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Patteggiamento in appello: quando il ricorso è nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata contro una sentenza di appello che aveva ratificato un accordo sulla pena (patteggiamento in appello). Il motivo del ricorso era la presunta mancanza di motivazione sulla congruità della pena. La Suprema Corte ha ribadito che, una volta formalizzato l’accordo tra le parti, questo non può essere impugnato per difetto di motivazione, ma solo in caso di palese illegalità della sanzione, non riscontrata nel caso di specie.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: l’Accordo sulla Pena non si Impugna per Difetto di Motivazione

L’istituto del patteggiamento in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo volto a velocizzare i tempi della giustizia. Ma quali sono i limiti all’impugnazione di una sentenza che ratifica tale accordo? Con l’ordinanza n. 21627/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato: l’accordo sulla pena, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere contestato per un presunto difetto di motivazione sulla sua congruità.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla sentenza della Corte di Appello di Genova che, in parziale riforma di una precedente decisione del GIP, riduceva la pena inflitta a due imputati. Tale riduzione era il risultato di una “concorde richiesta delle parti”, ovvero di un accordo processuale ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p., con contestuale rinuncia agli altri motivi di appello. In sostanza, accusa e difesa avevano trovato un’intesa sulla sanzione finale.

Il Ricorso in Cassazione e la questione del Patteggiamento in Appello

Nonostante l’accordo raggiunto, una degli imputati ricorreva per cassazione, lamentando, con un unico motivo, la nullità della sentenza d’appello per totale mancanza di motivazione. Secondo la difesa, i giudici di secondo grado non avevano esplicitato le ragioni per cui ritenevano corretta e giusta la pena concordata tra le parti, limitandosi a ratificare l’accordo.

La Decisione della Corte: l’Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo “proposto con un motivo non consentito e comunque manifestamente infondato”. Gli Ermellini hanno richiamato la loro giurisprudenza costante in materia di patteggiamento in appello, sottolineando la natura di negozio processuale che caratterizza questo istituto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha chiarito che l’accordo liberamente stipulato dalle parti, una volta trasfuso nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato o messo in discussione. L’unica eccezione a questa regola si verifica nell’ipotesi di “illegalità della pena concordata”, ad esempio se la sanzione pattuita fosse inferiore al minimo o superiore al massimo edittale previsto per quel reato.

Nel caso di specie, la ricorrente non lamentava l’illegalità della pena, né un errore della Corte nel recepire l’accordo, ma unicamente un presunto difetto di motivazione. Sul punto, la Cassazione è netta: non è necessaria una motivazione esplicita sulla congruità della pena inflitta quando questa deriva da un accordo. Il giudice di appello, recependo il contenuto dell’accordo sanzionatorio, ha implicitamente vagliato la legalità della pena e la correttezza dei termini dell’accordo stesso.

Inoltre, la Corte ha osservato come la sentenza impugnata avesse comunque dato conto dei vari passaggi del calcolo effettuato per giungere alla pena finale (diminuzione per le attenuanti generiche, aumento per la continuazione e riduzione per il rito abbreviato), assicurando così alle parti la possibilità di controllare il rispetto delle norme di legge. Tale motivazione, sebbene sintetica, è stata ritenuta sufficiente a garantire la trasparenza del percorso logico-giuridico seguito.

Conclusioni

Questa pronuncia consolida un principio fondamentale in tema di riti alternativi: la scelta di un accordo processuale come il patteggiamento in appello comporta una rinuncia alla possibilità di contestare nel merito la quantificazione della pena. Il ricorso per cassazione avverso tali sentenze è circoscritto alla sola eventualità di una pena illegale, e non può essere utilizzato per rimettere in discussione la congruità di una sanzione che l’imputato stesso ha contribuito a determinare. La decisione della Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, riafferma la natura vincolante dell’accordo processuale e la sua funzione di stabilizzazione del giudizio.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di “patteggiamento in appello” per mancanza di motivazione sulla pena?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale ricorso è inammissibile. L’accordo tra le parti, una volta recepito dal giudice, non può essere modificato unilateralmente, salvo l’ipotesi di illegalità della pena.

In un “patteggiamento in appello”, il giudice è tenuto a motivare in modo esplicito la congruità della pena concordata?
No, non è necessaria una motivazione esplicita. Accogliendo l’accordo, il giudice di appello valuta implicitamente la legalità della pena e la correttezza dei termini dell’accordo processuale. È sufficiente che vengano illustrati i passaggi del calcolo sanzionatorio.

Qual è l’unica eccezione per cui si può ricorrere contro una pena concordata in appello?
L’unica eccezione ammessa dalla giurisprudenza è l’ipotesi di “illegalità della pena concordata”, ovvero quando la sanzione pattuita esce dai limiti edittali previsti dalla legge per quel reato o viola altre norme imperative.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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