Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 16118 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 16118 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COSENZA il 22/06/1987
avverso l’ordinanza del 04/12/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro.
RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento del 4 dicembre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, in esito al giudizio di opposizione avverso il provvedimento con il quale era stata dichiarata inammissibile l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato proposta da NOME COGNOME ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza sia pure per ragioni diverse.
In particolare, il decreto opposto aveva dichiarato inammissibile l’istanza proposta poiché difettava l’indicazione specifica dei redditi e conteneva la mera allegazione che gli stessi, pari a zero, consentivano l’ammissione al beneficio.
Proposta opposizione con la quale si evidenziava che, diversamente da quanto sostenuto dal Tribunale, l’istanza non solo conteneva in maniera specifica i redditi del richiedente e di COGNOME NOME, unico componente maggiorenne facente parte del nucleo familiare del ricorrente ma, vieppiù, nelle autocertificazioni vi era il riferimento alle sanzioni penali previste in caso dichiarazioni mendaci.
Il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro dava atto della insussistenza dei profili di inammissibilità dedotti in prima battuta / rilevando che l’istanza conteneva i requisiti formali, evidentemente non rilevati nel provvedimento impugnato, ma concludeva nel senso che l’istanza di ammissione dovesse essere egualmente dichiarata inammissibile poiché l’istante aveva dichiarato di aver percepito nell’anno 2021 un reddito pari a zero, alla stregua dell’unica componente maggiorenne del nucleo familiare. Ciò, secondo il decidente, rendeva l’istanza irricevibile oltre che inattendibile “considerato che la mancanza di qualunque forma di introito o di disponibilità materiale non potrebbe consentire all’istante e alla sua famiglia di far fronte alle indispensabili ed elementari esigenze di vita”.
Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso / affidandolo a un unico motivo con il quale si deduce la erronea applicazione della legge penale. Rileva la difesa che la legge non esclude l’ammissione al beneficio per coloro che siano privi di reddito. Sussistono nel meccanismo delineato dal d.P.R. n. 115/2002, in capo al giudice, poteri di accertamento ove nutra dubbi circa la veridicità della autodichiarazione. Il provvedimento impugnato frustra la ratio solidaristica della norma che consente l’autodichiarazione proprio per evitare il diniego del beneficio nei casi in cui sia impossibile dimostrare la concreta assenza di reddito. A ciò si aggiunge che l’art. 79 d.P.R. cit. consente al giudice di integrare ove lo ritenga, mediante ulteriore documentazione / disponendo la declaratoria di inammissibilità solo in caso di mancata collaborazione laddove l’art. 96 co. 2 attribuisce il potere di rigettare l’istanza quando sussistano motivi per ritenere che l’interessato non
versi nelle condizioni di cui agli artt. 76 e 92 d.P.R. n. 115/2002. UPpoter ‘ é di ufficio per un verso di sollecitazione alla parte e per altro di accertamento sono due strumenti che dimostrano la flessibilità del procedimento e che hanno lo scopo di assicurare l’accertamento anche in caso di documentazione ritenuta mancante o insufficiente.
Il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME ha chiesto di annullare l’ordinanza impugnata con rinvio ad altra sezione del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Le ragioni del rigetto sono basate su una presunzione di inverosimiglianza della dichiarazione dato che i redditi percepiti sarebbero pari a zero. Nessuna norma del d.P.R. cit. prevede una simile possibilità che, come rileva correttamente il ricorrente, persegue finalità solidaristiche e di concreta attuazione delle garanzie di difesa che l’istituto del patrocinio a spese dello Stato sottende.
Argomentando come fa il Tribunale di Catanzaro, si finirebbe con l’escludere da quell’istituto destinato ai non abbienti L proprio coloro che più ne necessitano.
Sul punto questa Corte ha avuto modo di precisare che «Il rigetto dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio fondata sulla mera affermazione secondo la quale l’autodichiarazione dell’assenza di reddito è di per sé potenziale inganno, viola le disposizioni di cui alla lettera c) dell’art. 79 T.U. Spese di giustizia, anc avuto riguardo all’esercizio dei poteri di accertamento assicurati al giudice dell’ammissione ed a quello di opposizione al rigetto, che implicano una presunzione di impossidenza dell’istante che presenti autocertificazione del Lìti , reddito, GLYPH sal. -con resercizio dei poteri di accertamento assicurati al giudice dall’art. 79 e dall’art. 96, comma 2^ T.U. spese di giustizia, il cui esercizio nondimeno impoPto al medesimo ai fini della giustificazione del rigetto» (Sez. 4 n. 10406 del 05/12/2017, dep. 2018, Rv. 272248 – 01; Sez. 4, n. 36787 del 08/05/2018, Rv. 273423- 01 ) fattispecie in cui la Corte, ritenendo che l’istante avesse assolto all’onere minimo di allegazione a suo carico indicando una condizione di assenza di redditi, ha annullato con rinvio il provvedimento con cui era stata respinta l’opposizione avverso il rigetto dell’istanza per la possibile ricorrenza di redditi non documentati, ritenendo meramente apparente la motivazione che prospettava l’esistenza di ulteriori contribuzioni senza esplicitazioni delle valutazioni a sostegno di tale conclusione).
3. Le doglianze mosse/ fondatamente mettono in rilievo la ratio della disciplina legislativa che è quella di garantire il diritto di accesso alla giustizia diritto alla difesa. L’istituto ha alla base il criterio solidaristico che rimarr tradito ove si negasse il diritto proprio a coloro che dichiarino di possedere un reddito pari a zero, ritenendo sulla scorta di una mera presunzione, l’inverosimiglianza di siffatta dichiarazione. D’altra parte una simile presunzione ve non ha ragion d’essere ove si consideri il potere di accertamento dei redditi dell’istante conferito al giudice ai sensi dell’art. 96 del Testo Unico e la possibili di revocare l’ammissione ove gli accertamenti svolti forniscano dati in contrasto con il contenuto delle dichiarazioni resè oltre che la configurabilità della specifica ipotesi di reato prevista dal T.U. (Sez. 4, n. 53356 del 27/09/2016 – dep. 15/12/2016, COGNOME, Rv. 2686201).
Infatti, l’art. 96, co. 2, T.U.cit. attribuisce al giudice il potere di respin l’istanza «se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessato non versa nell’e condizioni di cui agli artt. 76 e 92, tenuto conto del tenore di vita, delle condizion personali e familiari e delle attività economiche eventualmente svolte», previa trasmissione dell’istanza e della documentazione allegata «alla Guardia di Finanza per le necessarie verifiche».
Quanto detto si estende anche al giudizio di opposizione al rigetto dell’istanza avuto riguardo alla circostanza che anche in questo caso, si tratta di verificare le condizioni dell’ammissione al beneficio «stante l’effetto integralmente devolutivo del medesimo e l’inutilità di un processo che decidendo allo stato degli atti frust inutilmente lo scopo dell’istituto a fronte della sussistenza, comprovabile con produzioni documentali in questa fase, dei presupposti per l’ammissione, così ponendosi in piena contraddizione con la natura solidaristica e con il riconoscimento dei diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti della valida difesa nel processo». (v. in parte motiva, Sez. 4, n. 22854 del 28/03/2024, Rv. 286412 – 01).
A seguito del rigetto dell’istanza, infatti, per qualunque motivo lo stesso sia stato adottato, il ricorrente, avversando il provvedimento adottato, devolve l’intera questione al giudice che dovrà applicare la regola del giudizio corrispondente a quella prevista dall’art. 96 d.P.R. n. 115/2002, secondo la quale l’istanza deve essere respinta «se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni di cui agli artt. 76 e 92 del d.P.R. n. 115/2002 tenuto conto delle risultanze del casellario giudiziale, del tenore di vita, delle condizioni di vita, de condizioni personali e familiari e delle attività economiche eventualmente svolte».
Siffatto giudizio, naturalmente, comporta per il giudice l’obbligo di motivare in relazione ai contenuti probatori, se del caso, anche indiziari, acquisiti al processo
mediante un giudizio composito che non può fondarsi, come nel caso in esame, su una presunzione, peraltro, non argomentata.
3. In ragione di quanto precede, il provvedimento impugnato deve essere annullato per nuovo giudizio al Presidente del Tribunale di sorveglianza di
Catanzaro.
P.Q.M.