Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il patteggiamento in appello, introdotto per snellire i processi, rappresenta una scelta strategica per l’imputato. Tuttavia, questa scelta comporta conseguenze significative sulle future possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi confini del ricorso contro una sentenza emessa a seguito di accordo in appello, chiarendo quando e perché tale ricorso viene dichiarato inammissibile.
Il Contesto del Caso Giudiziario
La vicenda trae origine da una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Frosinone. L’imputato, ritenuto colpevole di un reato previsto dal Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011), proponeva appello. In sede di secondo grado, presso la Corte d’Appello di Roma, le parti raggiungevano un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte, recependo l’accordo, rideterminava la sanzione.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione. Il motivo principale del ricorso era il presunto difetto di motivazione della Corte d’Appello riguardo alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
I Limiti del Patteggiamento in Appello Secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una spiegazione chiara dei limiti procedurali legati al patteggiamento in appello. I giudici supremi hanno sottolineato che l’accordo tra le parti sulla pena in appello produce un effetto specifico: la rinuncia ai motivi di impugnazione originariamente proposti.
Questo significa che, una volta che l’imputato accetta di concordare la pena, la cognizione del giudice d’appello si restringe ai soli termini dell’accordo. Di conseguenza, non è più possibile, in un successivo ricorso, sollevare questioni che erano state superate e implicitamente abbandonate con la scelta del patteggiamento.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su due principi consolidati.
In primo luogo, ha ribadito che il giudice d’appello che accoglie una richiesta di pena concordata non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per le cause previste dall’art. 129 c.p.p. (come l’evidenza che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, ecc.). La ragione risiede nell’effetto devolutivo dell’impugnazione: se l’imputato rinuncia ai motivi d’appello, il giudice non ha più il potere di esaminarli.
In secondo luogo, la Cassazione ha precisato che un ricorso avverso una sentenza di patteggiamento in appello è ammissibile solo in casi eccezionali e ben definiti. Questi includono vizi relativi alla formazione della volontà delle parti (ad esempio, un consenso estorto), al consenso del pubblico ministero, o a una decisione del giudice non conforme all’accordo raggiunto. Il motivo sollevato dal ricorrente, relativo alla mancata valutazione della tenuità del fatto, non rientra in nessuna di queste categorie, configurandosi come una contestazione di merito ormai preclusa.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame conferma che la scelta del patteggiamento in appello è una decisione processuale quasi definitiva. Chi opta per questa strada deve essere consapevole che sta barattando la possibilità di contestare nel merito la propria colpevolezza con la certezza di una pena ridotta. Le porte della Cassazione, salvo vizi procedurali sull’accordo stesso, restano chiuse per riesaminare questioni di fondo. Questa pronuncia serve da monito: la strategia processuale deve essere valutata con estrema attenzione, poiché le scelte compiute in una fase del giudizio possono limitare irreversibilmente le opzioni future.
È possibile ricorrere in Cassazione dopo un ‘patteggiamento in appello’ per lamentare la mancata assoluzione per particolare tenuità del fatto?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, una volta accettato il ‘patteggiamento in appello’, l’imputato rinuncia ai motivi di appello originari. Di conseguenza, il ricorso in Cassazione non può vertere su questioni come il mancato proscioglimento, che si considerano rinunciate.
In quali casi è ammesso il ricorso in Cassazione contro una sentenza di ‘patteggiamento in appello’?
Il ricorso è ammissibile solo se contesta vizi relativi alla formazione della volontà della parte di aderire all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o a un contenuto della sentenza difforme da quanto concordato.
Il giudice d’appello, nel ratificare un accordo sulla pena, deve motivare perché non ha prosciolto l’imputato secondo l’art. 129 cod. proc. pen.?
No. Secondo l’ordinanza, in caso di ‘patteggiamento in appello’, la cognizione del giudice è limitata ai punti non oggetto di rinuncia. Pertanto, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per le cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31922 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31922 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 09/10/1992
avverso la sentenza del 13/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe, con cui la Corte d’Appello di Roma, previo accordo delle parti ai sensi dell’art. 599bis cod. proc. pen., ha rideterminato la pena inflittagli con la sentenza di primo grado del Tribunale di Frosinone del 2.3.2021 per il reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011;
Evidenziato che, con il predetto ricorso, si deduce il difetto di motivazione circa la sussistenza dei presupposti per il proscioglimento dell’imputato per la particolare tenuità del fatto;
Considerato che: 1) in tema di “patteggiamento in appello” come reintrodotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove, in quanto, in ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 4, n. 52803 del 14/9/2018, Bouachra, Rv. 274522); 2) deve considerarsi ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. solo allorquando deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice (Sez. 2, n. 22002 del 10/4/2019, COGNOME, Rv. 276102);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, in quanto presentato in violazione del disposto di cui all’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19.6.2025