Particolare tenuità del danno: la Cassazione esclude l’attenuante in caso di violenza
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di rapina: l’applicazione della circostanza attenuante della particolare tenuità del danno è incompatibile con l’uso della violenza sulla vittima, anche se il valore del bene sottratto è esiguo. Questa decisione chiarisce come la valutazione del danno non possa limitarsi al solo aspetto patrimoniale quando viene lesa anche l’integrità fisica della persona offesa.
I Fatti del Caso
Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un’imputata condannata per rapina. La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel non riconoscere l’attenuante della particolare tenuità del danno, prevista dal codice penale. L’oggetto della rapina era un ‘token’ di valore patrimoniale intrinseco. Tuttavia, un elemento cruciale distingueva la condotta: per conservare il possesso del bene sottratto, l’imputata aveva usato violenza nei confronti della vittima, cagionandole lesioni personali.
La Questione Giuridica: Particolare Tenuità del Danno e Valutazione Complessiva
Il nucleo della controversia legale verteva sulla possibilità di considerare il danno ‘particolarmente tenue’ in un contesto di rapina impropria, dove alla sottrazione del bene si aggiunge un’aggressione fisica. La difesa puntava a una valutazione esclusivamente economica del danno, sottolineando il modesto valore del token. La Procura, e successivamente i giudici, hanno invece promosso una visione più ampia, che tenesse conto dell’intera condotta criminosa e delle sue conseguenze.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, la cui motivazione è stata giudicata logica e priva di vizi. La condanna dell’imputata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende ha suggellato l’esito del giudizio.
Le Motivazioni: la violenza prevale sul valore del bene
La motivazione della Corte si basa su due pilastri argomentativi solidi e chiari.
In primo luogo, si evidenzia che il bene sottratto, un token, possedeva un ‘intrinseco valore patrimoniale’. Non si trattava quindi di un oggetto privo di qualsiasi valore economico, un presupposto necessario per iniziare a discutere dell’attenuante.
In secondo luogo, e questo è il punto decisivo, la Corte ha sottolineato che l’imputata aveva fatto ricorso alla violenza per assicurarsi il possesso della refurtiva. Questo comportamento ha causato lesioni personali alla vittima. La presenza di un’offesa alla persona, oltre a quella al patrimonio, trasforma la natura del reato e la percezione della sua gravità. Il danno, in questo scenario, non può più essere considerato ‘tenue’ perché non è più solo patrimoniale. La lesione all’integrità fisica della vittima è un fattore che aggrava la condotta a tal punto da rendere irrilevante il basso valore economico del bene rubato.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: nella valutazione della particolare tenuità del danno per il reato di rapina, il giudice deve considerare la condotta nel suo complesso. L’uso della violenza sulla persona offesa è un elemento che, di per sé, osta al riconoscimento dell’attenuante. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, il messaggio è inequivocabile: la legge tutela non solo la proprietà, ma con ancora maggior vigore l’incolumità personale. Qualsiasi atto violento commesso durante o dopo la sottrazione di un bene aggrava la posizione dell’autore del reato, impedendogli di beneficiare di sconti di pena legati al modesto valore della refurtiva.
Perché non è stata concessa l’attenuante della particolare tenuità del danno?
L’attenuante non è stata concessa perché l’imputata, per mantenere il possesso del bene rubato (un token con valore patrimoniale), ha usato violenza contro la vittima, causandole lesioni personali. La Corte ha ritenuto che l’offesa all’integrità fisica prevalesse sul modesto valore economico del bene.
L’uso della violenza esclude sempre l’applicazione di questa attenuante nella rapina?
Sì, secondo quanto stabilito in questa ordinanza, la violenza esercitata sulla persona offesa per conservare il possesso della refurtiva è un elemento che rende la condotta grave e osta al riconoscimento della particolare tenuità del danno, a prescindere dal valore economico del bene sottratto.
Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto ‘manifestamente infondato’. La Corte di Cassazione ha giudicato la motivazione della sentenza della Corte d’Appello come logica, coerente e priva di vizi evidenti, confermandone quindi la validità senza entrare nuovamente nel merito della questione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 276 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 276 Anno 2025
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME,
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si contesta la mancata applicazion della circostanza attenuante della particolare tenuità del danno di cui all’art. 628 cod. pe manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità, nell quale si evidenzia che: a) l’imputata si era appropriata di un token, avente un intrinseco val patrimoniale; b) per conservare il possesso della refurtiva aveva utilizzato anche la viole nei confronti della persona offesa, cagionandole lesioni personali;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il Presid
Il Consigliere estensore
Così deciso, in data 3 dicembre 2024