Patteggiamento: L’Accordo che “Blocca” l’Appello
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, quali sono le conseguenze di questa scelta sulle successive possibilità di impugnazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti del ricorso avverso una sentenza di patteggiamento, confermando un principio consolidato: l’accordo sulla pena implica un’ammissione di responsabilità che rende arduo, se non impossibile, contestare successivamente la propria colpevolezza. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo. Tale sentenza aveva ratificato un accordo di patteggiamento raggiunto tra la difesa e l’accusa. Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di impugnare la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, contestando la propria responsabilità.
La Decisione della Corte e la Natura del Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle Ammende. La decisione si fonda sulla natura stessa del patteggiamento e sulle conseguenze giuridiche che ne derivano.
L’Accordo come Ammissione Implicita di Colpa
Il fulcro del ragionamento della Corte è che la richiesta di patteggiamento costituisce una forma implicita di riconoscimento della propria responsabilità. L’imputato, scegliendo questa strada, rinuncia volontariamente ad avvalersi della presunzione di innocenza e del diritto di difendersi provando la propria estraneità ai fatti. In sostanza, si accetta una pena in cambio di uno sconto, ma al contempo si accetta il quadro accusatorio.
Il Ruolo del Giudice nel Patteggiamento
Di conseguenza, il ruolo del giudice cambia radicalmente. Non è più tenuto a svolgere un’approfondita analisi sulla colpevolezza e a redigere una motivazione dettagliata sulla responsabilità penale, come avverrebbe al termine di un dibattimento. Il suo compito, in sede di patteggiamento, è quello di verificare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto, la congruità della pena concordata e, soprattutto, di pronunciare una sentenza di proscioglimento solo se l’innocenza dell’imputato risulta evidente dagli atti a disposizione. In assenza di tale evidenza, il giudice ratifica l’accordo.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità sulla base di principi giuridici consolidati. L’accordo sull’applicazione della pena è un atto dispositivo con cui l’imputato accetta una determinata sanzione, rinunciando di fatto a contestare il merito dell’accusa. Pertanto, un ricorso che tenti di rimettere in discussione la responsabilità penale, senza sollevare questioni di legittimità (come un errore nella qualificazione del reato o nel calcolo della pena), è intrinsecamente contraddittorio e privo dei requisiti di legge.
La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali (Cass. Pen. n. 28742/2020 e n. 845/1993) per sottolineare che, nell’ipotesi di patteggiamento, non spetta al giudice alcun obbligo di specifica motivazione sulla responsabilità. L’accordo stesso è sufficiente a fondare la decisione, salvo il caso di palese innocenza. Poiché il ricorso non presentava motivi validi e si basava su una riconsiderazione della colpevolezza preclusa dalla scelta processuale effettuata, è stato dichiarato inammissibile, con l’ulteriore aggravio di una sanzione economica per la proposizione colposa dell’impugnazione.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con chiarezza le implicazioni della scelta del patteggiamento. Se da un lato offre il vantaggio di una pena ridotta e di una rapida definizione del processo, dall’altro comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. L’imputato che sceglie di patteggiare deve essere pienamente consapevole che sta implicitamente ammettendo la propria responsabilità, chiudendo la porta a future contestazioni sul merito della vicenda. La decisione evidenzia l’importanza di una consulenza legale approfondita prima di intraprendere tale percorso, poiché le conseguenze sono definitive e un appello infondato può portare a ulteriori costi economici.
Cosa implica per l’imputato la scelta del patteggiamento?
Scegliendo il patteggiamento, l’imputato accetta l’applicazione di una pena concordata, rinunciando implicitamente alla presunzione di innocenza e al diritto di contestare la propria responsabilità nel merito durante un processo.
Il giudice deve motivare la colpevolezza in una sentenza di patteggiamento?
No, secondo la Corte, in caso di patteggiamento il giudice non ha l’obbligo di fornire una specifica motivazione sulla responsabilità dell’imputato, poiché l’accordo tra le parti costituisce già un riconoscimento implicito di essa. Il suo dovere è di prosciogliere solo se l’innocenza risulta palese dagli atti.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3000 euro) a favore della Cassa delle Ammende, in quanto si riconosce una colpa nella proposizione dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30694 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30694 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 17/06/1998
avverso la sentenza del 19/09/2024 del TRIBUNALE di BERGAMO
-4.3~.4.ig,e-341~rt i;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG.
n.
Rilevato che con il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME il difensore di fiducia deduce, con un unico motivo, il vizio di mancanza di motivazione (dolendosi,
in particolare, della mancata verifica della sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129, cod. proc. pen.);
Rilevato che, a seguito delle modifiche apportate al codice di rito dalla I. n.
103 del 2017, entrata in vigore il 03/08/2017, è stato introdotto l’art. 448, comma
2-bis, cod. proc. pen.; che nella giurisprudenza di questa Corte è pacifico che in tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza
applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento
ex art. 129 cod., atteso che
l’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n.
103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (Sez. F, ord. n. 28742 del 25/08/2020, Rv. 279761 01); che, ancora, nell’ipotesi di patteggiamento non spetta al giudice alcun obbligo di specifica motivazione sulla responsabilità, in quanto l’accordo sull’applicazione della pena costituisce una forma implicita di riconoscimento della responsabilità da parte dell’imputato che rinuncia ad avvalersi della presunzione di innocenza e del diritto di difendersi provando, rimanendo affidato al giudice il potere-dovere di pronunziare il proscioglimento quando la prova dell’innocenza risulti evidente dagli atti acquisiti (Sez. 1, n. 845 del 25/02/1993, Rv. 193633 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, 1’11 aprile 2025
Il Presidente
nEDOSITATA