Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19636 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 19636 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 31/01/1984
avverso la sentenza del 03/06/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visto il provvedimento impugnato, datato 3.6.2024, con cui la Corte d’Appello di Catania ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., ha confermato la sentenza di condanna a carico NOME COGNOME per il reato di furto aggravato in privata dimora, rideterminando la pen suoi confronti in adesione all’accordo delle parti (anni 2 e mesi 4 e giorni 20 di reclusione a 600 euro di multa), esclusa la recidiva.
Considerato che l’unico motivo di ricorso avverso la citata sentenza d’appello propost dall’imputato, tramite il difensore di fiducia, con cui si denuncia carenza ed illogicit motivazione della sentenza d’appello, ritenendo non adeguatamente argomentata la dosimetria sanzionatoria, con riguardo ai parametri dell’art. 133 cod. pen., è inammissibile.
Infatti, in tema di “patteggiamento in appello”, come reintrodotto ad opera dell’ar comma 56, della legge 23 giugno 2017, n. 103, sono inammissibili le doglianze relative a motiv rinunciati (cfr. Sez. 2, n. 22002 del 10/4/2019, COGNOME, Rv. 276102, che ha, altresì, c il perimetro delle censure, invece, ammissibili in sede di giudizio di legittimità), nonchè aventi ad oggetto il trattamento sanzionatorio, tranne che nei casi di illegalità.
Invero, il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato ne decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, salva l’ipotesi di illegalità pena concordata (Sez. 3, n. 19983 del 9/6/2020, COGNOME, Rv. 279504; Sez. 5, n. 7333 del 13/11/2018, dep. 2019, Alessandria, Rv. 275234; cfr. con riferimento all’omologo istitu dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen., poi abrogato: Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gall Rv. 226715).
In particolare, si rammenta che, secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite nella cit sentenza n. 5466 del 2004, non deve essere valutata neppure la congruità della pena ma solo la sua legalità; le ragioni addotte, e relative al trattamento sanzionatorio non illegale, ritenersi precluse, infatti, dall’implicita rinuncia a farle valere contenuta nella stessa proposta determinazione del trattamento sanzionatorio in una certa misura (per usare l’espressione del massimo collegio nomofilattico).
Ancora può aggiungersi, a riprova della manifesta infondatezza e dell’inammissibilità de ricorso, che il giudice di appello, non ha altra scelta se non quella tra conformarsi all’a convenuto tra le parti ovvero disattenderlo, procedendo al giudizio ordinario, in ossequio previsione espressa dal terzo comma dell’art. 599 cod. proc. pen., secondo un principio che questa Corte aveva già affermato, in tema di cd. patteggiamento in appello, ritenendo vincolant per il giudice la pena finale nella sua integrità (cfr. Sez. 6, n. 4125 del 02/03/1999, Martin 213676; vedi anche Sez. 6, n. 4665 del 20/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278114).
Dunque, il profilo di censura riferito alla carenza di motivazione quanto alla congruità
trattamento sanzionatorio non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità, non avendo avu ricadute sulla misura legale della pena finale inflitta, neppure messa in discussione dal difens
3. Alla declaratoria d’inammissibilità segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pe condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché,
ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul punto Corte Cost del 2000), al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo
e congruo determinare in euro 4.000.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 febbraio 2025.