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Patteggiamento in appello: limiti al ricorso

Una persona, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado per lesioni personali (il cosiddetto ‘patteggiamento in appello’), ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo l’assoluzione per la particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che l’accordo sulla pena implica una rinuncia a tutti gli altri motivi di appello. Questa rinuncia ha un effetto preclusivo, rendendo definitiva la condanna e impedendo ogni successiva contestazione sulla responsabilità penale.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Precluso

Il patteggiamento in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sull’esito del giudizio di secondo grado. Tuttavia, questa scelta strategica comporta conseguenze importanti, come evidenziato da una recente sentenza della Corte di Cassazione. La decisione di concordare la pena limita drasticamente la possibilità di presentare un successivo ricorso, soprattutto se volto a contestare la responsabilità penale. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprendere la portata di tale istituto.

I Fatti del Caso: Dalle Lesioni Personali all’Accordo in Appello

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Milano nei confronti di due persone per il reato di lesioni personali. In particolare, erano accusate di aver aggredito e percosso due soggetti, cagionando loro lesioni giudicate guaribili in 5 e 10 giorni.

In sede di appello, la difesa dell’imputata e la Procura Generale hanno raggiunto un accordo sulla pena. La Corte di Appello di Milano, accogliendo la richiesta di patteggiamento in appello, ha confermato la pronuncia di primo grado, rideterminando la sanzione secondo i termini concordati tra le parti. Sembrava la fine del percorso giudiziario, ma così non è stato.

Il Ricorso in Cassazione e il Patteggiamento in Appello

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa ha deciso di presentare ricorso in Cassazione. Il motivo? La violazione dell’art. 131-bis del codice penale. Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe dovuto proscioglierla per la particolare tenuità del fatto, anziché limitarsi a ratificare l’accordo sulla pena.

Questa mossa processuale ha sollevato una questione fondamentale: è possibile contestare la propria colpevolezza davanti alla Suprema Corte dopo aver volontariamente rinunciato a farlo in appello in cambio di una pena più mite? La risposta della Cassazione è stata netta e si fonda sulla natura stessa del patteggiamento in appello.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio consolidato in giurisprudenza. L’istituto del concordato in appello previsto dall’art. 599-bis c.p.p. prevede che le parti, nel chiedere l’accoglimento parziale dei motivi di appello, rinuncino espressamente a tutti gli altri.

Questa rinuncia non è una mera formalità, ma produce un effetto preclusivo. In altre parole, determina il passaggio in giudicato della sentenza per tutte le questioni che non sono oggetto dell’accordo. Di conseguenza, se l’accordo riguarda esclusivamente la determinazione della pena, il giudizio sulla responsabilità penale dell’imputato diventa definitivo e non può più essere messo in discussione.

I giudici hanno chiarito che la cognizione del giudice d’appello, in questi casi, è limitata ai soli punti oggetto dell’accordo. Non sussiste, pertanto, alcun obbligo per la Corte di motivare il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (o, per estensione, dell’art. 131-bis c.p.), poiché tali questioni sono state implicitamente abbandonate dall’imputato stesso con la scelta di concordare la pena.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un concetto cruciale: la scelta del patteggiamento in appello è una decisione strategica che chiude le porte a future contestazioni sulla colpevolezza. L’imputato che accetta di concordare la pena rinuncia implicitamente a far valere ogni altra doglianza, cristallizzando la propria responsabilità. Il ricorso in Cassazione fondato su motivi diversi da quelli concordati è, pertanto, destinato all’inammissibilità.

Questa pronuncia serve da monito: non si può beneficiare della riduzione di pena derivante da un accordo e, allo stesso tempo, tentare di rimettere in discussione il verdetto di colpevolezza. La rinuncia ai motivi d’appello è un atto tombale che preclude qualsiasi ripensamento, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende.

È possibile fare ricorso in Cassazione per chiedere l’assoluzione dopo aver concordato la pena in appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’accordo sulla pena in appello (patteggiamento in appello) comporta la rinuncia agli altri motivi, inclusi quelli che contestano la responsabilità penale. Tale rinuncia rende inammissibile un successivo ricorso volto a ottenere l’assoluzione.

Cosa significa che la rinuncia ai motivi d’appello ha un ‘effetto preclusivo’?
Significa che l’imputato, rinunciando a specifici motivi per ottenere un accordo sulla pena, perde definitivamente il diritto di sollevare quelle stesse questioni in un’altra sede, come la Corte di Cassazione. La sentenza diventa definitiva e non più impugnabile sui punti a cui si è rinunciato.

Il giudice d’appello, in caso di patteggiamento, deve comunque valutare l’assoluzione per la particolare tenuità del fatto?
No. La sentenza chiarisce che, una volta che le parti hanno raggiunto un accordo sulla pena e rinunciato ai relativi motivi, il giudice d’appello non è tenuto a motivare il mancato proscioglimento. La sua valutazione è limitata esclusivamente ai punti oggetto dell’accordo tra accusa e difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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