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Patteggiamento in appello: limiti al proscioglimento

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver optato per il patteggiamento in appello, lamentava la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento. La Suprema Corte chiarisce che la rinuncia ai motivi di impugnazione limita la cognizione del giudice, esonerandolo dal dovere di motivare sul mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento in Appello: Quando la Scelta dell’Accordo Prevale sul Proscioglimento

L’istituto del patteggiamento in appello, reintrodotto dalla legge n. 103 del 2017, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso penale, ma quali sono le sue implicazioni sulla possibilità per il giudice di valutare un’eventuale assoluzione dell’imputato? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’adesione al concordato sui motivi di appello limita significativamente l’ambito decisionale del giudice, escludendo l’obbligo di motivare sul mancato proscioglimento previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

I Fatti del Caso Processuale

Un imputato, dopo una condanna in primo grado, proponeva appello. In sede di giudizio di secondo grado, le parti raggiungevano un accordo sulla rideterminazione della pena, accedendo all’istituto del patteggiamento in appello (art. 599-bis c.p.p.). La Corte d’Appello, accogliendo la proposta, riformava parzialmente la sentenza di primo grado e rideterminava la sanzione.

Successivamente, la difesa dell’imputato presentava ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e un’erronea applicazione della legge penale. Nello specifico, si contestava alla Corte d’Appello di non aver valutato la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., che impone al giudice di assolvere l’imputato in ogni stato e grado del processo se ne ricorrono i presupposti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che la scelta di aderire al patteggiamento in appello comporta una rinuncia implicita agli altri motivi di impugnazione. Di conseguenza, il potere del giudice d’appello viene circoscritto esclusivamente alla valutazione dell’accordo raggiunto tra le parti.

Le Motivazioni: L’impatto del patteggiamento in appello sulla cognizione del giudice

La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale, sorto in vigenza del precedente istituto del patteggiamento in appello (ex art. 599, comma 4, c.p.p., poi abrogato e oggi reintrodotto). Secondo questo principio, l’effetto devolutivo dell’appello gioca un ruolo cruciale. Quando l’imputato rinuncia ai motivi di impugnazione per accedere al concordato sulla pena, la cognizione del giudice si restringe ai soli punti non oggetto di rinuncia.

In altre parole, il giudice non è più tenuto a esplorare d’ufficio la possibile innocenza dell’imputato secondo le cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p., poiché tale valutazione esulerebbe dall’oggetto del giudizio, ormai limitato all’accordo sulla pena. La Corte ha specificato che un ricorso in Cassazione avverso una sentenza di patteggiamento in appello è ammissibile solo per contestare vizi relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del pubblico ministero o a un dispositivo della sentenza non conforme a quanto pattuito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza riafferma che la scelta del patteggiamento in appello è una decisione strategica con conseguenze procedurali ben precise. L’imputato e il suo difensore devono essere consapevoli che, optando per questa via, si preclude la possibilità di far valere in quella sede eventuali motivi che avrebbero potuto condurre a un proscioglimento nel merito. La sentenza cristallizza l’accordo sulla pena come fulcro del giudizio d’appello, rendendo inammissibili doglianze successive relative a questioni a cui si è implicitamente rinunciato. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda sottolinea l’importanza di un uso corretto e consapevole degli strumenti di impugnazione.

Quando si accetta un patteggiamento in appello, il giudice deve comunque valutare se l’imputato debba essere prosciolto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, aderendo al patteggiamento in appello e rinunciando ai relativi motivi, la cognizione del giudice viene limitata all’accordo. Pertanto, il giudice non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Quali motivi di ricorso in Cassazione sono ammissibili dopo un patteggiamento in appello?
Sono ammissibili solo i ricorsi che contestano vizi relativi alla formazione della volontà della parte di aderire all’accordo, al consenso del pubblico ministero, o a un contenuto della sentenza che sia difforme rispetto a quanto concordato. Non sono ammissibili doglianze su motivi rinunciati, come la mancata valutazione del proscioglimento.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte nell’ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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