Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13191 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13191 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MALO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/01/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo COGNOME t o c COGNOME k O C 2
NOME COGNOME OLC o U COGNOME r udite il difenqnre NOME (A. (2-1; LU C -OLI C eL.L. COGNOME Ca( 1ec UH
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento della congiunta richiesta delle parti ex art. 599-bis cod. proc. pen. e dato atto della rinunzia all’impugnazione, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato in relazione al reato sub 2) perché estinto per intervenuta prescrizione e, sull’ accordo delle parti, rideterminava per il residuo reato di cu al capo sub 1), previa applicazione delle circostanze generiche prevalenti sull’aggravante contestata, la pena in anni due di reclusione e fissava, sempre in anni due, la durata delle pene accessorie; revocava, quindi, la sanzione dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici e confermava nel resto la sentenza di primo grado.
2. Propongono ricorso per Cassazione i difensori dell’ imputato esponendo quanto segue: che la pena finale proposta dalla Procura prevedeva anni due per il reato di cui al capo 1), ritenuto più grave, e ulteriori mesi sei per il reato d al capo 2) posto in continuazione con il primo; di aver concordato, con parziale rinunzia ai motivi di appello, la pena così proposta; che il consenso era stato prestato nei suddetti termini non potendosi comunque ottenere il beneficio della sospensione condizionale della pena in ragione dell’entità della sanzione penale determinata; che la Corte d’appello di Venezia, in sede di disamina formale della proposta formulata congiuntamente dalle parti, si avvedeva che il reato di cui al capo 2) era ormai prescritto e che, per questo motivo, rideterminava la sanzione finale in anni due in relazione al solo residuo reato di cui capo 1); che l proposta iniziale avanzata dalla Procura Generale, in seno alla quale non poteva trovare alcuna collocazione il beneficio della sospensione condizionale della pena, veniva dunque modificata per l’intervento del giudice; che il precedente difensore del ricorrente, estensore dell’atto di appello, aveva richiesto la concessione di ogni beneficio di legge e che, con i motivi aggiunti, era stata richiesta specificatamente l’applicazione della sospensione condizionale della pena. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ciò esposto, con il presente ricorso per cassazione, lamentano l’omessa motivazione della sentenza nella parte in cui non ha considerato l’applicabilità del beneficio di cui agli artt. 163 e 164 cod. proc. pen., divenuto concedibile solo all’esito del giudizio di appello. Sussistendo in atti la richiesta esplicita beneficio, la Corte lagunare avrebbe dovuto, si sostiene nel ricorso, quantomeno pronunciarsi in merito a tale legittima richiesta che, in quanto formulata nell’atto introduttivo dell’appello e reiterata espressamente nei motivi aggiunti, non poteva considerarsi rinunciata in forza dell’accordo raggiunto con la Procura Generale. La Corte distrettuale, dunque, avrebbe dovuto pronunciarsi in merito e motivare, seppure succintamente, l’eventuale diniego.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. L’art. 599-bis, comma 1, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017, dispone che la Corte di appello provvede in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall’articolo 589 dello stesso codice, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i moti dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo.
Come COGNOME già COGNOME osservato COGNOME da NOME questa COGNOME Corte COGNOME (in COGNOME motivazione, Sez. 3, n. 25994 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276012; Sez.5, n.29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 273194; Sez. 5, n. 18299 del 19/03/2018, COGNOME, non mass.), detto istituto è sovrapponibile al cd. “patteggiamento in appello” e, quindi, sono senz’altro applicabili i principi elaborati dalla giurisprudenza d legittimità nel vigore dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., successivamente abrogato dal decreto legge n. 92 del 2008.
Orbene, secondo una risalente pronunzia, che si ritiene di dover condividere e ribadire, (Sez. 4, n. 13066 del 18/11/1994, Bravi, Rv. 200734) «Poiché l’accordo nel giudizio di appello sull’applicazione della pena, ai sensi dell’art. 599 cod. proc. pen., comporta la rinuncia a fare valere ogni altra questione di merito, esclusa solo quella eventualmente relativa all’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen., è da ritenere, conformemente a quanto si verifica per lo speciale procedimento discipliNOME dall’art. 444 cod. proc. pen., che il giudice, in mancanza di un’espressa istanza dell’imputato, non possa concedere di ufficio la sospensione condizionale della pena, quand’anche ne sussistano i presupposti, perché esorbiterebbe dai limitati compiti che regolano lo speciale procedimento in questione e verrebbe ad incidere sul patto negoziale intervenuto tra le parti, senza considerare poi che il P.G. in presenza della richiesta del detto beneficio, potrebbe negare il proprio consenso».
In applicazione di siffatto principio, sempre attuale, dunque, è da ritenersi illegittima la decisione del giudice di appello che si limiti ad applicare la pen nella misura concordata, senza statuire sulla richiesta del beneficio della sospensione condizionale della pena cui sia subordiNOME l’accordo delle parti: il beneficio si pone, infatti, come elemento determinante nel processo di formazione della volontà negoziale della parte, rappresentando, quindi, una componente costitutiva della piattaforma negoziale, sulla quale si è perfezioNOME l’accordo tra le parti; ne consegue che non è consentito al giudice di appello frazionare quella base negoziale, dovendo, invece, recepirla per intero ovvero
disattenderla, procedendo, in tal caso, con le forme ordinarie, senza dare luogo al concordato (Sez.5, n.36638 del 05/04/2005, Rv.232375; Sez.3, n.5332 del 18/12/2007, dep. 2008, Rv.238796).
Diverso è il caso – che, poi, è quello di che trattasi – in cui l’accordo delle parti si sia formato senza contemplare la concessione di siffatto beneficio. Ed invero, nella vicenda che qui ci occupa, le parti, come è dato leggere dal verbale dell’udienza del 23 gennaio 2023, «a parziale rettifica della proposta di concordato già depositata chiedono prendersi atto dell’intervenuta estinzione per prescrizione del reato sub 2) dell’imputazione e per l’effetto riformulano la proposta di concordato come segue: ritenute le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla circostanza aggravante contestata sub 1, P.B. anni tre di reclusione, ridotta per le generiche ad anni due di reclusione. Pene accessorie di pari durata. NDP per il reato di cui al capo 2) per intervenuta prescrizione.» Quindi, sebbene fosse stato nel potere delle parti, a seguito della concorde rideternninazione della pena, dovuta all’intervenuta prescrizione di uno dei due reati, subordinare l’accordo alla concessione del beneficio della sospensione, siffatta evenienza nella specie non si è verificata. In tale situazione, dunque, deve ritenersi applicabile il principio sopra riportato affermato nella richiamata sentenza “Bravi”, posto che le parti, pur avendone avuto la possibilità, allorquando hanno riformulato l’accordo a seguito della constatazione dell’avvenuta prescrizione del reato sub 2), rinunciando a fare valere ogni altra questione di merito, hanno completamente omesso di far riferimento alla sospensione condizionale della pena. La Corte d’appello, dunque, in mancanza di un’espressa richiesta in tal senso, non avrebbe potuto concedere di ufficio la sospensione condizionale della pena, non potendo incidere sull’accordo delle parti. Né consta che, pur in assenza di richiesta di subordinazione, le parti abbiano sollecitato i poteri d’ufficio della Corte d’appello. La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, ulteriormente precisato in tema di patteggiamento – con affermazione estensibile al concordato in appello, in applicazione di quanto sopra ritenuto – che la sospensione condizionale della pena può essere concessa, in forza del rapporto negoziale che legittima la sentenza di patteggiamento, soltanto se faccia parte integrante dell’accordo o se la questione relativa sia devoluta, esplicitamente e specificamente, da entrambe le parti al potere discrezionale del giudice. «Al di fuori di queste ipotesi, la mancata richiesta e la mancata devoluzione hanno significazione escludente, nel senso che, nel rispetto del principio dispositivo, la pronuncia del giudice non può travalicare i termini del patto. Le questioni non dedotte dalle parti non possono essere affrontate ex officio, in quanto trovano una preliminare soluzione negativa e la necessaria t sintesi nell’accordo che non le contempla» (Sez. 2, n. 42973 del 13/06/2019, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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COGNOME, Rv. 277610; Sez. 5, n. 4124 del 23/06/1998, COGNOME, Rv. 211508; Sez. 4, n. 34352 del 13/05/2003, COGNOME, Rv. 228309).
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 30 novembre 2023
CORTE DI CASSAZIONE
V SEZIONE PENALE