Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21627 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 21627 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME CODICE_FISCALE nato a GENOVA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
udita la relazione del consigliere NOME COGNOME, si dà atto che il ricorso è stato trattato de plano ex art. 610, comma 5 bis, cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 19 dicembre 2023 la Corte di appello di Genova, su concorde richiesta delle parti, in parziale riforma della sentenza emessa in data 18 maggio 2023 dal GIP presso il tribunale di Genova, appellata da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, riduceva la pena inflitta a NOME COGNOME ad anni 4, mesi 5 e giorni 20 di reclusione ed euro 2000 di multa e la pena inflitta a NOME COGNOME ad anni 2, mesi 9 e giorni 10 di reclusione ed euro 1.000 di multa, dichiarando l’inammissibilità degli appelli in relazione ai restanti motivi oggetto di rinuncia ex art. 599 bis cod. proc. pen. e confermando nel resto la sentenza appellata.
Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME eccependo con un unico motivo la nullità della sentenza per mancanza di motivazione. In particolare, lamenta il difetto di motivazione relativamente alla pena irrogata, non essendo state esplicate affatto le ragioni per
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le quali si è ritenuta corretta nel caso di specie la prospettazione delle parti in ordine all’entità della pena inflitta.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con un motivo non consentito e comunque manifestamente infondato.
In premessa, infatti, riguardo al ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello emessa con rinuncia dei motivi di appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., va richiamata la consolidata giurisprudenza della Corte secondo cui: “In tema di “patteggiamento in appello” ex art. 599-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 56, legge 23 giugno 2017, n. 103, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto in relazione alla misura della pena concordata, atteso che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata” (così Sez.3, n.19983 del 09.06.2020, Rv.279504-01; conf. Sez.5, n.7333 del 13.11.2018, Rv. 275234-01).
Nel caso di specie, il motivo di ricorso è inammissibile perché del tutto generico, dato che la difesa non lamenta né l’illegalità della pena concordata né l’esistenza di un eventuale errore della Corte territoriale nel recepire l’accordo intervenuto tra le parti, ma solo il presunto difetto di motivazione in ordine alla correttezza della prospettazione delle parti in ordine all’entità della pena. In ogni caso, non risultando l’irrogazione di una pena illegale né una difformità rispetto all’entità della sanzione concordata dalle parti, va affermato che non vi è necessità di una motivazione esplicita sulla pena inflitta, peraltro in misura prossima al minimo edittale, dato che la Corte di appello, recependo il contenuto dell’accordo sanzionatorio, ha implicitamente vagliato la legalità della pena e la correttezza dei termini dell’accordo processuale raggiunto dalle parti, dando conto, inoltre, nella motivazione dei vari passaggi effettuati nel calcolo per giungere alla pena finale (diminuzione per le circostanze attenuanti generiche, aumento per la continuazione e riduzione per il rito abbreviato), in modo da assicurare comunque alle parti la possibilità di controllare il rispetto delle norme di legge.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si si ritiene equa di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 22 marzo 2024
Il Consigliere estensore