Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Precluso
L’istituto del patteggiamento in appello, o più tecnicamente ‘concordato in appello’ previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini e gli effetti di tale accordo, chiarendo in modo inequivocabile i limiti del successivo ricorso per Cassazione.
I Fatti del Caso: Il Ricorso dopo il Concordato
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello di Napoli. In quella sede, l’imputato aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale per la rideterminazione della pena, accedendo così al rito del patteggiamento in appello. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che la Corte d’Appello avrebbe dovuto proscioglierlo per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p. (ad esempio, perché il fatto non costituisce reato) anziché limitarsi a recepire l’accordo sulla pena.
Limiti al Giudizio dopo il Patteggiamento in Appello
La questione giuridica centrale riguarda l’ampiezza dei poteri del giudice d’appello una volta che le parti hanno formalizzato una richiesta di concordato. L’imputato, aderendo a tale rito, rinuncia implicitamente ai motivi di appello non oggetto dell’accordo. Questo atto di rinuncia produce un effetto devolutivo limitato: la cognizione del giudice viene circoscritta esclusivamente alla valutazione della correttezza dell’accordo raggiunto tra le parti.
La Suprema Corte ha confermato questo orientamento, richiamando un proprio precedente consolidato (Cass. n. 52803/2018). Quando l’imputato rinuncia ai motivi di appello per patteggiare la pena, la cognizione del giudice è vincolata ai soli motivi che non sono stati oggetto di rinuncia. Di conseguenza, il giudice non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per le cause di cui all’art. 129 c.p.p., né a verificare l’eventuale sussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione netta e basata sulla natura stessa dell’istituto del concordato in appello.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano sul principio che la scelta di accedere al patteggiamento in appello è una scelta processuale che implica una rinuncia. L’imputato, accettando di concordare la pena, accetta anche di limitare il perimetro del giudizio. Pretendere che il giudice, nonostante l’accordo, svolga una valutazione completa su tutti i possibili esiti assolutori equivarrebbe a snaturare l’istituto, trasformandolo in un’opzione priva di qualsiasi effetto vincolante per l’appellante.
La Corte ha quindi stabilito che il motivo di ricorso, incentrato sulla presunta inadeguata motivazione in ordine al mancato proscioglimento, non è consentito proprio alla luce della modalità definitoria prescelta dalle parti. L’accordo sulla pena esaurisce l’oggetto del giudizio d’appello, precludendo ulteriori doglianze sul merito della vicenda.
Le conclusioni
In conclusione, questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: il patteggiamento in appello è un atto dispositivo che limita irrevocabilmente il diritto di impugnazione. L’imputato che sceglie questa via deve essere consapevole che la sua rinuncia ai motivi di appello preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative al merito della responsabilità penale, inclusa la mancata applicazione di una formula di proscioglimento. La declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, serve da monito sulla serietà e definitività di tale scelta processuale.
È possibile ricorrere in Cassazione per mancato proscioglimento dopo aver concordato la pena in appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la richiesta di patteggiamento in appello comporta la rinuncia ai motivi di gravame, limitando la cognizione del giudice ai soli termini dell’accordo. Pertanto, un motivo basato sul mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. è inammissibile.
Cosa succede quando un imputato rinuncia ai motivi di appello per un patteggiamento?
Quando un imputato rinuncia ai motivi di appello per accedere al concordato, la cognizione del giudice di secondo grado è limitata ai soli motivi non oggetto di rinuncia. Il giudice non deve motivare sul mancato proscioglimento né sull’insussistenza di cause di nullità o inutilizzabilità delle prove.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8838 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8838 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato a NAPOLI il 30/04/1998
avverso la sentenza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avv o alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
– che l’imputato COGNOME NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza emessa nei suoi co dalla Corte di appello di Napoli, in accoglimento della richiesta di concordato ai se 599-bis cod. proc. pen.;
– che l’unico motivo proposto – con il quale il ricorrente contesta una presunta i motivazione in ordine mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause p dall’art. 129 cod. proc. pen – non è consentito alla luce della modalità definitor poiché, «in tema di “patteggiamento in appello” come reintrodotto ad opera dell’art. 56, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di cause di nullit inutilizzabilità delle prove, in quanto, in ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’i una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudic ai motivi non oggetto di rinuncia» (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Bouachra, Rv. 27
– che la declaratoria di inammissibilità del ricorso, scrutinato de plano ex art. 5-bis, cod. proc. pen., comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese pr e della somma di euro 4.000,00 a favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
Così deciso, il 12 febbraio 2025
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