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Patteggiamento in appello: no ricorso sulla pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver concordato la pena tramite il cosiddetto “patteggiamento in appello”, ha tentato di contestarne la congruità. La Corte ha stabilito che l’accordo processuale liberamente stipulato tra le parti non può essere modificato unilateralmente, salvo il raro caso di pena illegale.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando l’Accordo sulla Pena Diventa Intoccabile

L’istituto del patteggiamento in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento fondamentale di economia processuale. Esso consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare, chiudendo così la controversia in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 10894 del 2024, ribadisce un principio cruciale: una volta siglato l’accordo, non si può tornare indietro per contestare la misura della pena. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in primo grado per una serie di reati (tra cui evasione, spaccio di stupefacenti, furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale), presentava appello. Durante il giudizio di secondo grado, la difesa e la pubblica accusa raggiungevano un accordo sul trattamento sanzionatorio, avvalendosi proprio dell’istituto del patteggiamento in appello. La Corte d’Appello di Venezia, prendendo atto della rinuncia agli altri motivi di gravame, rideterminava la pena sulla base dell’accordo raggiunto.

Tuttavia, in un secondo momento, la difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione contro tale sentenza. Il motivo? Un presunto vizio di motivazione relativo alla congruità della pena concordata, valutata rispetto al comportamento complessivo dell’imputato.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Patteggiamento in Appello

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa della natura e della funzione del patteggiamento in appello. I giudici hanno affermato che un ricorso per cassazione proposto per contestare la misura della pena concordata tra le parti è, per sua natura, inammissibile.

Di conseguenza, l’imputato non solo ha visto respingere le sue doglianze, ma è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha chiarito che il patteggiamento in appello costituisce un vero e proprio “negozio processuale”. Si tratta di un patto liberamente stipulato tra l’accusa e la difesa, che viene poi “consacrato” nella decisione del giudice. Una volta che questo accordo è stato validamente concluso, nessuna delle parti può unilateralmente decidere di modificarlo o contestarlo.

L’unica eccezione a questa regola ferrea, come specificato dalla stessa Corte richiamando precedenti giurisprudenziali conformi, è rappresentata dall’ipotesi di “illegalità della pena”. Ciò si verifica quando la sanzione concordata è, ad esempio, di un genere non previsto dalla legge per quel reato o eccede i limiti massimi stabiliti. Nel caso di specie, non sussisteva alcuna illegalità della pena, ma solo un ripensamento sulla sua congruità. Pertanto, il ricorso non aveva alcun fondamento giuridico per essere esaminato nel merito.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di aderire al patteggiamento in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’accordo permette di ottenere una pena certa e spesso più mite, ma comporta la rinuncia a contestarne l’entità in un successivo grado di giudizio. La decisione sottolinea la natura vincolante degli accordi processuali e la necessità per le parti di ponderare attentamente ogni aspetto prima di concluderli. Non è possibile, in un secondo momento, rimettere in discussione la congruità di una pena che si è liberamente accettato di concordare.

È possibile impugnare in Cassazione la misura della pena concordata tramite “patteggiamento in appello”?
No, il ricorso per cassazione che contesta la misura della pena concordata è inammissibile. L’accordo, una volta stipulato liberamente tra le parti e recepito dal giudice, non può essere modificato unilateralmente.

Esiste qualche eccezione a questa regola di inammissibilità?
Sì, l’unica eccezione prevista è l’ipotesi in cui la pena concordata sia illegale, cioè una sanzione non consentita dalla legge per il reato specifico o che superi i limiti massimi edittali. La semplice non congruità non rientra in questa eccezione.

Cosa succede se si presenta ugualmente un ricorso ritenuto inammissibile?
In caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, a titolo di sanzione, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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