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Patteggiamento in appello: limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza emessa a seguito di patteggiamento in appello. L’imputato contestava l’entità della pena concordata, ma la Corte ribadisce che il ricorso è possibile solo per vizi specifici, come l’illegalità della sanzione, non per una mera valutazione di congruità. L’ordinanza chiarisce i confini dell’impugnazione in questi casi.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando è Possibile Ricorrere in Cassazione?

Il patteggiamento in appello, introdotto dalla Legge n. 103 del 2017 e disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da eseguire, rinunciando ai motivi di gravame. Ma cosa succede se, dopo l’accordo, una delle parti non è soddisfatta della sentenza emessa dalla Corte d’Appello? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i ristretti limiti entro cui è possibile impugnare tale decisione.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un imputato aveva proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bari, emessa a seguito di un accordo sulla pena. Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo all’entità della sanzione concordata. Sostanzialmente, pur avendo accettato l’accordo, contestava la congruità della pena applicata, senza però dedurre che essa fosse illegale.

I Limiti del Ricorso e il consolidato orientamento sul patteggiamento in appello

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso manifestamente infondato, ha colto l’occasione per ribadire il proprio orientamento consolidato sul patteggiamento in appello. Quando le parti raggiungono un accordo, l’effetto devolutivo dell’impugnazione si restringe drasticamente. Il giudice di secondo grado non è tenuto a motivare il mancato proscioglimento dell’imputato per le cause previste dall’art. 129 c.p.p. (come l’evidenza dell’innocenza) né a verificare la sussistenza di nullità assolute o l’inutilizzabilità delle prove. La sua cognizione è limitata ai punti non coperti dalla rinuncia.

Di conseguenza, anche il successivo ricorso in Cassazione è ammissibile solo per motivi molto specifici, quali:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Mancanza o vizio del consenso del pubblico ministero.
3. Una pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
4. L’illegalità della pena inflitta, ad esempio perché superiore ai limiti massimi, inferiore ai minimi edittali o di una specie diversa da quella prevista dalla legge per quel reato.

Non è invece ammissibile un ricorso che contesti la congruità o l’adeguatezza della pena, se questa rientra nei limiti legali, poiché tale valutazione è coperta dall’accordo stesso e dalla rinuncia ai motivi di appello.

La Decisione della Cassazione

Sulla base di questi principi, la Corte ha rigettato il ricorso.

Le Motivazioni

I giudici hanno osservato che il ricorrente si era limitato a denunciare una generica violazione di legge e un vizio di motivazione sull’entità della pena, senza però allegare alcuna ragione specifica per cui tale pena dovesse considerarsi ‘illegale’. La sua doglianza si risolveva in una mera critica alla quantificazione della sanzione, un aspetto che, con l’accettazione del concordato, aveva rinunciato a contestare. Pertanto, il ricorso non rientrava in nessuna delle ipotesi che consentono l’impugnazione di una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha dichiarato il ricorso inammissibile ‘de plano’, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis c.p.p. Come conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione conferma la natura tombale dell’accordo in appello: una volta raggiunto, le possibilità di rimetterlo in discussione sono estremamente limitate e circoscritte a vizi procedurali o a un’evidente illegalità della pena, escludendo ogni riesame nel merito della sua congruità.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento in appello?
Sì, ma solo per motivi specifici. Il ricorso è ammissibile se riguarda vizi nella formazione della volontà delle parti, il consenso del pubblico ministero, un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, o se la pena applicata è illegale (cioè non prevista dalla legge o al di fuori dei limiti edittali).

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Perché il ricorrente contestava l’entità della pena senza sostenere che fosse illegale. Una critica sulla congruità della sanzione non rientra tra i motivi ammessi per impugnare una sentenza di patteggiamento in appello, in quanto tale valutazione è coperta dall’accordo stesso e dalla rinuncia ai motivi di gravame.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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