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Patrocinio a spese dello Stato: illegittimo il rigetto

La Corte di Cassazione ha stabilito l’illegittimità del rigetto di un’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato motivata unicamente sulla presunta inverosimiglianza di una dichiarazione di reddito pari a zero. Secondo la Corte, il giudice non può basarsi su una mera presunzione, ma deve esercitare i poteri di accertamento previsti dalla legge qualora nutra dubbi sulla veridicità della dichiarazione, in linea con il principio solidaristico dell’istituto. La sentenza annulla quindi il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza e rinvia per un nuovo esame.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patrocinio a spese dello Stato: non basta un dubbio per negarlo

Il diritto alla difesa è un pilastro fondamentale del nostro ordinamento, ma cosa accade quando un cittadino dichiara di avere un reddito pari a zero per accedere al patrocinio a spese dello Stato? Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce che un giudice non può rigettare la richiesta basandosi sulla semplice presunzione che tale dichiarazione sia ‘inverosimile’. Questo principio riafferma la natura solidaristica dell’istituto, pensato per non lasciare indietro proprio chi si trova nelle condizioni economiche più difficili.

I fatti del caso

Un cittadino presentava un’istanza per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, autocertificando un reddito nullo per sé e per l’unico altro componente maggiorenne del suo nucleo familiare. Il Tribunale di Sorveglianza, in sede di opposizione, dichiarava l’istanza inammissibile. La motivazione? Una dichiarazione di reddito zero era stata ritenuta non solo inattendibile, ma anche tale da rendere la richiesta ‘irricevibile’, poiché la totale assenza di mezzi economici non consentirebbe di far fronte alle ‘indispensabili ed elementari esigenze di vita’. Contro questa decisione, il richiedente ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la legge non esclude dal beneficio chi è privo di reddito e che il giudice, in caso di dubbi, ha specifici poteri di accertamento.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento impugnato. I giudici hanno chiarito che fondare un rigetto su una mera presunzione di ‘inverosimiglianza’ della dichiarazione di reddito zero è contrario alla legge. Un simile approccio, infatti, finirebbe per escludere dal beneficio proprio i soggetti più bisognosi, tradendo la finalità solidaristica dell’istituto. La Corte ha ribadito che il sistema normativo (d.P.R. 115/2002) fornisce al giudice gli strumenti per superare eventuali dubbi sulla veridicità dell’autodichiarazione.

Patrocinio a spese dello Stato: le motivazioni

Le motivazioni della Corte si concentrano sul corretto bilanciamento tra la necessità di prevenire abusi e la garanzia del diritto di difesa. La legge, in particolare l’art. 96 del Testo Unico sulle spese di giustizia, conferisce al giudice il potere-dovere di respingere l’istanza solo se vi sono ‘fondati motivi’ per ritenere che il richiedente non versi nelle condizioni economiche previste.

Questi motivi non possono scaturire da una semplice presunzione, ma devono essere il risultato di una valutazione concreta che tenga conto di elementi come il tenore di vita, le condizioni personali e familiari e le attività economiche eventualmente svolte. Per fare ciò, il giudice può e deve avvalersi dei poteri di accertamento, ad esempio trasmettendo la documentazione alla Guardia di Finanza per le necessarie verifiche. Rigettare l’istanza a priori, senza attivare questi controlli, significa violare la legge e frustrare lo scopo dell’istituto. L’autodichiarazione è ammessa proprio per facilitare l’accesso al beneficio, non per creare un ostacolo insormontabile per chi non può dimostrare un’assenza di reddito se non con la propria parola.

Conclusioni: le implicazioni pratiche

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Anzitutto, stabilisce che una dichiarazione di reddito pari a zero è pienamente legittima ai fini della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato e non può essere considerata di per sé inattendibile o fraudolenta. In secondo luogo, chiarisce che l’onere di verificare la veridicità della dichiarazione, in caso di dubbio, spetta al giudice attraverso gli strumenti investigativi previsti dalla normativa. Il cittadino non può essere penalizzato da una presunzione di falsità. Infine, la decisione rafforza la tutela del diritto di difesa per le fasce più deboli della popolazione, assicurando che l’accesso alla giustizia non sia precluso da ostacoli burocratici o da valutazioni discrezionali non supportate da prove concrete.

Un giudice può rigettare una richiesta di patrocinio a spese dello Stato solo perché una dichiarazione di reddito zero sembra inverosimile?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il rigetto non può basarsi su una mera presunzione di inverosimiglianza, in quanto nessuna norma prevede tale possibilità. Agire in tal modo contrasterebbe con le finalità solidaristiche dell’istituto.

Cosa deve fare il giudice se dubita della veridicità di un’autodichiarazione di reddito nullo?
Il giudice deve esercitare i poteri di accertamento previsti dall’art. 96 del d.P.R. 115/2002. Può quindi disporre verifiche, ad esempio tramite la Guardia di Finanza, per valutare il tenore di vita, le condizioni personali e familiari e le attività economiche del richiedente, prima di decidere.

Qual è il principio fondamentale che sta alla base del patrocinio a spese dello Stato secondo questa sentenza?
Il principio fondamentale è quello solidaristico e di concreta attuazione delle garanzie di difesa. L’istituto è destinato ai non abbienti e ha lo scopo di garantire a tutti l’accesso alla giustizia, specialmente a coloro che si trovano in condizioni di maggiore necessità economica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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