Patteggiamento in appello: quando il ricorso in Cassazione è escluso
L’istituto del patteggiamento in appello, reintrodotto con la Legge n. 103/2017, rappresenta uno strumento fondamentale per la definizione concordata dei processi penali nel secondo grado di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiarificazione sui limiti all’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di tale accordo, stabilendo principi netti sulla rinuncia implicita a determinate censure. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Il caso nasce dal ricorso presentato dal difensore di un imputato condannato in primo grado per il reato di rapina aggravata. In sede di appello, le parti avevano raggiunto un accordo ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, e la Corte di Appello di Napoli aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la pena detentiva in tre anni, sei mesi e venti giorni di reclusione, lasciando invariata la pena pecuniaria.
Nonostante l’accordo raggiunto, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando una ‘mancata e illogica motivazione’ della sentenza d’appello in relazione alle censure originariamente esposte nei motivi di gravame. Si contestava, in sostanza, che la Corte territoriale non avesse adeguatamente argomentato la sua decisione.
La Decisione della Corte sul patteggiamento in appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno affermato un principio cardine relativo agli effetti del patteggiamento in appello: l’accordo sulla pena non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma produce anche effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale successivo, compreso il giudizio di legittimità.
Questo significa che, accettando di concordare la pena, l’imputato rinuncia implicitamente a far valere questioni che non siano strettamente legate a vizi genetici dell’accordo stesso.
Le Motivazioni della Sentenza
La Suprema Corte ha spiegato che, analogamente a quanto accade con la rinuncia all’impugnazione, l’accordo ex art. 599-bis c.p.p. implica l’accettazione della decisione sulla base di quell’intesa. Di conseguenza, le uniche doglianze che possono essere validamente sollevate in Cassazione contro una sentenza di questo tipo sono quelle relative a:
1. Vizi della volontà: se il consenso della parte all’accordo non è stato espresso liberamente e consapevolmente.
2. Mancato consenso del PM: qualora manchi il necessario assenso del pubblico ministero all’accordo.
3. Contenuto difforme: se la pronuncia del giudice non rispecchia l’accordo raggiunto tra le parti.
4. Applicazione di una pena illegale: nel caso in cui la pena concordata sia contraria alla legge (ad esempio, perché inferiore ai minimi edittali o calcolata in modo errato).
Nel caso specifico, il motivo di ricorso era del tutto generico (‘mancata e illogica motivazione’) e non rientrava in nessuna delle categorie ammesse. L’imputato, attraverso l’accordo, aveva di fatto rinunciato a contestare tali aspetti, rendendo il suo ricorso inammissibile.
Conclusioni: le implicazioni pratiche
Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro e di notevole rilevanza pratica. Chi sceglie la via del patteggiamento in appello deve essere pienamente consapevole che sta compiendo una scelta strategica che preclude, di norma, un ulteriore grado di giudizio in Cassazione per contestare il merito della decisione. La possibilità di ricorrere è confinata a ipotesi tassative che attengono alla validità dell’accordo stesso e non più alla fondatezza delle accuse o alla congruità della pena concordata. Per i difensori, ciò impone un’attenta valutazione dei pro e contro dell’accordo, informando chiaramente l’assistito delle conseguenze processuali di tale scelta, che cristallizza la decisione in modo quasi definitivo.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione dopo un patteggiamento in appello?
No, il ricorso è inammissibile per le questioni alle quali l’interessato ha di fatto rinunciato aderendo all’accordo sulla pena. L’impugnazione è consentita solo per vizi specifici che riguardano la formazione dell’accordo o l’illegalità della pena applicata.
Quali sono i motivi validi per impugnare una sentenza emessa dopo un concordato in appello?
I motivi validi sono quelli relativi a eventuali vizi della volontà della parte nell’accedere all’accordo, al mancato consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza difforme dalla richiesta delle parti o all’applicazione di una pena illegale.
Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile in Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la sanzione è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34672 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 34672 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME Villaricca il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE di APPELLO di NAPOLI
Esaminati gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 19/12/2023 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Gip del Tribunale di Napoli Nord del 11/01/2023, appellata da NOME COGNOME, ha ridetermiNOME la pena, su concorde richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 599-bis cod. pen., in anni tre, mesi sei e giorni vent di reclusione, invariata la pena pecuniaria inflitta in primo grado, in relazione al reato di rapina aggravata ascritto.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, eccependo la mancata e illogica motivazione del provvedimento rispetto alle censure esposte nei motivi di appello.
Il ricorso è inammissibile.
A seguito della reintroduzione dell’istituto del cd. patteggiamento in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103, è inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599-bis cod. proc. pen. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione, le uniche doglianze proponibili contro una sentenza emanata all’esito del concordato ex art. 599-bis cit. essendo quelle relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta, al contenuto difforme della pronuncia e all’applicazione della pena illegale (aspetti estranei al generico motivo di ricorso).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende nella misura indicata in dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 24/07/2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente