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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso basato sulla mancata applicazione della particolare tenuità del fatto. La Corte chiarisce che la scelta del patteggiamento in appello preclude la possibilità di sollevare in Cassazione motivi che richiedono una valutazione di merito, poiché tale scelta implica la rinuncia ai motivi originari dell’impugnazione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del patteggiamento in appello, introdotto dalla riforma Orlando (Legge n. 103/2017), rappresenta una scelta strategica importante per l’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 33978/2025, ha ribadito i confini e le conseguenze di tale scelta, chiarendo quali porte si chiudono una volta intrapresa questa strada. Nello specifico, la Corte ha stabilito l’inammissibilità di un ricorso per cassazione fondato sul mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, poiché incompatibile con la natura stessa dell’accordo sulla pena in secondo grado.

I Fatti del Caso Processuale

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello di Roma. In sede di appello, le parti avevano concordato la pena ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, ovvero avevano fatto ricorso al cosiddetto patteggiamento in appello. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha successivamente deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Suprema Corte, lamentando il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p.p.

La Decisione della Corte e il Patteggiamento in Appello

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata (de plano), senza nemmeno la necessità di un’udienza pubblica. La decisione si fonda su un principio cardine: la scelta di patteggiare in appello comporta una rinuncia ai motivi originari di impugnazione. Di conseguenza, il potere del giudice di secondo grado è limitato alla verifica dell’accordo e non può estendersi a una rivalutazione del merito, come ad esempio la possibilità di prosciogliere l’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p.

L’Incompatibilità tra Patteggiamento e Valutazione di Merito

Il nodo centrale della questione risiede nella natura del motivo sollevato dall’imputato. Il riconoscimento della particolare tenuità del fatto non è un’operazione automatica, ma richiede un’attenta e approfondita valutazione di merito da parte del giudice. Questi deve analizzare le modalità della condotta, l’entità del danno o del pericolo e il grado della colpevolezza per stabilire se il fatto sia, nel suo complesso, così lieve da non meritare una sanzione penale. Questo tipo di valutazione è estraneo e incompatibile con la logica del patteggiamento in appello.

Le Motivazioni Giuridiche della Cassazione

La Corte ha argomentato che, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato rinuncia ai motivi di appello per accedere all’accordo sulla pena, la cognizione del giudice viene circoscritta. Non è più possibile per il giudice riesaminare il caso nel merito per verificare la sussistenza di cause di proscioglimento o di nullità.

Citando precedenti giurisprudenziali consolidati (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018 e Sez. 4, n. 9204 del 01/02/2018), i giudici hanno ribadito che il ricorso per cassazione sul motivo del mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto è inammissibile. L’istituto dell’art. 131-bis c.p.p. esige un apprezzamento di merito che non può trovare spazio né nel giudizio di legittimità della Cassazione, che si limita al controllo sulla corretta applicazione della legge, né tantomeno dopo che le parti hanno volontariamente deciso di definire il processo con un accordo sulla pena.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento ormai consolidato e offre un’importante lezione pratica. La scelta di accedere al patteggiamento in appello è una decisione processuale definitiva che preclude la possibilità di contestare successivamente la sentenza per motivi che richiedono una valutazione dei fatti. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che l’accordo sulla pena in secondo grado rappresenta una chiusura del merito della vicenda, impedendo di sollevare in Cassazione questioni come la tenuità del fatto. La conseguenza dell’inammissibilità, inoltre, non è neutra: comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso quantificata in tremila euro.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo aver concordato la pena tramite patteggiamento in appello?
No, il ricorso è generalmente inammissibile se si basa su motivi che implicano una valutazione dei fatti. La scelta del patteggiamento in appello comporta la rinuncia ai motivi originari dell’impugnazione, limitando la possibilità di sollevare questioni di merito in Cassazione.

Perché il motivo basato sulla “particolare tenuità del fatto” è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Perché il riconoscimento della particolare tenuità del fatto richiede un “apprezzamento di merito”, ovvero una valutazione concreta delle circostanze del reato. Questo tipo di analisi è incompatibile con la natura del giudizio di Cassazione e con la logica del patteggiamento in appello, dove si rinuncia a tali valutazioni.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
L’ordinanza stabilisce che, a seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in questo caso di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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