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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento in appello. L’imputato, condannato per furto aggravato e interruzione di pubblico servizio, aveva lamentato la mancata motivazione sull’eventuale proscioglimento. La Suprema Corte ha ribadito che, accettando il patteggiamento, l’imputato rinuncia ai motivi di appello, limitando la cognizione del giudice e rendendo inammissibile un successivo ricorso in Cassazione fondato su tali motivi.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 32082/2024, offre un importante chiarimento sui limiti di impugnazione delle sentenze emesse a seguito di patteggiamento in appello. La pronuncia ribadisce un principio consolidato: l’accordo sulla pena in secondo grado comporta una rinuncia ai motivi di appello, restringendo notevolmente le possibilità di un successivo ricorso per cassazione. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Furto e Interruzione di Pubblico Servizio

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imputato per due distinti reati: il furto aggravato di tre bombole di ossigeno medicale e l’interruzione dell’utilizzo di un’ambulanza, qualificata come servizio di pubblica utilità. In seguito alla condanna in primo grado, l’imputato aveva presentato appello. Nel giudizio di secondo grado, le parti raggiungevano un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, e la Corte d’Appello di Salerno riduceva la sanzione in conformità a tale accordo.

Il Ricorso in Cassazione e la Censura di Mancata Motivazione

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello. Il motivo del ricorso era molto specifico: si lamentava la mancata motivazione da parte della Corte d’Appello sulla sussistenza di eventuali cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale (ad esempio, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso).

In sostanza, secondo la difesa, il giudice d’appello, pur in presenza di un accordo sulla pena, avrebbe dovuto comunque motivare sul perché non avesse ritenuto di dover assolvere l’imputato.

Le Motivazioni della Suprema Corte: La Logica del Patteggiamento in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del tutto inammissibile, ritenendo la censura proposta generica e, soprattutto, al di fuori del perimetro consentito dalla legge per questo tipo di sentenze. I giudici hanno richiamato l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità sul patteggiamento in appello.

Il punto centrale della decisione risiede nella natura stessa di questo istituto. Quando l’imputato e il pubblico ministero concordano sulla pena da applicare in appello, tale accordo implica una rinuncia ai motivi di impugnazione originariamente proposti. A causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato rinuncia ai suoi motivi, la cognizione del giudice viene limitata ai soli aspetti che non sono stati oggetto di rinuncia.

Di conseguenza, il giudice d’appello che recepisce l’accordo non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., né sulla sussistenza di cause di nullità o inutilizzabilità delle prove. La sua funzione si concentra sulla verifica della correttezza dell’accordo e della qualificazione giuridica del fatto, ma non si estende a questioni che l’imputato stesso ha deciso di non contestare più, scegliendo la via dell’accordo sulla pena.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La decisione in esame conferma che la scelta del patteggiamento in appello è una scelta strategica con conseguenze procedurali ben definite. Accettando di concordare la pena, l’imputato ottiene un beneficio sanzionatorio ma, al contempo, chiude la porta a ulteriori contestazioni nel merito. Il ricorso per cassazione contro una sentenza di questo tipo è ammesso solo per motivi molto specifici (come l’errata applicazione della pena concordata) e non può essere utilizzato per riaprire questioni coperte dalla rinuncia implicita nell’accordo. L’ordinanza si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 4.000 euro a favore della Cassa delle ammende, a sottolineare la manifesta infondatezza del ricorso.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento in appello per mancata motivazione sul proscioglimento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo motivo di ricorso è inammissibile. Con l’accordo sulla pena, l’imputato rinuncia ai motivi di appello, e il giudice non è tenuto a motivare sul perché non abbia applicato una delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen.

Cosa comporta l’accettazione di un patteggiamento in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.?
L’accettazione di un accordo sulla pena in appello comporta la rinuncia ai motivi di impugnazione proposti. Di conseguenza, la cognizione del giudice d’appello è limitata alla verifica della correttezza dell’accordo stesso e non si estende alle questioni oggetto della rinuncia.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, tale somma è stata fissata in quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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