Patteggiamento in Appello: l’Accordo è Vincolante e non Modificabile
L’istituto del patteggiamento in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, offre una via per la definizione concordata del processo nel secondo grado di giudizio. Tuttavia, la sua natura di negozio processuale impone limiti precisi alle parti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Num. 33420/2025) chiarisce un punto fondamentale: le questioni non incluse nell’accordo originario non possono essere sollevate successivamente con un ricorso per cassazione. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dai giudici.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna in primo grado per il reato di riciclaggio. L’imputato, anziché affrontare un giudizio di appello ordinario, optava per la via del concordato sulla pena. La Corte di Appello di Napoli, accogliendo l’accordo tra le parti, rideterminava la sanzione inflitta.
Successivamente, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge. A suo dire, la Corte d’Appello non aveva valutato la possibilità di sostituire la pena detentiva, una facoltà di cui egli sosteneva di non essere stato informato.
Il Patteggiamento in Appello e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione sulla natura stessa del patteggiamento in appello. Questo istituto si configura come un vero e proprio accordo processuale, liberamente stipulato tra l’imputato e l’accusa. Le condizioni, inclusa la misura della pena e le eventuali sanzioni accessorie o sostitutive, devono essere integralmente definite all’interno della proposta.
Nel caso di specie, la richiesta di sostituzione della pena detentiva non era mai stata inserita nell’accordo proposto dall’imputato stesso e poi accettato. Introdurre tale questione per la prima volta in sede di legittimità equivale a tentare di modificare unilateralmente un patto già perfezionato e consacrato nella decisione del giudice.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha sottolineato che il patteggiamento in appello è un negozio processuale che, una volta concluso, non può essere alterato da una delle parti. La possibilità di richiedere la sostituzione della pena detentiva era già prevista dall’ordinamento al momento dell’accordo e, pertanto, doveva essere conosciuta dall’imputato e dal suo difensore. Non spetta all’ufficio giudiziario sollecitare o informare le parti di tutte le opzioni procedurali disponibili; è onere della difesa formulare una proposta completa che includa tutte le richieste desiderate.
Citando un precedente giurisprudenziale (Cass. n. 19983/2020), i giudici hanno ribadito che l’accordo, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, fatta salva solo l’ipotesi di una pena concordata che risulti illegale. Poiché la mancata sostituzione della pena non ne costituisce un’illegalità, il ricorso non aveva fondamento.
Le Conclusioni
La decisione riafferma la natura vincolante del patteggiamento in appello. Chi sceglie questa strada processuale deve essere consapevole che la proposta di accordo deve essere completa e onnicomprensiva. Ogni richiesta, inclusa quella di applicazione di pene sostitutive, deve essere esplicitamente formulata e negoziata prima che l’accordo venga accettato dalla controparte e ratificato dal giudice. Qualsiasi tentativo di introdurre nuove questioni in un momento successivo, specialmente in sede di ricorso per cassazione, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile modificare un accordo di ‘patteggiamento in appello’ dopo che è stato accettato dal giudice?
No, secondo la Corte, il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, salvo l’ipotesi di illegalità della pena concordata.
Cosa succede se un ricorso per cassazione solleva una questione non inclusa nell’accordo di patteggiamento in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile, poiché introduce una questione che non aveva formato oggetto dell’accordo sulla pena proposto e accettato dalle parti.
È onere del giudice informare l’imputato della possibilità di richiedere la sostituzione della pena detentiva nel patteggiamento in appello?
No, la Corte ha specificato che la possibilità di sostituzione della pena era già prevista dall’ordinamento e doveva essere conosciuta dal ricorrente, il quale avrebbe dovuto includere tale richiesta nella sua proposta di accordo, indipendentemente da sollecitazioni dell’ufficio giudiziario.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33420 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 33420 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Torre del Greco il 07/04/1992, avverso la sentenza del 08/05/2025 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli in esito a concordato sulla pena ex art. 599-bis cod. proc. pen. rideterminava la sanzione inflitta al ricorrente in primo grado in ordine al reato di riciclaggio.
Ricorre per cassazione l’imputato deducendo violazione di legge per non avere la Corte valutato l’istanza di sostituzione della pena detentiva, della cui possibilità non era stato informato.
Il ricorso è inammissibile poiché con esso si deduce una questione che non aveva formato oggetto dell’accordo sulla pena proposto dal medesimo ricorrente ed accettato nei termini da lui stesso decisi, i quali non prevedevano la richiesta di sostituzione della pena detentiva, la cui possibilità era stata introdotta nell’ordinamento e doveva essere conosciuta al ricorrente indipendentemente dalle sollecitazioni provenienti dall’ufficio.
In tema di “patteggíamento in appello” ex art. 599-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 56, legge 23 giugno 2017, n. 103, è inammissibile il ricorso per cassazione
proposto in relazione alla misura della pena concordata, atteso che il negozio processu liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, no essere unilateralmente modificato, salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata 3, n. 19983 del 09/06/2020, COGNOME, Rv. 279504).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrent pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa del Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nel determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso, il 12/09/2025.