Particolare Lievità del Fatto: Quando il Tentato Furto Non è ‘Lieve’
L’istituto della particolare lievità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati di modesta entità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta di tutte le circostanze del caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio dei limiti di questo istituto, in particolare in relazione al reato di tentato furto aggravato.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda due persone condannate in primo e secondo grado per tentato furto pluriaggravato. I due avevano tentato di sottrarre da un esercizio commerciale una borsa del valore di 980 euro e uno zaino del valore di 2.800 euro. L’azione criminosa era stata pianificata con una certa cura: i due si erano infatti dotati di uno specifico strumento magnetico per rimuovere le placche antitaccheggio, che avevano utilizzato su uno dei due articoli. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna a 8 mesi di reclusione e 200 euro di multa, respingendo la richiesta della difesa di applicare la causa di non punibilità per particolare lievità del fatto.
La Valutazione della Particolare Lievità del Fatto
I ricorrenti hanno basato la loro difesa in Cassazione sulla presunta violazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che la loro condotta, essendo solo un tentativo, dovesse essere considerata di lieve entità. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato tale argomentazione, giudicandola manifestamente infondata e confermando la decisione dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si fonda su due pilastri fondamentali.
Modalità della Condotta e Danno Potenziale
In primo luogo, la Corte ha dato rilievo alle modalità della condotta. Il possesso e l’utilizzo di uno ‘spaccatore antitaccheggio magnetico’ non sono stati considerati elementi trascurabili. Al contrario, essi rivelano una premeditazione e una capacità criminale che mal si conciliano con la ‘tenuità’ dell’offesa. Non si è trattato di un gesto estemporaneo o occasionale, ma di un’azione pianificata con strumenti specifici.
In secondo luogo, e in modo ancora più decisivo, la Corte ha analizzato il valore dei beni oggetto del tentato furto. Sebbene il reato non sia stato portato a compimento, l’art. 131-bis richiede di valutare anche l’esiguità del pericolo. Citando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, la Cassazione ha ribadito che, nel caso del delitto tentato, è necessario un giudizio ipotetico: se il reato fosse stato consumato, il danno patrimoniale per la persona offesa sarebbe stato tutt’altro che minimo, ammontando a quasi 4.000 euro. Un danno potenziale di tale entità è intrinsecamente ostativo al riconoscimento della particolare lievità.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare: la gravità dell’offesa, anche se solo potenziale, costituisce un elemento dirimente per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La valutazione non può limitarsi al danno effettivamente prodotto (che nel tentativo è nullo), ma deve estendersi al pericolo concreto che la condotta ha generato. In questo caso, il pericolo di un ingente danno patrimoniale era reale e immediato. Inoltre, le modalità organizzate dell’azione, evidenziate dall’uso di strumenti ad hoc, dimostrano un’intensità del dolo e una pericolosità sociale che superano la soglia della ‘tenuità’. La Corte ha quindi concluso che la decisione dei giudici di merito era corretta e logicamente motivata, non lasciando spazio a una diversa interpretazione.
Conclusioni
Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale: la non punibilità per particolare lievità del fatto non è un salvacondotto per ogni reato di modesta entità, specialmente quando si tratta di tentativi. Le corti devono effettuare una valutazione complessiva che tenga conto non solo dell’evento finale, ma anche delle modalità dell’azione e del potenziale offensivo della condotta. Il tentato furto di beni di valore elevato, commesso con strumenti e pianificazione, non può essere considerato ‘lieve’, poiché manifesta una volontà criminale e un pericolo per il bene giuridico protetto che la legge non può ignorare.
 
La non punibilità per ‘particolare lievità del fatto’ si applica a un reato tentato?
Sì, in linea di principio può essere applicata, ma la valutazione del giudice non si basa sull’assenza di danno effettivo. Si compie un giudizio ipotetico sul danno che si sarebbe verificato se il reato fosse stato portato a compimento. Se tale danno potenziale non è di minima rilevanza, la causa di non punibilità viene esclusa.
Quali elementi ha considerato la Corte per negare la ‘particolare lievità’ in questo caso?
La Corte ha valutato principalmente due elementi: le modalità della condotta, ovvero l’utilizzo di uno strumento specifico (spaccatore antitaccheggio) che indica premeditazione, e l’elevato valore dei beni che si intendeva sottrarre (quasi 4.000 euro), che si traduce in un danno potenziale significativo.
Perché il possesso di uno strumento per rimuovere l’antitaccheggio è così importante per la decisione?
Perché dimostra una pianificazione e una capacità criminale superiore rispetto a un furto d’impulso. Questo elemento incide sulla valutazione della gravità complessiva del fatto, rendendo la condotta incompatibile con il concetto di ‘tenuità’ richiesto dalla norma per escludere la punibilità.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34413 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34413  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nata in ARGENTINA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato in CILE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/02/2025 della CORTE D’APPELLO DI MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME e NOME COGNOME NOME ricorrono con atti separati, ma sovrapponibili, avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano, che confermato quella del Tribunale meneghino e condannato i ricorrenti alla pena di mesi 8 di reclusione ed euro 200,00 di multa per il delitto di tentato furto pluriggravato;
Considerato che è manifestamente infondata la prima ed unica doglianza, rinvenibile in entrambi i ricorsi, trattati unitariamente in quanto sovrapponibili, che lamenta violazione di l e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della non punibilità per particol lievità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. La Corte di Appello ha offerto una motivazione corr ed esente da vizi logici ancorando la propria decisione alle modalità della condotta, al valore beni oggetto del tentativo di sottrazione (una borsa del valore di 980 euro, uno zaino del valo di 2.800,00 euro) e alla circostanza che i ricorrenti siano entrati nell’esercizio commerc disponendo di un spaccatore antitaccheggio magnetico, utilizzato nel tentativo di sottrazione una delle due borse. Nel caso di specie il Giudice di Appello ha fatto corretta applicazione principi più volte affermati da questa Corte in relazione a fattispecie analoga per la valutaz
della tenuità, quale è l’aggravante dell’art. 62 n. 4 cod. pen.: “Nei reati contro il patrimoni circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuità é applicabile anche al delitto tentato quando sia possibile desumere con certezza, dalle modalità del fatto e in base ad un preciso giudizio ipotetico che, se il reato fosse stato riportato al compimento, il danno patrimoniale p la persona offesa sarebbe stato di rilevanza minima” (Sez. U, Sentenza n. 28243 del 28/03/2013, Rv. 255528; Sez. 5 – , Sentenza n. 47144 del 29/11/2022,Rv. 283980). In sostanza, la gravità dell’offesa, anche solo potenziale, e dunque del pericolo di danno, è causa ostativa al riconoscimento dell’esimente anche in presenza di un fatto non abituale. L’art. 131-bis cod. pen., per altro, esplicitamente fa riferimento anche alla esiguità del pericolo che determina la tenui dell’offesa, il che nel caso in esame è stata esclusa con motivazione congrua da parte della Corte territoriale. Generico, infine, il riferimento contenuto nei ricorsi alla novella normativ richiama la condotta susseguente il reato, in quanto nessuna concreta indicazione i ricorrenti offrono riguardo alla novità della novella rispetto al caso di specie;
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 settembre 2025 Il consiglier estensore COGNOME
Il Prsie