Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12463 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12463 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 10/10/2023 del PRESIDENTE DEL TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Con ordinanza del 10 ottobre 202:3 il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Catania, ha respinto l’opposizione proposta dal difensore di NOME COGNOME contro il decreto che aveva dichiarato inammissibile l’istanza presentata dallo stesso COGNOME al fine di ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nell’ambito di un procedimento di sorveglianza aperto presso quel Tribunale.
Il ricorso in opposizione è stato respinto per un duplice ordine di ragioni:
per motivi procedurali, sostenendo che la legittimazione a proporre l’opposizione ai sensi dell’art. 99 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 spetta alla «parte» – e perciò alla persona che ha presentato l’istanza o a un suo procuratore speciale – ma non al difensore cui non sia stata conferita procura speciale;
nel merito, perché – come già rilevato dal Tribunale di Sorveglianza nell’istanza, presentata il 7 gennaio 2021, erano stati autocertificati i reddi percepiti nell’anno 2020 e non quelli percepiti nell’anno 2019.
NOME COGNOME ha proposto ricorso contro l’ordinanza per mezzo del difensore cui ha conferito apposito mandato. il ricorso si articola in tre motivi.
2.1. Col primo e secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge quanto al ritenuto difetto di legittimazione del difensore a proporre l’opposizione.
A tal fine osserva: in primo luogo, che in calce all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato COGNOME aveva conferito al proprio difensore «procura speciale per impugnare, in ogni stato e grado, gli eventuali provvedimenti di dichiarazione d’inammissibilità, rigetto della L.] istanza, nonché eventuali provvedimenti di revoca del patrocinio a spese dello Stato»; in secondo luogo, che all’opposizione ex art. 99 d.P.R. n. 115/02 si applicano le disposizioni di cui agli artt. 99 e 571, comma 3, cod. proc. pen. sicché il difensore ha un potere di impugnazione autonomo e parallelo rispetto a quello attribuito a chi ha proposto l’istanza.
2.2. Col terzo motivo, la difesa deduce violazione di legge rilevando che, dal tenore dell’ordinanza impugnata, non si comprende se l’opposizione è stata dichiarata inammissibile per motivi procedurali o respinta nel merito. Sostiene che, per quanto riguarda il merito dell’istanza, la decisione è priva di motivazione perché si limita a richiamare il contenuto del decreto opposto e non tiene conto delle argomentazioni sviluppate dall’opponente né dell’autocertificazione integrativa, depositata il 4 ottobre 2023, nella quale COGNOME ha attestato l’entità dei redditi percepiti nel 2019.
Il Procuratore generale ha depositato memoria scritta nella quale ha sostenuto che l’opposizione è stata ritualmente proposta dal difensore – e pertanto i primi due motivi di ricorso sono fondati – ma l’ordinanza impugnata deve essere confermata. Secondo il PG, l’ordinanza contiene una chiara motivazione nel merito perché pone in luce che COGNOME avrebbe dovuto autocertificare i redditi relativi all’anno 2019 e non quelli relativi all’anno 2020 la circostanza che tale autocertificazione sia stata prodotta in sede di opposizione non rileva in senso contrario. Come sostenuto dalla sentenza Sez. 4, n. 29458 del 30/09/2020, COGNOME, Rv. 279962, infatti, una istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato priva dell’indicazione dei redditi percepiti per l’annualità di riferimento è inammissibile per espressa previsione di legge e non può essere successivamente integrata, ferma restando la possibilità per l’interessato di presentare una nuova istanza correttamente formulata.
L’Avvocatura generale dello Stato ha depositato conclusioni scritte nell’interesse del Ministero resistente chiedendo il rigetto del ricorso con vittori di spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è in parte fondato, ma ciò non comporta l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
L’art. 99 d.P.R. n. 115/02 statuisce che l’interessato può proporre ricorso avverso il provvedimento che respinge l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, entro venti giorni dalla notizia avutane ai sensi dell’articolo 97 dello stesso decreto, davanti al presidente del tribunale o al presidente della corte d’appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il decreto di rigetto. Il ricorso è notificato all’ufficio finanziario, che è parte nel rel processo. Il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l’ufficio giudiziario procede in composizione monocratica. La disciplina di riferimento è offerta dagli artt. 14 e 15 d.lgs. 10 settembre 2011 n. 150, che hanno tipizzato i procedimenti relativi alle liquidazioni degli onorari di avvocato in precedenza disciplinate dall’articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794 – e quelli oppositivi al decreto di pagamento delle spese di giustizia. Si tratta di procedimenti improntati alla sommarietà, alla difesa anche personale della parte e, per quanto riguarda i giudizi di opposizione sulle spese di giustizia, caratterizzati anche dall’assenza di formalità e dalla possibilità di compiere atti di
istruzione sulla base di regole non codificate, secondo le modalità valutate più opportune dal giudice nel rispetto delle regole proprie del procedimento camerale (Sez. 4, n. 17667 del 14/02/2019, Ciracì, Rv. 276086).
Nel vigore della disciplina previgente (che, come detto, faceva riferimento all’art. 28 legge n. 794/1942), le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato che gli elementi di specialità caratterizzanti il procedimento per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato consentono di qualificare tale procedimento come «collaterale e secondario rispetto al rapporto processuale principale di cui è indiscutibilmente una procedura accessoria, intesa a garantire la difesa del soggetto nel giudizio penale di cognizione ordinaria» (Sez. U, n. 30181 del 24/05/2004, Graziano, Rv. 228118). Ne hanno desunto che, per le fasi non disciplinate, è necessario coordinare tale sub-procedimento con le disposizioni generali previste per il procedimento principale; vale a dire con la disciplina del processo penale di cui agli art. 548 e ss. cod. proc. pen. Il supremo Collegio ha ritenuto, pertanto, che all’opposizione prevista dall’art. 99 d.P.R. n. 115/2002 dovessero applicarsi i principi desumibili dagli artt. 99, 571, comma 3, e 613 cod. proc. pen. in materia di impugnazioni e, anche nel procedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato,, al difensore fosse riconosciuto un diritto di impugnazione autonomo e parallelo rispetto a quello attribuito all’interessato.
Un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato ha ritenuto che í principi affermati dalla sentenza n.30181/2004 dovessero restare operanti anche nel mutato quadro normativo di riferimento (costituito oggi dagli artt. 14 e 15 d.lgs. 1° settembre 2011 n. 150). Si è ribadito che il richiamo al processo «speciale» previsto per gli onorari di avvocato, non esclude la necessità di tenere conto che il procedimento previsto dall’art. 99, comma 3, d.P.R. n.115/2002, è accessorio rispetto al rapporto processuale penale principale ed è volto a garantire la difesa del soggetto nel giudizio penale di cognizione ordinaria. Si è concluso pertanto che, anche dopo la modifica delle norme che disciplinano il processo per gli onorari di avvocato, il difensore è autonomamente legittimato a proporre opposizione avverso il decreto di inammissibilità o rigetto di un’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato che sia stata proposta in un procedimento penale (in tal senso: Sez. 4, n. 13230 del 27/01/2022, COGNOME, Rv. 283018; Sez. 4, n. 48793 del 09/10/2019, COGNOME, Rv. 277420; Sez.4, n.15197 del 1/02/2017, Diop, non massimata).
Alla luce delle considerazioni svolte, il provvedimento impugNOME è censurabile nella parte in cui rileva l’inammissibilità dell’atto di opposizion proposto dal difensore. Non per questo, tuttavia, l’ordinanza del Presidente del
4 GLYPH
‘A)
Tribunale di Sorveglianza di Catania deve essere annullata. L’opposizione, infatti, non è stata dichiarata inammissibile, ma respinta nel merito richiamando le motivazioni del decreto opposto e, per questa parte, la decisione non presenta vizi logici o giuridici. Va ricordato in proposito che, quando il convincimento del giudice poggia su più ragioni distinte, ciascuna’ delle quali idonea a giustificare la decisione adottata, i vizi relativi ad una sola di tali ragioni non inficiano decisione poiché essa trova adeguato sostegno negli altri motivi non affetti da quei vizi (Sez. 5, n. 37466 del 22/09/2021, COGNOME, Rv. 281877; Sez. 5, n. 2128 del 13/1/1978, COGNOME, Rv. 138077; Sez. 4, n. 216 del 02/05/1975, dep. 1976, Alba, Rv. 131797; Sez. 1, n. 604 del 02/05/1967, COGNOME, Rv. 105773).
4. Come noto, il ricorso per Cassazione contro l’ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 99 d.P.R. n. 115/2022 è ammesso solo per violazione di legge (art.99, comma 4, d.P.R. n.115/2002). Pertanto, la circostanza che l’ordinanza impugnata si sia limitata a riportare la motivazione del decreto del Tribunale di Sorveglianza senza rispondere ai rilievi formulati dall’opponente non rileva in questa sede. Basta in proposito osservare che, richiamando la motivazione del decreto, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza ha mostrato di condividerla e il vizio di motivazione può tradursi in violazione di legge solo se è così radicale «da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).
Fatta questa premessa è tuttavia doveroso sottolineare che, col terzo motivo di ricorso, la difesa non sostiene soltanto una carenza di motivazione: si duole infatti che, nel respingere l’opposizione, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza non abbia valutato la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegata a una memoria difensiva depositata il 4 ottobre 2023 con la quale NOME COGNOME ha autocertificato di non aver percepito redditi per tutto il corso del 2019 e di aver potuto provvedere alle proprie esigenze di vita «solo con l’ausilio di parenti e amici, con somme non superiori ad C 3.000,00 complessive». In tesi difensiva, di tale documentazione – che integrava l’originaria istanza di ammissione – si sarebbe dovuto tenere conto in sede di opposizione e non averlo fatto integra una violazione di legge.
Con questo motivo, il ricorrente riconosce implicitamente che l’istanza di ammissione al patrocinio dello Stato presentata il 7 gennaio 2021 (nella quale COGNOME autocertificò i redditi percepiti nell’anno 2020), avrebbe dovuto contenere l’autocertificazione dei redditi percepiti nel corso del 2019. Sostiene però che la nuova autocertificazione prodotta in sede di opposizione avrebbe
consentito al Presidente del Tribunale di Sorveglianza di accogliere l’opposizione e ritenere ammissibile l’istanza.
5. Come si è detto, l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato oggetto del presente ricorso fu depositata il 7 gennaio 2021. A quella data l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi relativi all’anno 2020 non era ancora maturato e, pertanto, l’istanza avrebbe, dovuto contenere, a pena di inammissibilità, l’autocertificazione relativa ai redditi percepiti nell’anno 2019. Questo principio è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale: «in tema di patrocinio a spese dello Stato, l’ultima dichiarazione per la individuazione del reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio, a norma dell’art. 76 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è quella per la quale è maturato, al momento del deposito della istanza, l’obbligo di presentazione» (Sez. 4, n. 7710 del 05/02/2010, COGNOME, Rv. 246698; Sez. 4, n. 46382 del 14/10/2014, COGNOME, Rv. 260953; Sez. 4, n. 15694 del 17/01/2020, COGNOME, Rv. 279239).
Ci si deve chiedere allora se la mancanza della dichiarazione reddituale relativa all’anno per il quale è scaduto il termine di presentazione, renda comunque inammissibile l’istanza a prescindere dal fatto che la stessa sia integrata, in sede di opposizione, con una autocertificazione attestante la sussistenza, nell’annualità di riferimento, delle condizioni di reddito previste per l’ammissione.
Su questo punto questa Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi affermando che: «In tema di patrocinio a spese dello Stato, è inammissibile l’istanza priva dell’indicazione dei redditi percepiti per l’annualità di riferimento poiché non consente la verifica, neppure formale, della sussistenza delle condizioni di reddito che giustificano l’intervento dello Stato per assicurare la difesa del non abbiente, né la stessa può essere successivamente integrata, ostandovi il disposto dell’art. 79 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 1.15, che richiede, a pena di inammissibilità, una dichiarazione sostitutiva attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, permanendo, in ogni caso, la possibilità di presentare una nuova istanza adeguatamente formulata e documentata» (Sez. 4, n. 29458 del 30/09/2020, COGNOME, Rv. 279962).
A tale condivisibile principio di diritto il Collegio ritiene di dover da continuità. L’art. 79 d.P.R. n. 115/2002 prevede che l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato debba contenere’ a pena di inammissibilità, «una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato, ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito
previste per l’ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determiNOME secondo le modalità indicate nell’articolo 76». L’autocertificazione dei redditi percepiti per l’annualità di riferimento, dunque, è, per espressa previsione di legge, condizione di ammissibilità dell’istanza e, a fronte di una istanza inammissibile, i poteri officiosi attribuiti al magistra chiamato a decidere su quella istanza non possono attivarsi. Tali poteri officiosi, infatti, presuppongono una richiesta ritualmente proposta perché si esprimono nel sollecitare la parte a documentare la veridicità di quanto dichiarato (art. 79, comma 3, d.P.R. n. 115/02) o nel disporre accertamenti tramite Guardia di Finanza per le necessarie verifiche quando vi siano fondati motivi di sospetto sulle reali condizioni economiche della persona che chiede l’ammissione al beneficio (art. 96, comma 2, d.P.R. n. 115/02). Si tratta di poteri che non autorizzano l’autorità giudiziaria procedente a integrare (o chiedere all’istante di integrare) una istanza inammissibile, ma l’autorizzano soltanto ad assumere documentazione al fine di verificare, in presenza di una istanza che sia stata rigettata nel merito, se, in concreto, la persona che l’ha formulata sia nelle condizioni per usufruire del beneficio.
A sostegno di tali conclusioni la sentenza n. 29458/2020 osserva (pag. 5 della motivazione):
che «la necessità di contestualizzazione temporale dell’autocertificazione è connaturata allo stesso concetto di reddito, legato alla misura temporale dell’entrata economica, alla cui consistenza la disciplina fa corrispondere il sorgere del diritto al patrocinio a spese dello Stato»;
che, solo in presenza di un’autocertificazione avente i requisiti richiesti dall’art. 79 d.P.R. n. 115/2002, «il giudice è tenuto a provvedere alla valutazione di meritevolezza, anche facendo ricorso, ove necessario, ai poteri conferitigli dall’art 79, comma 3, di chiedere alla parte di integrare l’istanza con la documentazione attestante la veridicità di quanto dichiarato»;
che tale potere «non si spinge sino ad invitare l’interessato a completare le parti mancanti dell’istanza e dell’autocertificazione».
In sintesi: la declaratoria di inammissibilità della domanda è riservata dalla legge «alle ipotesi di incompletezza dell’istanza e della documentazione eventualmente richiesta dal magistrato decidente ai sensi dell’art. 79, comma 3, essendo, invece, il rigetto giustificato dalla “non meritevolezza” del beneficio»; ed è proprio per questo che la dichiarazione di inammissibilità di una istanza non impedisce la presentazione di una nuova richiesta «adeguatamente formulata e documentata».
L’applicazione di questi principi al caso in esame ha conseguenze evidenti: l’istanza presentata il 7 gennaio 2021 – inammissibile perché contenente
l’autocertificazione dei redditi percepiti nell’anno 2020 – non poteva essere ritenuta ammissibile perché, in sede di opposizione, fu integrata da una autocertificazione con la quale COGNOME attestò che, nell’anno 2019, versava nelle condizioni di reddito previste per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Tuttavia, nulla impediva all’interessato di presentare una nuova richiesta di ammissione al beneficio contenente l’autocertificazione dei redditi percepiti nell’ultima annualità Per la quale, al momento del deposito della istanza, era maturato l’obbligo di presentazione.
Per quanto esposto l’ordinanza impugnata deve essere confermata. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione delle spese sostenute dal Ministero resistente, cui conseguirebbe la condanna del ricorrente alla rifusione delle stesse. La memoria depositata, infatti, si limita a sostenere che il provvedimento impugNOME «appare condivisibile», sicché non può dirsi che l’Avvocatura dello Stato abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare la pretesa del ricorrente (sull’argomento, con riferimento alle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, cfr. Sez. U., n. 5466, del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese al Ministero resistente.
Così deciso il 27 febbraio 2024
Il Consi bere estensore
GLYPH
Il Pres GLYPH t