Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19197 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 19197 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 17/02/1971
avverso la sentenza del 24/02/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ricorso trattato con il rito de plano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Napoli rideterminava, ai sensi dell’art. 599 -bis cod. proc. pen., la pena alla quale NOME COGNOME era stato condannato per rapina aggravata.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di COGNOME lamentando che la Corte di appello aveva omesso la doverosa valutazione in ordine alla presenza di cause di non punibilità ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen .
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Si deve rilevare che a seguito della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, di cui al nuovo art. 599bis cod. proc. pen., ad opera della legge n. 103 del 2017, rivive il principio -elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen. e successivamente abrogato dal decreto legge n. 92 del 2008 -secondo cui il
giudice d’appello, nell’accogliere la richiesta di pena concordata è tenuto motivare soltanto relativamente alla pena, a causa dell’effetto devolutivo, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi d’impugnazione (come nel caso in esame, in cui l’appellante ha rinunciato ai motivi di gravame e concordato la pena con il Procuratore generale), la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati, essendovi peraltro una radicale diversità tra l’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti e quello disciplinato dal citato art. 599 cod. proc. pen. (tra le altre Sez. 6, n. 35108 del 08/05/2003, COGNOME, Rv.226707; Sez. 5, n. 3391 del 15/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245919).
La medesima giurisprudenza ha riconosciuto che il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove, in quanto, in ragione dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274522). Invero, la rinuncia ai motivi determina una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto deve ormai ritenersi non più devoluto in punto di affermazione di responsabilità ed altro, con effetti sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (Sez. 4, n. 53565 del 27/09/2017, Ferro, Rv. 271258).
Discende l’inammissibilità del ricorso in esame, che può essere dichiarata senza formalità, in applicazione dell’art. 610 comma 5 -bis cod. proc. pen.; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità -al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 06/05/2025