presupposti.
Patteggiamento e Limiti all’Impugnazione: La Decisione della Corte
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su principi consolidati in materia di patteggiamento.
La natura del patteggiamento come rinuncia alla prova
Il punto centrale della decisione è la natura stessa della richiesta di applicazione della pena. La Corte ricorda che tale scelta processuale implica una rinuncia a contestare l’accusa e, di conseguenza, ad avvalersi del diritto alla prova. L’imputato, scegliendo il patteggiamento, abdica volontariamente alla possibilità di un accertamento dibattimentale dei fatti. Pertanto, è preclusa la possibilità di contestare, con i motivi di impugnazione, gli elementi fattuali dell’imputazione.
L’obbligo di motivazione sull’art. 129 c.p.p.
Il ricorrente lamentava che il giudice non avesse motivato a sufficienza sul perché non lo avesse prosciolto. La Cassazione, tuttavia, chiarisce un punto fondamentale: il giudice del patteggiamento è tenuto a un controllo sulla corretta qualificazione giuridica del fatto e sull’assenza di cause di proscioglimento evidenti. Tuttavia, un obbligo di motivazione specifica sorge solo quando dagli atti emergano elementi concreti che facciano dubitare della colpevolezza dell’imputato. In assenza di tali elementi, è sufficiente una motivazione implicita, che si desume dalla stessa decisione di accogliere la richiesta di pena concordata.
Le Motivazioni della Cassazione
Nel caso specifico, la Corte ha osservato che la sentenza impugnata era del tutto corretta. Il giudice di primo grado, infatti, aveva dato atto della presenza di una pluralità di elementi di prova a carico del ricorrente. Ancor più rilevanti, erano state le ammissioni di responsabilità rese dallo stesso imputato, sia in sede di interrogatorio che tramite dichiarazioni spontanee durante l’udienza preliminare. Di fronte a un quadro probatorio così chiaro e alle stesse ammissioni dell’interessato, non vi era alcun elemento che potesse imporre al giudice un proscioglimento immediato. La scelta del patteggiamento è stata, quindi, una logica conseguenza processuale. La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente anche al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende per la colpa di aver promosso un’impugnazione priva di fondamento.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il patteggiamento è un atto dispositivo e consapevole che chiude la fase di accertamento della responsabilità. Scegliere questa strada significa accettare il quadro accusatorio in cambio di un beneficio sanzionatorio. Non è possibile, in un secondo momento, tentare di rimettere in discussione i fatti attraverso un’impugnazione, se non per vizi di legittimità che attengono alla correttezza del procedimento o all’accordo stesso. La decisione serve da monito: la scelta di un rito speciale deve essere ponderata, poiché le sue conseguenze sono definitive e non reversibili.
È possibile contestare i fatti di un’accusa dopo aver fatto un patteggiamento?
No, la Corte di Cassazione ribadisce che la richiesta di patteggiamento è una scelta processuale che implica la rinuncia a contestare l’accusa e ad avvalersi del diritto alla prova, precludendo una successiva discussione sui fatti.
Il giudice del patteggiamento è sempre obbligato a motivare specificamente perché non assolve l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No, una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo se dagli atti del processo emergono elementi concreti che indicano una possibile causa di non punibilità. In caso contrario, una motivazione implicita è considerata sufficiente.
Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
Se il ricorso è ritenuto inammissibile, la Corte di Cassazione lo dichiara tale e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e, valutata la colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10215 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 10215 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/09/2023 del GIP TRIBUNALE di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ricorso trattato de plano.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Milano che, a norma degli artt. 444 e seguenti cod. proc. pen., ha applicato nei suoi confronti, in ordine .> ad una pluralità di reati di rapina, in continuazione tra loro, la pena concordata tra le parti, deducendo il vizio di motivazione quanto al mancato proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
All’odierna udienza, celebrata senza formalità, il collegio ha deciso come da dispositivo in atti.
La richiesta consensuale di applicazione della pena si traduce in una s processuale che implica la rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l mediante un atto dispositivo con cui l’interessato abdica all’esercizio del diritto al sicché è principio costantemente affermato dalla Suprema Ccrte che l’interven patteggiamento preclude la possibilità di contestare, con i motivi di impugnazio termini fattuali dell’imputazione (Sez. U, sent. n. 20 del 27/10/1999, dep. 03/12/ Rv. 214637) e il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltan nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi c possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi suffici caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 10372 27/09/1995, COGNOME, Rv. 202270; Sez. 1, n. 4688 del 10/01/2007, COGNOME, R 236622). Nel caso di specie la sentenza impugnata si è attenuta correttament suddetto principio indicando espressamente una pluralità di elementi di prova a ca del ricorrente, ed anche le sue ammissioni di responsabilità sia in sede di interro che con dichiarazioni spontanee all’udienza preliminare.
Per tali motivi, all’esito di trattazione de plano, ricorrendo le condizioni di cu 610 bis cod. pen., il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammiss emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno 200C), n. 186), al versamento della somm che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e al versamento della somma di tremila euro alla cassa delle ammende.
L’estensore
Così deciso in Roma il 7 dicembre 2023
La Presidente