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Patteggiamento in Appello: Limiti all’Impugnazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26968/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di secondo grado emessa a seguito di un patteggiamento in appello. La Corte ha chiarito che, una volta raggiunto l’accordo e rinunciato ai motivi di merito, l’imputato non può riproporre le stesse censure in sede di legittimità, poiché su di esse si è formato il giudicato. L’impugnazione è consentita solo per vizi specifici, come quelli relativi alla formazione della volontà delle parti o all’illegalità della pena.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il patteggiamento in appello, introdotto dalla Legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando) all’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, a fronte della rinuncia a determinati motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 26968 del 2024, ha ribadito con fermezza i limiti invalicabili di questo istituto, chiarendo quando un successivo ricorso per cassazione debba essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un imputato aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. Tale sentenza era stata emessa proprio in accoglimento di un accordo tra le parti. Nello specifico, l’imputato aveva concordato di rinunciare ai motivi di appello “di merito”, inclusi quelli relativi alla concessione delle attenuanti generiche, in cambio di una rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Nonostante l’accordo, l’imputato ha successivamente tentato di portare la questione davanti alla Suprema Corte, sollevando censure che, di fatto, riproponevano i punti oggetto della sua precedente rinuncia.

La Decisione della Corte: i Confini del Patteggiamento in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, trattandolo con la procedura semplificata “de plano”. La decisione si fonda su un principio cardine: la scelta di aderire al patteggiamento in appello è una scelta processuale libera che produce effetti vincolanti e definitivi sui punti oggetto di rinuncia. Proporre un ricorso per cassazione su motivi ai quali si è già rinunciato è una pratica non consentita, poiché su tali questioni si è già formato il “giudicato”, ovvero una decisione non più contestabile.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni su diversi punti chiave:

1. Formazione del Giudicato: La rinuncia ai motivi di appello, accettata dalla controparte e recepita dal giudice, cristallizza la decisione su quei capi e punti. Di conseguenza, non è possibile rimetterli in discussione in un successivo grado di giudizio. A causa dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, una volta che l’imputato rinuncia a certi motivi, la cognizione del giudice è limitata solo a quelli che non sono stati oggetto di rinuncia.

2. Limiti al Ricorso per Cassazione: La Corte ha specificato che le uniche doglianze ammissibili contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. sono estremamente circoscritte. Esse possono riguardare:
* Eventuali vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo.
* Un contenuto della sentenza difforme rispetto a quanto concordato.
* Vizi nella determinazione della pena che si traducano in una sanzione illegale, non meramente sproporzionata.

3. Qualificazione Giuridica del Fatto: L’accordo tra le parti include implicitamente anche l’accettazione della qualificazione giuridica del fatto. Pertanto, non è possibile censurare tale qualificazione in Cassazione, salvo il caso di pena illegale.

4. Spese Civili: Anche la censura relativa alla condanna al pagamento delle spese in favore della parte civile è stata respinta. La Corte ha osservato che il ricorrente si era limitato a una contestazione generica, senza indicare le ragioni specifiche per cui la liquidazione operata dalla Corte d’Appello sarebbe stata errata o ingiusta.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: il patteggiamento in appello è un accordo processuale serio e con conseguenze definitive. Chi sceglie questa strada deve essere pienamente consapevole che sta barattando la possibilità di contestare il merito della decisione con la certezza di una pena concordata. La rinuncia ai motivi di appello non è un atto formale, ma una scelta che preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso in Cassazione. La porta della Suprema Corte resta aperta solo per contestare la validità dell’accordo stesso o l’illegalità della pena irrogata, non per rimettere in discussione ciò che è già stato liberamente negoziato e deciso.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di patteggiamento in appello?
No, non è possibile proporre censure che attengano ai motivi oggetto di rinuncia, poiché su di essi si è già formato il giudicato a seguito dell’accordo processuale.

Quali sono gli unici motivi validi per ricorrere in Cassazione dopo un accordo in appello ex art. 599-bis c.p.p.?
I motivi ammissibili sono limitati a eventuali vizi nella formazione della volontà delle parti, a un contenuto della sentenza difforme dall’accordo, o a vizi nella determinazione della pena che si traducano in una sanzione illegale.

La rinuncia ai motivi di appello nell’accordo preclude anche la possibilità di contestare la qualificazione giuridica del fatto?
Sì, l’accordo delle parti sui punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, inclusa quella sulla qualificazione giuridica del fatto, con la sola eccezione dell’irrogazione di una pena illegale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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