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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 45933/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza basata su un patteggiamento in appello. La Corte ha stabilito che, una volta raggiunto l’accordo sulla pena, questo non può essere contestato nel merito per la sua congruità, salvo rari casi di palese illegalità della sanzione. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando l’Accordo sulla Pena Diventa Intoccabile

Il patteggiamento in appello è uno strumento processuale che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado, ma quali sono i limiti per contestare tale accordo? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: una volta siglato e ratificato dal giudice, l’accordo sulla misura della pena non può essere messo in discussione con un ricorso per cassazione, se non in casi eccezionali. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria. Quest’ultima, accogliendo un accordo tra le parti (il cosiddetto ‘concordato’ o patteggiamento in appello), aveva rideterminato la pena per reati legati alle armi e alla ricettazione in un anno e otto mesi di reclusione, oltre a una multa di 1800 euro.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una presunta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza. In particolare, contestava la congruità della pena, la valutazione sulla sua responsabilità e il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante.

La Decisione della Corte di Cassazione sul patteggiamento in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso ‘manifestamente inammissibile’. Questa decisione si fonda su una regola precisa del nostro ordinamento processuale penale, consolidata dalla giurisprudenza. La Corte ha chiarito che il negozio processuale, liberamente stipulato tra accusa e difesa e recepito nella decisione del giudice d’appello, non può essere successivamente modificato unilateralmente dall’imputato.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha basato la sua decisione sull’interpretazione dell’articolo 599-bis del codice di procedura penale, che disciplina appunto il patteggiamento in appello. Le motivazioni possono essere riassunte nei seguenti punti chiave:

1. Natura dell’Accordo: Il patteggiamento è un accordo volontario tra le parti. Accettandolo, l’imputato rinuncia a contestare nel merito alcuni aspetti della sentenza, in cambio di una pena concordata. Mettere in discussione la congruità della pena dopo averla accettata equivarrebbe a violare il patto processuale.

2. Limiti all’Impugnazione: Il ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato è ammesso solo per motivi specifici. Questi includono vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo, il dissenso del pubblico ministero o una decisione del giudice non conforme a quanto pattuito. Sono invece inammissibili le doglianze relative ai motivi d’appello cui si è rinunciato, come la valutazione sulla congruità della pena.

3. L’Eccezione dell’Illegalità della Pena: L’unica vera eccezione a questa regola si verifica quando la pena concordata è ‘illegale’. Ciò significa che la sanzione non rientra nei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato, o è di una specie diversa da quella prescritta. Nel caso di specie, il ricorrente non lamentava un’illegalità della pena, ma solo una sua presunta ‘incongruità’, un vizio che non può essere fatto valere in questa sede.

Le Conclusioni

La pronuncia della Cassazione rafforza la stabilità degli accordi processuali. La decisione di accedere a un patteggiamento in appello è una scelta strategica che comporta benefici ma anche rinunce. La principale rinuncia è proprio quella di contestare la misura della pena concordata. Pertanto, chi sceglie questa strada deve essere consapevole che, salvo vizi genetici dell’accordo o palesi illegalità, la sentenza che ne deriva sarà definitiva e non ulteriormente contestabile nel merito. La Corte, dichiarando l’inammissibilità, ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3000 euro alla cassa delle ammende, a sottolineare la pretestuosità del ricorso.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa con un patteggiamento in appello?
No, di norma non è possibile. Una volta che le parti hanno liberamente concordato la pena e il giudice ha ratificato l’accordo, non si può più contestare la sua congruità. L’accordo è un negozio processuale che vincola le parti.

In quali casi è ammesso un ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento in appello?
Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici, come un vizio nella formazione della volontà delle parti (ad esempio, un consenso estorto), un dissenso del pubblico ministero, o se la pena applicata dal giudice è illegale, ovvero non rientra nei limiti previsti dalla legge per quel reato.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento in appello?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, come nel caso esaminato, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, poiché si ritiene che abbia proposto un’impugnazione senza fondamento giuridico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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