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Patteggiamento in Appello: Ricorso Inammissibile

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello. La rinuncia ai motivi di gravame impedisce di impugnare la decisione, creando una preclusione processuale che si estende anche al giudizio di legittimità. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Perché il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del patteggiamento in appello, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017, rappresenta uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: una volta raggiunto tale accordo, il ricorso per cassazione diventa inammissibile. Analizziamo questa importante decisione per comprenderne le ragioni e le conseguenze pratiche.

I Fatti del Caso: dalla Condanna all’Accordo in Appello

Un imputato, condannato in primo grado per riciclaggio e altri reati, aveva presentato appello. In sede di giudizio di secondo grado, la difesa e la Procura Generale hanno raggiunto un accordo sulla rideterminazione della pena, avvalendosi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte di Appello di Napoli ha quindi emesso una sentenza che recepiva tale accordo. Nonostante ciò, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione della sentenza d’appello.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e Preclusione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure celebrare un’udienza, attraverso il cosiddetto rito de plano. La decisione si fonda su un principio consolidato, già elaborato dalla giurisprudenza prima della temporanea abrogazione dell’istituto: l’accordo sulla pena in appello implica una rinuncia ai motivi di impugnazione. Questa rinuncia non è un atto formale privo di conseguenze, ma genera una preclusione processuale che impedisce di portare nuovamente in discussione i punti ai quali si è rinunciato.

Le Motivazioni: L’Effetto della Rinuncia ai Motivi di Appello nel Patteggiamento in Appello

La Corte di Cassazione ha spiegato che la scelta di accedere al patteggiamento in appello comporta una conseguenza processuale ineludibile. Quando l’appellante rinuncia ai motivi di gravame (ad esempio, quelli relativi all’affermazione di responsabilità o alla qualificazione del reato) per concordare la pena con il Procuratore Generale, limita l’oggetto del giudizio d’appello alla sola congruità della sanzione pattuita. Il giudice di secondo grado, infatti, non deve più motivare su punti che non sono più oggetto di contesa, ma solo sulla pena concordata.

Questo meccanismo determina una ‘preclusione processuale’. In altre parole, la rinuncia ai motivi ‘chiude la porta’ a qualsiasi futura discussione su quegli stessi punti. Tale effetto si estende inevitabilmente anche al giudizio di legittimità. Non è possibile, quindi, rinunciare ai motivi in appello per ottenere una pena più mite e poi tentare di rimettere tutto in discussione davanti alla Cassazione. Il ricorso che lamenta vizi di motivazione su aspetti coperti dalla rinuncia è, pertanto, privo del suo stesso fondamento e deve essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche del Patteggiamento in Appello

Questa ordinanza conferma che la scelta del patteggiamento in appello è una decisione strategica definitiva, che preclude ulteriori gradi di giudizio nel merito. Per l’imputato e il suo difensore, ciò significa che i benefici di un accordo sulla pena comportano la contestuale e irrevocabile rinuncia a far valere le proprie doglianze davanti alla Corte di Cassazione. Presentare un ricorso in queste condizioni non solo è inutile, ma espone anche a conseguenze economiche negative: come nel caso di specie, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma (3.000 euro) alla Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nel proporre un’impugnazione palesemente inammissibile.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di patteggiamento in appello?
No, il ricorso è inammissibile. Secondo la Corte di Cassazione, accettando il patteggiamento in appello, l’imputato rinuncia implicitamente ai motivi di impugnazione, creando una preclusione che impedisce di contestare la decisione in un successivo grado di giudizio.

Quali sono gli effetti della rinuncia ai motivi di impugnazione nel patteggiamento in appello?
La rinuncia ai motivi limita la cognizione del giudice d’appello alla sola valutazione della congruità della pena concordata e determina una preclusione processuale. Ciò impedisce al giudice di esaminare altri aspetti della sentenza (come l’affermazione di responsabilità), e tale effetto si estende anche al giudizio di Cassazione.

Cosa succede se si presenta comunque un ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 3.000 euro, a causa della colpa nel proporre un’impugnazione priva di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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