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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello. L’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello per concordare la pena, ma ha poi contestato la mancata disapplicazione della recidiva. La Corte ha stabilito che i motivi rinunciati, come la valutazione della recidiva, non possono essere oggetto di un successivo ricorso in Cassazione, confermando la natura vincolante dell’accordo.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: i Limiti del Ricorso in Cassazione

Il patteggiamento in appello, o più tecnicamente ‘concordato sui motivi di appello’, è uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo tra accusa e difesa sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo definitivo i limiti del successivo ricorso avverso la sentenza che ratifica tale accordo. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.

Il Caso in Esame: Dal Concordato al Ricorso

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. In sede di appello, la difesa aveva raggiunto un accordo con la Procura Generale, rinunciando ai motivi di gravame originari in cambio di una determinata pena, secondo la procedura prevista dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo, l’imputato ha successivamente proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione per la mancata disapplicazione della recidiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità riguardante la natura e gli effetti del patteggiamento in appello.

La Logica dietro il Patteggiamento in Appello

La Corte ha ribadito che, con la reintroduzione di questo istituto (Legge n. 103/2017), la scelta di concordare la pena in appello comporta una rinuncia ai motivi di impugnazione. A causa dell’effetto devolutivo proprio del processo di appello, una volta che le parti rinunciano ai motivi, la cognizione del giudice è strettamente limitata ai punti non oggetto di rinuncia.

Questo significa che il giudice d’appello, nel ratificare l’accordo, non è tenuto a motivare:

* Sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p. (es. il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso).
* Sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove.

La rinuncia ai motivi di appello preclude la possibilità di sollevare nuovamente tali questioni in una sede successiva.

Le Motivazioni della Decisione di Inammissibilità

La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di patteggiamento in appello è ammissibile solo per vizi specifici che attengono alla formazione dell’accordo stesso. In particolare, è possibile ricorrere solo per contestare:

1. La formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Il consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto della pronuncia del giudice difforme da quello concordato.
4. L’illegalità della sanzione inflitta, qualora sia al di fuori dei limiti di legge.

Nel caso di specie, il ricorrente lamentava la mancata disapplicazione della recidiva. Tuttavia, tale doglianza rientra tra i motivi ai quali l’imputato aveva implicitamente rinunciato aderendo all’accordo sulla pena. La valutazione sulla recidiva è un elemento che concorre alla determinazione della pena finale, oggetto dell’accordo stesso. Pertanto, non rientra tra i vizi deducibili in Cassazione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza conferma un orientamento ormai granitico: la scelta del patteggiamento in appello è una decisione processuale strategica con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che, accettando di concordare la pena, si preclude la possibilità di far valere in Cassazione qualsiasi motivo oggetto della rinuncia. La contestazione di aspetti relativi alla determinazione della pena, come la valutazione delle circostanze aggravanti (inclusa la recidiva), diventa inammissibile. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver concordato la pena in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammesso se riguarda vizi nella formazione della volontà di accordarsi, nel consenso del PM, una decisione del giudice diversa dall’accordo, o l’illegalità della pena inflitta (ad esempio, se è fuori dai limiti edittali).

Perché il ricorso sulla mancata disapplicazione della recidiva è stato dichiarato inammissibile?
Perché la valutazione della recidiva è un elemento che incide sulla determinazione della pena. Accettando il patteggiamento in appello, l’imputato rinuncia a tutti i motivi di impugnazione che riguardano il merito e la commisurazione della sanzione, inclusa la gestione della recidiva. Tale questione, quindi, non può essere riproposta in Cassazione.

Cosa comporta la rinuncia ai motivi di appello nel concordato?
Comporta che la cognizione del giudice di appello viene limitata ai soli aspetti non coperti dalla rinuncia. Il giudice non deve più motivare sul perché non proscioglie l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. o sulla presenza di eventuali nullità, poiché l’accordo tra le parti supera e assorbe tali questioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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