LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Patteggiamento in appello: limiti al ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di ‘patteggiamento in appello’. La Corte ha ribadito che, una volta accettato l’accordo, l’imputato rinuncia ai motivi di appello originari. Di conseguenza, il giudice di secondo grado non è tenuto a motivare la mancata assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p., e il successivo ricorso in Cassazione può basarsi solo su vizi relativi alla formazione dell’accordo, non sui motivi a cui si è rinunciato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il patteggiamento in appello, o concordato sui motivi di appello, è uno strumento processuale introdotto per deflazionare il carico giudiziario, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo netto i limiti del successivo ricorso per l’imputato che ha scelto questa via. La decisione sottolinea come l’adesione all’accordo comporti una rinuncia sostanziale ai motivi di gravame, restringendo drasticamente le possibilità di un ulteriore controllo di legittimità.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un imputato aveva presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva recepito un accordo sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Il ricorrente lamentava, in sostanza, un vizio di motivazione da parte del giudice di secondo grado. A suo dire, la Corte d’Appello avrebbe dovuto comunque valutare la possibilità di un proscioglimento immediato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p. e pronunciarsi sul mancato riconoscimento di un’attenuante, nonostante l’accordo raggiunto.

La Decisione sul patteggiamento in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’istituto del patteggiamento in appello si fonda sulla rinuncia dell’imputato ai motivi di appello originari. A causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che le parti si accordano sulla pena, la cognizione del giudice è limitata ai motivi che non sono stati oggetto di rinuncia.

Di conseguenza, il giudice d’appello che accoglie la richiesta di concordato non è tenuto a motivare né sul mancato proscioglimento dell’imputato per le cause ex art. 129 c.p.p., né su questioni come la sussistenza di nullità o l’inutilizzabilità di prove, poiché tali doglianze si considerano rinunciate con l’accordo stesso.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento in appello è ammissibile solo in casi circoscritti. In particolare, è possibile contestare vizi relativi alla formazione della volontà della parte di aderire all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo pattuito. Sono altresì ammissibili doglianze relative all’illegalità della pena inflitta, ad esempio se questa esce dai limiti edittali previsti dalla legge o è di specie diversa da quella legale. Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra censura, specialmente quelle relative ai motivi rinunciati come la valutazione delle prove o il mancato riconoscimento di attenuanti, è preclusa.
Nel caso esaminato, le lamentele del ricorrente riguardavano proprio questioni coperte dalla rinuncia implicita nell’accordo, rendendo il ricorso palesemente inammissibile. Per tale ragione, la Corte lo ha dichiarato inammissibile de plano, senza necessità di udienza, e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella presentazione di un ricorso privo di fondamento.

Le Conclusioni

Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui il patteggiamento in appello è un atto processuale con conseguenze definitive e non una semplice tappa interlocutoria. La scelta di concordare la pena in appello è una scelta strategica che implica la piena accettazione del quadro accusatorio e la rinuncia a far valere ulteriori difese nel merito. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la decisione di accedere a tale istituto deve essere ponderata attentamente, illustrando chiaramente all’assistito le preclusioni che ne derivano per un eventuale, e a quel punto molto limitato, ricorso in Cassazione. La porta del terzo grado di giudizio, dopo un accordo, resta aperta solo per vizi procedurali specifici e per la manifesta illegalità della sanzione, non per rimettere in discussione il merito della vicenda.

Dopo un patteggiamento in appello, il giudice deve motivare la mancata assoluzione dell’imputato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, a seguito dell’accordo, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia. Pertanto, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, poiché tale valutazione rientra tra i motivi a cui l’imputato ha rinunciato.

Quali sono gli unici motivi per cui si può ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento in appello?
Il ricorso è ammissibile solo se si deducono motivi relativi alla formazione della volontà della parte di aderire all’accordo, al consenso del pubblico ministero, a un contenuto della sentenza diverso da quello pattuito, o all’illegalità della pena inflitta (ad esempio, perché superiore ai limiti di legge o di specie diversa da quella prevista).

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento in appello?
Se il ricorso è manifestamente infondato, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, ritenuta congrua, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati