Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12461 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12461 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 29/11/2023 del GIP del TRIBUNALE di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del decreto impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, con il decreto in epigrafe, relativo alla istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato di cui all’art. 96 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, presentata da NOME COGNOME, ha onerato la Guardia di Finanza di provvedere ad accertare la sussistenza delle condizioni di reddito per fruire del beneficio ed ha sospeso il termine per provvedere.
Avverso detto provvedimento NOME COGNOME, mediante il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 96 e 97, e la abnormità funzionale del provvedimento impugnato.
Il ricorrente lamenta che il Tribunale, nell’adottare il medesimo provvedimento, si sarebbe posto in contrapposizione ai principi di diritto regolanti la materia ed in particolare al principio per cui le controversie sull’ammissione alla fruizione del diritto alla difesa gratuita ed alla revoca di tali atti hanno ad oggett una questione connessa alla effettività del diritto di difesa nel processo penale, di cui avrebbe illegittimamente determinato la stasi.
Il Procuratore RAGIONE_SOCIALE ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria con la quale ha insistito per l’annullamento con rinvio del decreto impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Alla disamina del motivo di ricorso va premesso come, in tema di impugnazioni, il principio generale di tassatività dei “casi” e dei “mezzi” declinato dall’art. 568, comma 1, cod. proc. pen., è derogato per le sole ipotesi di abnormità, ovvero per le ipotesi di provvedimenti strutturalmente o funzionalmente estranei all’ordinamento che, in quanto tali, sfuggono ad una previa definizione e rispetto ai quali il riconoscimento della ricorribilità per cassazione tende al superamento di una situazione di stallo, altrimenti non rimediabile.
1.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. U, n. 26 del 24.11.1999 – dep. 2000, COGNOME, Rv. 215094; Sez. U. n. 5307 del 20/12/2007 – dep. 2008, COGNOME, Rv. 238240; Sez. 6 n. 2325 dell’08/01/2014, F., Rv. 258252; Sez. 2, n. 7320 del 10.12.2013, dep. 2014, Rv. 259159), è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità ed eccentricità del contenuto risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur costituendo in astratto manifestazione di un legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. Nei termin indicati, l’abnormità dell’atto processuale può riguardare due profili che si saldano all’interno di un fenomeno unitario (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590): quello strutturale (allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al d fuori del sistema organico della legge processuale) e 4 quello funzionale (quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo, ovvero una indebita regressione del procedimento
stesso, ponendosi, in tal caso, anche in contrasto con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2).
1.2. Nella delineata prospettiva, la verifica in concreto dell’abnormità dell’atto processuale postula il rilievo di anomalie genetiche o funzionali, radicali al punto da fuoriuscire dallo schema normativo processuale, palesando una irriducibile estraneità, mentre non costituisce atto strutturalmente “eccentrico” rispetto a quelli positivamente disciplinati, né l’atto normativamente previsto e disciplinato, ma utilizzato al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la stessa ragion d’essere nell’iter procedimentale, né l’atto illegittimo.
Il tema dell’abnormità è stato, nel caso in esame, prospettato in ragione della affermata stasi del procedimento determinata dalla adozione del provvedimento di sospensione del termine per decidere nell’attesa degli accertamenti demandati alla Guardia di Finanza.
Tale prospettazione è però manifestamente infondata.
Il ricorrente ha dedotto l’abnormità di tale provvedimento di sospensione in riferimento al disposto della L. 30 luglio 1990, n. 271, art. 6 (recante l’istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), come modificato dalla L. 29 marzo 2001, n. 134, art. 6, comma 1, il quale, nello stabilire l’obbligo a carico del giudice di decidere immediatamente sull’istanza qualora presentata in udienza ovvero nei dieci giorni successivi se presentata fuori udienza, aveva aggiunto l’inciso “a pena di nullità assoluta ai sensi dell’art. 179 c.p.p., comma 2”.
La citata disposizione – poi trasfusa nel testo unico sulle spese di giustizia approvato con D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 96, cornma 1, – è stata modificata dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 12-ter, comma 1, lett. c), (convertito, con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125), che, nello stabilire come unico termine per la decisione quello dei dieci giorni dalla presentazione dell’istanza, ha eliminato la suddetta ipotesi speciale di nullità assoluta, conseguentemente non più ravvisabile in relazione a tutte le istanze pervenute dopo la relativa modifica normativa (Sez. 4, n. 46439 del 18/11/2008, Belgacenn, Rv. 242312).
La Corte di cassazione (Sez. 2, 28/06/2005, n. 30121, COGNOME), anche prima di tale modifica, ha avuto modo di osservare che il problema del rispetto del termine per la decisione sull’istanza di ammissione al gratuil:o patrocinio si è notevolmente aggravato per effetto dell’ampliamento dei poteri di verifica preventiva operato dalla norma in esame. Questa, infatti, ha imposto al magistrato procedente di non effettuare più un mero controllo formale di ammissibilità della domanda presentata, come era nella, previsione della vecchia disciplina (art. 6,
comma 1, legge 217/90); bensì di procedere ad un vero e proprio giudizio preventivo sulla fondatezza della stessa, prima di trasmettere, come d’obbligo, l’intero incartamento (istanza di ammissione ed eventuale documentazione allegata) alla Direzione RAGIONE_SOCIALE delle Entrate per gli accertamenti di rito (artt. 96, comnna 2, e 98 DPR 115/02). Ne è conseguito, da un lato, un incremento dei poteri istruttori del giudice – che può anche chiedere informazIoni alla Guardia di finanza – ma, dall’altro, si è mantenuta ferma la previsione del termine di dieci giorni- per decidere sulla stessa.
Nella consapevolezza del concreto contrasto tra necessità istruttorie e termine per la decisione sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, vari precedenti di questa stessa corte (Sez. 4, 16/3/2004, n. 33635; Sez. 6, 18/9/2003, n. 46185, ric. COGNOME; Sez. 2, 29/1/2003, n.22784, COGNOME), hanno ribadito che la nullità concerne solo gli atti compiuti nel periodo tra la scadenza del termine ed il provvedimento assunto, ed è ravvisabile solo ove siano state formulate censure relative a lesioni specifiche del diril:to di difesa: non bastando, a tale scopo, che sia evocata la mera violazione del termine, nella sua astrattezza. Si è poi ulteriormente chiarito che l’inosservanza del termine per provvedere sull’istanza di ammissione non è sanzionata in termini generali, ma si risolve in una mera irregolarità, salvo che tale omissione o ritardo comporti una effettiva lesione al diritto di difesa da cui derivi una nullità riconducibile alle ipot espressamente previste dal codice (Sez. 2, n. 18462 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 269746 – 01; Sez. 4, 28/06/2023, n.32670).
Alla luce di tali principi, la sospensione del termine per provvedere sull’istanza di concessione del patrocinio a spese dello Stato disposta dal Giudice, sebbene non rituale, non comporta alcuna stasi del procedimento e si risolve nella possibile inosservanza del termine per provvedere previsto dall’art. 96 t.u. n. 115/2002, in ordine al quale l’ordinamento appresta le tutele sopra descritte. Dunque, in ipotesi, la eventuale inosservanza del termine, sempre che in concreto si sia verificata la lesione del diritto di difesa, troverebbe tutela con gli ordin strumenti previsti dal codice di procedura penale a tutela del diritto di difesa a pena di nullità.
Il decreto impugnato, in quanto non emesso in difel:to di potere, né comportante una stasi del procedimento, non è abnorme; conseguentemente, è inammissibile l’immediato ricorso per cassazione proposto avverso lo stesso provvedimento, eventualmente impugnabile in via differita insieme alla sentenza ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen.
7. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagament delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussisto elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in c nella determinazione della causa di inammissibilità”, il ricorrente va condannato pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 1’8 febbraio 2024.