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Particolare lievità del fatto: no al furto con arnesi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due individui condannati per tentato furto pluriaggravato. La Corte ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare lievità del fatto (art. 131-bis c.p.) a causa dell’elevato valore dei beni (quasi 4.000 euro) e delle modalità della condotta, che prevedevano l’uso di uno strumento per rimuovere i dispositivi antitaccheggio, indicando una premeditazione e un’offensività non trascurabili.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Particolare Lievità del Fatto: Quando il Tentato Furto Non è ‘Lieve’

L’istituto della particolare lievità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati di modesta entità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta di tutte le circostanze del caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio dei limiti di questo istituto, in particolare in relazione al reato di tentato furto aggravato.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda due persone condannate in primo e secondo grado per tentato furto pluriaggravato. I due avevano tentato di sottrarre da un esercizio commerciale una borsa del valore di 980 euro e uno zaino del valore di 2.800 euro. L’azione criminosa era stata pianificata con una certa cura: i due si erano infatti dotati di uno specifico strumento magnetico per rimuovere le placche antitaccheggio, che avevano utilizzato su uno dei due articoli. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna a 8 mesi di reclusione e 200 euro di multa, respingendo la richiesta della difesa di applicare la causa di non punibilità per particolare lievità del fatto.

La Valutazione della Particolare Lievità del Fatto

I ricorrenti hanno basato la loro difesa in Cassazione sulla presunta violazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che la loro condotta, essendo solo un tentativo, dovesse essere considerata di lieve entità. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato tale argomentazione, giudicandola manifestamente infondata e confermando la decisione dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si fonda su due pilastri fondamentali.

Modalità della Condotta e Danno Potenziale

In primo luogo, la Corte ha dato rilievo alle modalità della condotta. Il possesso e l’utilizzo di uno ‘spaccatore antitaccheggio magnetico’ non sono stati considerati elementi trascurabili. Al contrario, essi rivelano una premeditazione e una capacità criminale che mal si conciliano con la ‘tenuità’ dell’offesa. Non si è trattato di un gesto estemporaneo o occasionale, ma di un’azione pianificata con strumenti specifici.

In secondo luogo, e in modo ancora più decisivo, la Corte ha analizzato il valore dei beni oggetto del tentato furto. Sebbene il reato non sia stato portato a compimento, l’art. 131-bis richiede di valutare anche l’esiguità del pericolo. Citando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, la Cassazione ha ribadito che, nel caso del delitto tentato, è necessario un giudizio ipotetico: se il reato fosse stato consumato, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato tutt’altro che minimo, ammontando a quasi 4.000 euro. Un danno potenziale di tale entità è intrinsecamente ostativo al riconoscimento della particolare lievità.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare: la gravità dell’offesa, anche se solo potenziale, costituisce un elemento dirimente per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La valutazione non può limitarsi al danno effettivamente prodotto (che nel tentativo è nullo), ma deve estendersi al pericolo concreto che la condotta ha generato. In questo caso, il pericolo di un ingente danno patrimoniale era reale e immediato. Inoltre, le modalità organizzate dell’azione, evidenziate dall’uso di strumenti ad hoc, dimostrano un’intensità del dolo e una pericolosità sociale che superano la soglia della ‘tenuità’. La Corte ha quindi concluso che la decisione dei giudici di merito era corretta e logicamente motivata, non lasciando spazio a una diversa interpretazione.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale: la non punibilità per particolare lievità del fatto non è un salvacondotto per ogni reato di modesta entità, specialmente quando si tratta di tentativi. Le corti devono effettuare una valutazione complessiva che tenga conto non solo dell’evento finale, ma anche delle modalità dell’azione e del potenziale offensivo della condotta. Il tentato furto di beni di valore elevato, commesso con strumenti e pianificazione, non può essere considerato ‘lieve’, poiché manifesta una volontà criminale e un pericolo per il bene giuridico protetto che la legge non può ignorare.

La non punibilità per ‘particolare lievità del fatto’ si applica a un reato tentato?
Sì, in linea di principio può essere applicata, ma la valutazione del giudice non si basa sull’assenza di danno effettivo. Si compie un giudizio ipotetico sul danno che si sarebbe verificato se il reato fosse stato portato a compimento. Se tale danno potenziale non è di minima rilevanza, la causa di non punibilità viene esclusa.

Quali elementi ha considerato la Corte per negare la ‘particolare lievità’ in questo caso?
La Corte ha valutato principalmente due elementi: le modalità della condotta, ovvero l’utilizzo di uno strumento specifico (spaccatore antitaccheggio) che indica premeditazione, e l’elevato valore dei beni che si intendeva sottrarre (quasi 4.000 euro), che si traduce in un danno potenziale significativo.

Perché il possesso di uno strumento per rimuovere l’antitaccheggio è così importante per la decisione?
Perché dimostra una pianificazione e una capacità criminale superiore rispetto a un furto d’impulso. Questo elemento incide sulla valutazione della gravità complessiva del fatto, rendendo la condotta incompatibile con il concetto di ‘tenuità’ richiesto dalla norma per escludere la punibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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