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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza di patteggiamento in appello. La decisione si fonda sul principio che l’accordo processuale comporta la rinuncia ai motivi di appello originari, limitando drasticamente le successive possibilità di impugnazione a vizi specifici dell’accordo stesso, escludendo doglianze sulla mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del patteggiamento in appello, introdotto dalla legge n. 103 del 2017, offre una via per la definizione concordata del processo nel secondo grado di giudizio. Tuttavia, la scelta di percorrere questa strada comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i rigidi limiti del ricorso contro una sentenza emessa a seguito di tale accordo, ribadendo un orientamento ormai consolidato.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello per la rideterminazione della pena, ha visto la sua richiesta accolta con una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, lamentando, seppur in modo generico, una vizio di motivazione in relazione alla mancata pronuncia di proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p. e alla qualificazione giuridica del fatto.

La Decisione sul patteggiamento in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la natura stessa del patteggiamento in appello si basa sulla rinuncia dell’imputato ai motivi di impugnazione originariamente proposti. A causa dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, una volta che le parti si accordano sulla pena e rinunciano ai motivi, la cognizione del giudice è circoscritta esclusivamente ai punti non coperti dalla rinuncia.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ribadito che, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, la sentenza che ratifica un patteggiamento in appello non deve contenere una motivazione sul mancato proscioglimento dell’imputato per le cause previste dall’art. 129 c.p.p. (come l’evidenza dell’innocenza) o sull’assenza di nullità assolute. Questo perché la volontà di concordare la pena implica l’abbandono di tali doglianze.

Di conseguenza, il ricorso in Cassazione avverso una tale sentenza è ammissibile solo in casi eccezionali e specifici:

1. Vizi della volontà: Se vi sono stati problemi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Mancato consenso del PM: Se manca il consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Difformità della pronuncia: Se la decisione del giudice è difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.

Sono invece inammissibili i ricorsi che ripropongono motivi a cui si è rinunciato, che lamentano la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento o che contestano la determinazione della pena (a meno che questa non sia illegale o di tipo diverso da quello previsto dalla legge).
Nel caso di specie, le lamentele dell’imputato rientravano proprio tra quelle rinunciate con l’accordo. La Corte ha quindi dichiarato l’inammissibilità de plano, senza udienza, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella presentazione di un ricorso privo di fondamento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma che la scelta del patteggiamento in appello è una decisione strategica con effetti preclusivi quasi totali. L’imputato che accetta di concordare la pena in secondo grado deve essere pienamente consapevole che sta chiudendo la porta alla quasi totalità delle future contestazioni dinanzi alla Corte di Cassazione. La possibilità di un ulteriore ricorso è confinata a vizi procedurali strettamente legati alla formazione e all’attuazione dell’accordo stesso, escludendo ogni riesame del merito della vicenda processuale. Si tratta di un monito importante per la difesa: l’accordo processuale è uno strumento di economia, ma implica un sacrificio definitivo del diritto di impugnazione su gran parte delle questioni di fatto e di diritto.

È possibile ricorrere in Cassazione dopo un patteggiamento in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici e limitati, come vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, il mancato consenso del Pubblico Ministero, o una decisione del giudice non conforme a quanto pattuito. Non è possibile riproporre i motivi di appello a cui si è rinunciato.

Se accetto un patteggiamento in appello, posso ancora contestare la mia colpevolezza in Cassazione?
No. L’ordinanza chiarisce che l’accordo sul patteggiamento in appello implica la rinuncia ai motivi originari, inclusi quelli relativi a una possibile assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p. La cognizione del giudice di legittimità non si estende più a queste questioni.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, fissata discrezionalmente dal giudice, in favore della Cassa delle ammende, poiché si ritiene che l’impugnazione sia stata presentata con colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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