Patteggiamento in Appello: la Cassazione Chiude la Porta al Ricorso
Il patteggiamento in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per definire il processo nel secondo grado di giudizio attraverso un accordo sulla pena. Ma cosa succede se, dopo aver raggiunto tale accordo, l’imputato decide di ricorrere ugualmente in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte (n. 21473/2024) offre una risposta netta: l’accordo preclude un’ulteriore impugnazione.
I Fatti del Caso
Nel caso di specie, la Corte di Appello di Roma, su concorde richiesta delle parti, aveva applicato a un imputato la pena di tre anni di reclusione e 700 euro di multa per il reato di furto aggravato in abitazione. Questa decisione era stata presa proprio tramite l’istituto del patteggiamento in appello.
Nonostante l’accordo, la difesa dell’imputato presentava ricorso per cassazione, lamentando una presunta illogicità della motivazione e, in particolare, il fatto che la Corte d’Appello non avesse considerato la possibilità che il reato fosse solo tentato e non consumato.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Patteggiamento in Appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza nemmeno entrare nel merito della questione sollevata dalla difesa. La decisione si fonda su un principio giuridico fondamentale legato alla natura stessa dell’accordo processuale raggiunto in appello.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La motivazione della Corte è chiara e si basa su una consolidata giurisprudenza. Secondo gli Ermellini, l’adesione al patteggiamento in appello configura una vera e propria rinuncia, da parte dell’imputato, ai motivi di impugnazione che aveva originariamente presentato. Questa rinuncia ha un effetto preclusivo che si estende a tutto lo svolgimento processuale successivo, compreso l’eventuale giudizio di legittimità davanti alla Cassazione.
In altre parole, una volta che l’imputato accetta di concordare la pena, la cognizione del giudice di appello (e, di conseguenza, di quello di Cassazione) viene limitata ai soli aspetti non coperti dalla rinuncia. Poiché nel caso in esame il ricorso verteva proprio su questioni che si dovevano considerare rinunciate con l’accordo, l’impugnazione è stata ritenuta proceduralmente inammissibile.
La Corte ha richiamato precedenti pronunce (come la n. 29243/2018 e la n. 15505/2018) che rafforzano questo orientamento, sottolineando come l’effetto devolutivo dell’impugnazione venga neutralizzato dalla rinuncia implicita nell’accordo. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile senza formalità di procedura, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro a favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un punto cruciale per la strategia difensiva: la scelta del patteggiamento in appello è una decisione definitiva che chiude la porta a ulteriori contestazioni nel merito. Accettando un accordo sulla pena, l’imputato rinuncia implicitamente a far valere i motivi di appello e, quindi, a portarli all’attenzione della Corte di Cassazione. Questa consapevolezza è fondamentale per gli imputati e i loro difensori al momento di valutare l’opportunità di percorrere la strada del concordato in secondo grado, poiché essa implica la cristallizzazione della sentenza di appello, salvo vizi eccezionali non oggetto di rinuncia.
È possibile fare ricorso in Cassazione dopo aver concordato la pena in appello (c.d. patteggiamento in appello)?
No, la Corte ha stabilito che l’accordo sulla pena in appello configura una rinuncia ai motivi di impugnazione, rendendo inammissibile un successivo ricorso per cassazione basato sugli stessi motivi.
Qual è l’effetto della rinuncia ai motivi di appello nel contesto del patteggiamento?
La rinuncia produce effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, incluso il giudizio di legittimità. La cognizione del giudice è limitata ai soli motivi non oggetto di rinuncia.
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione in questi casi?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21473 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21473 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BOTCHORISHVILI NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/12/2022 della CORTE APPELLO di ROMA
dato av , yf ‘ so alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con la sentenza in data 16.12.2022, su concorde richiesta delle parti, la Corte di appello di Roma ha applicato a Botchorishvili Otari, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. la pena di anni tre di reclusione ed euro 700,00 di multa per il reato di cui agli artt. 110 c.p, 624 bis e 625 n.2 cod.pen., previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata.
2.L’imputato, per mezzo del proprio difensore, ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di appello deducendo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c), d) ed e) cod.proc.pen. per illogicità motivazionale ed inosservanza del disposto dell’art. 56 cod.pen.
Si assume che la sentenza impugnata non affronta la questione della fattispecie tentata.
Il primo ed unico motivo del ricorso è inammissibile, in quanto il c.d. “patteggiamento in appello” configura la rinuncia, da parte dell’imputato, ai motivi di impugnazione presentati, la quale a sua volta produce effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità (cfr Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 27319401) in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, Rv. 272853).
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen.; ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17.4.2024