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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3112/2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati contro una sentenza di secondo grado emessa a seguito di un ‘patteggiamento in appello’. La Corte ha ribadito che l’accordo sulla pena preclude la possibilità di contestare successivamente la mancata valutazione di cause di proscioglimento o la congruità della pena stessa, cristallizzando i limiti del sindacato di legittimità in questi casi.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il patteggiamento in appello, introdotto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena nel secondo grado di giudizio. Tuttavia, quali sono le conseguenze di tale accordo su un eventuale, successivo ricorso in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte fa luce sui limiti invalicabili posti da questa scelta processuale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Napoli che, in parziale riforma di una decisione di primo grado, aveva rideterminato le pene per diversi imputati. Tale rideterminazione non era frutto di una decisione unilaterale della Corte, bensì di una richiesta concorde delle parti, formalizzata ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p., ovvero tramite un patteggiamento in appello.

Nonostante l’accordo raggiunto, alcuni degli imputati decidevano di proporre ricorso per Cassazione, affidandosi ai rispettivi difensori di fiducia e sollevando diverse censure.

Le Diverse Doglianze dopo il Patteggiamento in Appello

I ricorsi presentati alla Suprema Corte si basavano su argomentazioni differenti:

1. Un primo gruppo di ricorrenti lamentava la mancata valutazione da parte della Corte d’Appello di eventuali cause di proscioglimento, che avrebbero dovuto prevalere sull’accordo sulla pena.
2. Un secondo gruppo deduceva un vizio di motivazione in merito al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
3. Un ultimo ricorrente, infine, eccepiva il vizio di motivazione riguardo al diniego dei benefici di legge.

In sostanza, pur avendo concordato la pena, gli imputati tentavano di rimettere in discussione aspetti della decisione che l’accordo stesso mirava a definire o superare.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, fornendo una chiara interpretazione della natura e degli effetti del patteggiamento in appello. I giudici hanno ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: l’accordo sulla pena in appello comporta una rinuncia implicita ai motivi di impugnazione che non sono oggetto dell’accordo stesso.

In virtù dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato rinuncia ai motivi d’appello originari per ottenere una pena concordata, la cognizione del giudice di secondo grado è limitata. Egli non è tenuto a motivare sul perché non abbia prosciolto l’imputato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (le cosiddette cause di proscioglimento evidenti), poiché tale valutazione è superata dalla volontà delle parti di definire il processo con un accordo sanzionatorio.

Analogamente, i ricorsi che contestavano la congruità della pena o il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche sono stati ritenuti inammissibili. La pena concordata è, per sua natura, il frutto di una negoziazione; contestarne successivamente l’adeguatezza in sede di legittimità è una contraddizione logica e processuale, a meno che non emergano profili di palese illegalità, qui non riscontrati.

Infine, anche la richiesta di benefici di legge, non essendo stata parte dell’accordo, è stata giudicata estranea al perimetro del ricorso ammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rafforza un punto fermo della procedura penale: la scelta del patteggiamento in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato, a fronte del vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, accetta di chiudere la partita processuale su determinati punti. Pretendere di riaprirla in Cassazione su questioni implicitamente rinunciate o sulla congruità dell’accordo stesso si scontra con la logica del sistema e con la costante giurisprudenza della Suprema Corte. La decisione sottolinea che l’accordo processuale, una volta siglato, preclude ripensamenti e limita drasticamente le vie di impugnazione, salvo i casi di illegalità della pena concordata.

Dopo un ‘patteggiamento in appello’, si può ricorrere in Cassazione lamentando che il giudice non ha valutato una possibile assoluzione?
No. Secondo la Corte, accettando di concordare la pena, l’imputato rinuncia ai motivi di appello originari. Di conseguenza, il giudice d’appello non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p., e tale punto non può essere oggetto di ricorso in Cassazione.

È possibile contestare in Cassazione la congruità della pena concordata in appello?
No, di norma non è possibile. La valutazione sulla congruità della pena fa parte dell’accordo tra le parti. Il ricorso in Cassazione su questo punto è precluso, a meno che non si lamentino profili di illegalità della pena stessa, che non erano presenti nel caso di specie.

Cosa succede se l’imputato, dopo aver concordato la pena, ricorre per il diniego di benefici non inclusi nell’accordo?
Il ricorso è inammissibile. La richiesta di benefici di legge, se non faceva parte dell’accordo sulla pena, è considerata estranea ad esso. La cognizione del giudice è limitata ai punti oggetto del patteggiamento e non può estendersi a richieste ulteriori non concordate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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