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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 35669/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento in appello. La Corte ha stabilito che l’accordo sulla pena preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative alla mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p., in quanto tali motivi si considerano rinunciati.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Precluso

Il patteggiamento in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, questa scelta strategica comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare la decisione successiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi confini del ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di tale accordo, chiarendo quali motivi si intendono rinunciati.

I Fatti del Caso

Nel caso in esame, un imputato, dopo aver concordato la pena in Corte d’Appello, ha proposto ricorso per cassazione. La doglianza principale si fondava sulla presunta violazione di legge e sul vizio di motivazione per il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. Secondo la difesa, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto, prima di ratificare l’accordo, verificare la sussistenza di evidenti cause di assoluzione e, in caso positivo, prosciogliere l’imputato anziché applicare la pena concordata.

La Decisione della Cassazione sul Patteggiamento in Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso palesemente inammissibile. I giudici di legittimità hanno confermato un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo cui l’accesso al patteggiamento in appello limita drasticamente le successive possibilità di impugnazione. L’accordo tra imputato e Procura Generale sulla rideterminazione della pena implica una rinuncia implicita a far valere altre censure, incluse quelle relative alla mancata applicazione delle formule di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che il ricorso in cassazione avverso una sentenza ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per questioni attinenti alla formazione della volontà dell’imputato, al consenso del Procuratore Generale o a un contenuto della pronuncia difforme rispetto all’accordo raggiunto. Qualsiasi altra doglianza, specialmente se relativa a motivi di appello a cui si è rinunciato per accedere al concordato, è inammissibile.

Il potere dispositivo riconosciuto alle parti dall’istituto del patteggiamento in appello non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma produce un effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di legittimità. In altre parole, l’imputato che sceglie di accordarsi sulla pena non può, in un secondo momento, lamentare la mancata valutazione di elementi che avrebbero potuto condurre a un’assoluzione. Questo principio, definito dalla Corte come ius receptum, era già stato affermato in numerose pronunce precedenti, sia con riferimento alla nuova disciplina che a quella previgente.

Di conseguenza, il giudice d’appello che accoglie la richiesta di concordato non è tenuto a motivare né sul mancato proscioglimento dell’imputato né sull’insussistenza di circostanze aggravanti, poiché l’effetto devolutivo dell’impugnazione è stato neutralizzato proprio dall’accordo delle parti. La rinuncia ai motivi d’appello restringe il campo del giudizio a quanto pattuito, escludendo ogni altra questione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un punto fermo della procedura penale: la scelta del patteggiamento in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente i benefici di un accordo sulla pena contro la perdita della possibilità di contestare nel merito la propria responsabilità. Una volta siglato l’accordo, la strada per un ricorso in Cassazione si restringe notevolmente, essendo limitata ai soli vizi genetici dell’accordo stesso e non più alla sostanza del giudizio di colpevolezza. La declaratoria di inammissibilità comporta, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo ancora più onerosa un’impugnazione infondata.

È possibile fare ricorso in Cassazione dopo un patteggiamento in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi relativi alla formazione della volontà di accedere al concordato, al consenso del Procuratore Generale o a una decisione del giudice non conforme all’accordo raggiunto. Non è possibile per altri motivi.

Se si accetta un patteggiamento in appello, si può ancora sostenere in Cassazione di dover essere assolti?
No. Secondo la Corte, l’accordo sulla pena implica la rinuncia a far valere motivi diversi, comprese le questioni relative al mancato proscioglimento per le cause previste dall’art. 129 c.p.p. Tali motivi sono considerati rinunciati.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questi casi?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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