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Patteggiamento in appello: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati avverso una sentenza di ‘patteggiamento in appello’. La Corte ha ribadito che l’accordo sulla pena implica la rinuncia a tutti gli altri motivi di appello, rendendo definitiva la sentenza sui punti rinunciati. Pertanto, è inammissibile un successivo ricorso per Cassazione che sollevi questioni già coperte dalla rinuncia, come il bilanciamento delle circostanze, o che contesti la misura della pena concordata, salvo il caso di pena illegale.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: La Cassazione ne Fissa i Limiti

Il patteggiamento in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i confini di questo istituto e le conseguenze della scelta di accedervi, dichiarando inammissibili i ricorsi presentati successivamente dagli imputati.

I Fatti di Causa

Nel caso di specie, due imputati, a seguito di una condanna in primo grado, avevano proposto appello. Successivamente, in accordo con la Procura Generale, avevano optato per un patteggiamento in appello, rinunciando ai motivi di gravame originari in cambio di una rideterminazione della pena. La Corte d’Appello di Napoli accoglieva l’accordo e rideterminava la sanzione come concordato.

Nonostante l’accordo raggiunto, entrambi gli imputati decidevano di presentare ricorso per Cassazione contro la sentenza d’appello. Uno dei ricorrenti sollevava una questione di legittimità costituzionale relativa al bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti, mentre l’altro contestava la misura della pena concordata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione, presa de plano (cioè senza udienza), si fonda su principi consolidati in materia di accordi processuali e impugnazioni.

Le motivazioni: i limiti del ricorso dopo il patteggiamento in appello

Le motivazioni della Corte sono cruciali per comprendere la natura vincolante del patteggiamento in appello. I giudici hanno chiarito due punti fondamentali.

In primo luogo, la scelta di concordare la pena in appello comporta una rinuncia implicita a tutti gli altri motivi di gravame. Questa rinuncia determina il passaggio in giudicato della sentenza sui punti oggetto dei motivi abbandonati. Di conseguenza, è inammissibile un ricorso per Cassazione che tenti di riproporre censure attinenti a motivi a cui si è già rinunciato. La questione di legittimità costituzionale sollevata da uno degli imputati è stata quindi ritenuta irrilevante, poiché verteva su un aspetto del giudizio (il bilanciamento delle circostanze) che era ormai divenuto definitivo e non più discutibile.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito un principio cardine: il ricorso per Cassazione avverso una sentenza frutto di patteggiamento in appello non può contestare la misura della pena concordata. Il patto processuale, una volta stipulato liberamente tra le parti e ratificato dal giudice, non può essere modificato unilateralmente. L’unica eccezione a questa regola si verifica quando la pena concordata è illegale, ad esempio perché supera i massimi edittali previsti dalla legge per quel reato. Nel caso di specie, non essendo stata lamentata alcuna illegalità, anche il secondo ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la natura di negozio processuale del patteggiamento in appello. La decisione di avvalersi di questo strumento è una scelta strategica che produce effetti definitivi e non reversibili. Accettando di concordare la pena, l’imputato ottiene un beneficio certo (la riduzione della sanzione), ma al contempo chiude la porta a ulteriori contestazioni nel merito. Questa pronuncia serve da monito: l’accordo sulla pena in appello segna un punto di non ritorno nel processo, e le possibilità di un successivo ricorso in Cassazione sono estremamente limitate e circoscritte alla sola ipotesi di una pena illegale.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver concordato la pena in appello (patteggiamento in appello)?
Generalmente no. Il ricorso è inammissibile se riguarda motivi a cui si è rinunciato (praticamente tutti tranne la quantificazione della pena) o se contesta la misura della pena concordata, a meno che non si lamenti una sua ‘illegalità’ (es. una pena superiore al massimo previsto dalla legge).

Cosa succede ai motivi di appello quando si sceglie il patteggiamento?
Quando si accede al patteggiamento in appello, si rinuncia a tutti gli altri motivi di gravame. Questa rinuncia fa sì che la sentenza diventi definitiva e irrevocabile riguardo ai punti contestati in quei motivi, che non potranno più essere messi in discussione.

Perché il motivo sulla presunta incostituzionalità di una norma è stato giudicato inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile per irrilevanza. L’imputato, avendo rinunciato ai motivi di appello relativi al bilanciamento delle circostanze per patteggiare la pena, non poteva più sollevare una questione di costituzionalità su una norma collegata a un punto del processo ormai divenuto definitivo e non più contestabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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