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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver concordato la pena in secondo grado tramite il cosiddetto “patteggiamento in appello”, aveva impugnato la sentenza per mancata applicazione delle cause di non punibilità. La Corte ha chiarito che la rinuncia ai motivi di appello limita la cognizione del giudice, escludendo l’obbligo di valutare d’ufficio le cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. per i punti rinunciati.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando la Rinuncia ai Motivi Blocca il Ricorso in Cassazione

Il patteggiamento in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale che consente alle parti di accordarsi sulla definizione del giudizio di secondo grado. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui limiti del successivo ricorso per Cassazione, specialmente quando l’imputato lamenta la mancata applicazione delle cause di proscioglimento. Analizziamo insieme la decisione e le sue importanti conseguenze pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un procedimento penale in cui un imputato, condannato per tentato furto aggravato e ricettazione, decideva di ricorrere in appello. In quella sede, l’imputato e il Procuratore Generale raggiungevano un accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. (il cosiddetto patteggiamento in appello). L’accordo prevedeva la rinuncia a tutti i motivi di appello, ad eccezione di quelli relativi al trattamento sanzionatorio, in cambio di una determinata pena.

La Corte d’Appello, preso atto dell’accordo, emetteva la sentenza concordata. Tuttavia, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sollevando un unico motivo: il vizio di motivazione della sentenza d’appello in relazione alla mancata valutazione della sussistenza di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte: il Patteggiamento in Appello e i Suoi Effetti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine della procedura penale: l’effetto devolutivo dell’impugnazione. Secondo i giudici supremi, una volta che l’imputato ha volontariamente rinunciato a specifici motivi di appello per accedere al patteggiamento in appello, la cognizione del giudice di secondo grado viene circoscritta esclusivamente ai punti che non sono stati oggetto di rinuncia.

Di conseguenza, la Corte d’Appello non era tenuta a motivare sul perché non avesse prosciolto l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., poiché tale questione era coperta dalla rinuncia ai motivi relativi all’affermazione di responsabilità.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha ribadito che l’istituto del concordato in appello, reintrodotto dalla Legge n. 103/2017, ha una natura negoziale che produce effetti processuali vincolanti. La rinuncia ai motivi di appello non è un mero atto formale, ma una scelta strategica che limita irrevocabilmente l’oggetto del giudizio.

Il ragionamento è il seguente: l’obbligo del giudice di dichiarare d’ufficio le cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. sussiste finché il giudice ha piena cognizione del merito della causa. Tuttavia, con il patteggiamento in appello, l’imputato stesso, attraverso la rinuncia, sottrae al giudice la valutazione dei motivi legati alla sua colpevolezza. Il perimetro del giudizio si restringe, per volontà delle parti, ai soli aspetti non rinunciati (in questo caso, la misura della pena).

Citando un proprio precedente (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018), la Corte ha affermato che, a seguito della rinuncia, il giudice d’appello non ha più il potere-dovere di esaminare il merito della responsabilità e, pertanto, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento. Proporre un ricorso in Cassazione su un punto a cui si è espressamente rinunciato è, quindi, una palese contraddizione che rende l’impugnazione inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Per gli avvocati e i loro assistiti, emerge chiaramente che la scelta di accedere al patteggiamento in appello deve essere ponderata con estrema attenzione. Sebbene possa offrire il vantaggio di una pena concordata e potenzialmente più mite, essa comporta la cristallizzazione dell’affermazione di responsabilità.

Qualsiasi tentativo successivo di rimettere in discussione la colpevolezza, anche sotto il profilo della mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., è destinato a scontrarsi con l’effetto preclusivo della rinuncia. La decisione di rinunciare ai motivi di appello è, a tutti gli effetti, una strada senza ritorno che preclude la possibilità di sollevare tali questioni dinanzi alla Corte di Cassazione.

Dopo un ‘patteggiamento in appello’ è possibile ricorrere in Cassazione lamentando la mancata assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p.?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che se l’imputato ha rinunciato ai motivi di appello relativi alla responsabilità per accedere al patteggiamento, non può successivamente impugnare la sentenza per mancata applicazione delle cause di proscioglimento, poiché tale questione esula dalla cognizione del giudice d’appello, limitata dall’accordo tra le parti.

Qual è l’effetto principale della rinuncia ai motivi di appello in questa procedura?
L’effetto principale è la limitazione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione. Ciò significa che la cognizione del giudice viene ristretta ai soli punti che non sono stati oggetto di rinuncia. Di conseguenza, il giudice non deve più esaminare o motivare sugli aspetti della causa a cui l’imputato ha rinunciato.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, a seguito della reintroduzione del ‘patteggiamento in appello’, la cognizione del giudice di secondo grado è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia. Avendo l’imputato rinunciato ai motivi sulla responsabilità, il giudice d’appello non era tenuto a motivare sul mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p., rendendo il ricorso per Cassazione su tale punto privo di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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