Patteggiamento in Appello: Quando l’Accordo Chiude la Porta alla Cassazione
L’istituto del patteggiamento in appello, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017 attraverso l’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento fondamentale per la deflazione del contenzioso giudiziario. Tuttavia, la sua applicazione comporta conseguenze procedurali irrevocabili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21482/2024) chiarisce in modo definitivo i limiti del ricorso per cassazione a seguito di un accordo sulla pena nel secondo grado di giudizio, sottolineando il valore della rinuncia ai motivi di impugnazione.
Il Caso in Esame: Dalla Rinuncia in Appello al Ricorso
Nel caso di specie, un imputato aveva presentato ricorso per cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello. Tale sentenza era stata emessa a seguito di un accordo tra le parti: l’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello in cambio dell’applicazione di una pena concordata (due anni, dieci mesi e venti giorni di reclusione e 1000 euro di multa).
Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di adire la Suprema Corte, lamentando una presunta carenza di motivazione da parte del giudice d’appello riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione. In pratica, pur avendo accettato la pena, cercava di rimettere in discussione un aspetto della sua quantificazione.
La Decisione della Corte: L’Inammissibilità e l’Effetto del Patteggiamento in Appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato, rafforzato proprio dalla reintroduzione del patteggiamento in appello. Secondo la Corte, nel momento in cui l’imputato accetta di concordare la pena e, come contropartita, rinuncia ai motivi di appello, compie una scelta processuale che ha un effetto tombale sull’intera vicenda.
Il Principio di Diritto Affermato
Il cuore della decisione risiede nell’effetto preclusivo dell’accordo. La rinuncia ai motivi di gravame non è un mero atto formale, ma un atto dispositivo che limita la cognizione del giudice di secondo grado e, di conseguenza, preclude qualsiasi futura contestazione sulle questioni che sono state oggetto di rinuncia. Questo vale anche per vizi che, in altre circostanze, potrebbero essere rilevati d’ufficio dal giudice. L’accordo, in sostanza, ‘copre’ e sana ogni profilo contestabile, rendendo impossibile un ripensamento in sede di legittimità.
Le Motivazioni: L’Effetto Preclusivo dell’Accordo
Le motivazioni dell’ordinanza si richiamano a un precedente orientamento della stessa Corte (Sez. 5, n. 29243/2018), secondo cui il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599-bis c.p.p. ha effetti che si estendono all’intero svolgimento processuale, incluso il giudizio di legittimità. Analogamente a quanto accade con la rinuncia all’impugnazione, una volta effettuata la rinuncia ai motivi di appello per accedere al patteggiamento, l’imputato non può più rimettere in discussione i profili coperti dall’accordo. Qualsiasi tentativo in tal senso si scontra con l’inammissibilità, in quanto si cerca di contestare un punto su cui si è già formato un accordo processuale definitivo. La Corte ha quindi proceduto ‘de plano’ (senza udienza pubblica), condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di quattromila euro a favore della cassa delle ammende, data l’assenza di elementi che potessero escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa pronuncia rafforza la natura negoziale e definitiva del patteggiamento in appello. Per la difesa, ciò implica una riflessione strategica fondamentale: la scelta di accedere a tale istituto deve essere ponderata con estrema attenzione. L’accordo sulla pena offre il vantaggio di una definizione certa e potenzialmente più favorevole del processo, ma comporta la rinuncia irrevocabile a far valere qualsiasi doglianza, anche fondata, in Cassazione. L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che l’accordo cristallizza la sentenza, rendendola non più attaccabile sui punti oggetto della rinuncia. La decisione della Cassazione serve quindi come monito: il patteggiamento in appello è una porta che, una volta chiusa, non può essere riaperta.
È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver concluso un patteggiamento in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile se riguarda questioni a cui l’interessato ha rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello. L’accordo ha un effetto preclusivo che impedisce di rimettere in discussione tali punti.
La rinuncia ai motivi di appello per un patteggiamento copre anche questioni che il giudice potrebbe rilevare d’ufficio?
Sì, secondo l’ordinanza, il potere dispositivo riconosciuto alla parte ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, comprese le questioni astrattamente rilevabili d’ufficio alle quali si è rinunciato in funzione dell’accordo.
Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile in questi casi?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, la cui entità è determinata dal giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21482 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21482 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/03/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avv o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con ricorso affidato al difensore di fiducia, COGNOME NOME, ricorre per cassazione avverso la sentenza indicata in rubrica con la quale, a richiesta delle parti, previa rinuncia ai motivi di appello, gli è stata applicata la pena di an due, mesi dieci e giorni venti di reclusione ed euro 1000,00 di multa per i reati di cui ai capi 1), 2) e 3) dell’imputazione.
Il ricorrente deduce carenza di motivazione in ordine alla possibilità di riconoscere le circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.
Il ricorso é inammissibile.
A seguito della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, di cui al nuovo art. 599- bis cod. proc. pen, ad opera della legge n. 103 del 2017, questa Corte ha affermato il principio secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato a rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dal nuovo art. 599-bis cod. proc. pen., non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 273194). Ne consegue che, una volta effettuata la rinunzia a motivi di appello, l’imputato non può rimetterne in discussione alcuni profili, perché essi sono coperti dal patteggiamento in appello.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, che va pronunciata de plano, segue di diritto, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deiso in Roma, il 17.4.2024