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Patrocinio a spese dello stato: errore procedurale

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso in materia di patrocinio a spese dello stato per un cittadino straniero. La causa dell’inammissibilità è un grave errore procedurale: il difensore ha erroneamente seguito le norme del codice di procedura civile anziché quelle del codice di procedura penale, applicabili alla materia. La decisione sottolinea l’importanza cruciale di rispettare le corrette formalità processuali per l’impugnazione.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patrocinio a spese dello stato: l’errore che costa caro

L’accesso alla giustizia è un diritto fondamentale, garantito anche a chi non ha mezzi economici attraverso l’istituto del patrocinio a spese dello stato. Tuttavia, la richiesta e l’eventuale impugnazione dei provvedimenti di rigetto sono soggette a regole procedurali rigorose, il cui mancato rispetto può avere conseguenze fatali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un errore nella procedura possa portare alla dichiarazione di inammissibilità di un ricorso, precludendo ogni esame nel merito.

I Fatti di Causa

Un cittadino straniero, non appartenente all’Unione Europea e imputato in un procedimento penale, si vedeva rigettare l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello stato. Il giudice penale del Tribunale di Velletri motivava il rigetto con la mancanza dei requisiti previsti dalla legge, in particolare l’assenza della certificazione dell’autorità consolare attestante l’impossidenza, documento richiesto agli stranieri.

Contro tale decisione, l’interessato proponeva opposizione, che veniva però respinta dal Presidente dello stesso Tribunale. A questo punto, il difensore decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando diverse violazioni di legge, tra cui l’omessa valutazione dell’impossibilità di ottenere la certificazione consolare, a cui era stata sopperita con una dichiarazione sostitutiva.

La Procedura di Impugnazione: L’Errore Fatale

Il ricorrente, ritenendo di dover applicare le norme del codice di procedura civile, notificava il ricorso al Ministero della Giustizia e all’Agenzia delle Entrate, depositandolo poi presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione. Questa scelta si è rivelata un errore decisivo.

La Corte Suprema, infatti, ha rilevato come la procedura seguita fosse completamente errata. La questione, pur avendo aspetti patrimoniali, sorgeva nell’ambito di un procedimento penale. Pertanto, le regole da seguire per l’impugnazione non erano quelle civilistiche, bensì quelle dettate dal codice di procedura penale.

Le motivazioni: L’Inammissibilità del Ricorso per Patrocinio a Spese dello Stato

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: nei procedimenti per l’ammissione al patrocinio a spese dello stato in ambito penale, trovano applicazione le regole procedurali proprie del rito penale.

Questo significa che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che decide sull’opposizione al rigetto dell’istanza doveva essere presentato, nel termine di legge, presso la cancelleria del giudice che aveva emesso il provvedimento impugnato (in questo caso, il Tribunale di Velletri), secondo quanto prescritto dagli articoli 582 e 583 del codice di procedura penale. Sarebbe stato poi compito di quella cancelleria trasmettere gli atti alla Corte di Cassazione.

Il deposito diretto presso la cancelleria della Cassazione e la notifica effettuata secondo le regole civili costituiscono una violazione delle norme sui tempi e sui modi di presentazione dell’impugnazione, sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’articolo 591 del codice di procedura penale. La Corte ha ritenuto che non vi fosse assenza di colpa da parte del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

Le conclusioni

La vicenda si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro. Questo caso evidenzia in modo emblematico come la padronanza delle regole procedurali sia fondamentale. Un errore formale, come la scelta del rito sbagliato per l’impugnazione, può vanificare le ragioni di merito, anche se potenzialmente fondate. Per i professionisti del diritto, questa ordinanza rappresenta un monito sull’importanza di individuare correttamente la disciplina processuale applicabile, specialmente in materie ‘di confine’ come il patrocinio a spese dello stato, per evitare di compromettere irrimediabilmente la tutela dei diritti dei propri assistiti.

Quali regole procedurali si applicano al ricorso contro il rigetto del patrocinio a spese dello stato in un procedimento penale?
Si applicano le regole procedurali proprie del rito penale, e non quelle del rito civile, come stabilito da un consolidato orientamento giurisprudenziale.

Dove deve essere depositato il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che decide sull’opposizione al rigetto dell’istanza di patrocinio a spese dello stato?
Il ricorso deve essere depositato presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, ai sensi degli articoli 582 e 583 del codice di procedura penale. Sarà poi quella cancelleria a trasmettere gli atti alla Corte di Cassazione.

Qual è la conseguenza del deposito del ricorso secondo le regole della procedura civile anziché quelle della procedura penale?
La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, in quanto le modalità di presentazione non sono conformi a quelle prescritte dalla legge. Ciò comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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