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Parcheggiatore abusivo: quando scatta il reato

La Corte di Cassazione conferma la condanna per il reato di parcheggiatore abusivo, chiarendo un punto fondamentale sulla recidiva. La Corte ha stabilito che per trasformare l’illecito da amministrativo a penale, non è strettamente necessario un documento che attesti la definitività della precedente sanzione. È sufficiente un solido quadro probatorio, specialmente se l’imputato non dimostra di aver contestato la prima violazione. La sentenza ribadisce così la serietà di questo illecito se commesso ripetutamente.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Parcheggiatore Abusivo: Quando la Recidiva Trasforma l’Illecito in Reato

L’attività di parcheggiatore abusivo è un fenomeno diffuso che può passare da semplice illecito amministrativo a reato penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto cruciale: come si dimostra la recidiva che determina questa trasformazione. La Corte ha confermato la condanna di un individuo, stabilendo che per provare la ripetizione dell’illecito entro due anni non è sempre necessario un documento formale che attesti la definitività della precedente sanzione.

I Fatti del Caso

Un uomo veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato di esercizio dell’attività di parcheggiatore abusivo. La condanna penale scaturiva dal fatto che l’uomo era stato sorpreso a svolgere tale attività nell’ottobre 2019, dopo aver già ricevuto una sanzione per una violazione identica nel 2018. Questa ripetizione dell’illecito nel giro di due anni (la cosiddetta “recidiva nel biennio”) ha fatto scattare la sanzione penale, come previsto dal Codice della Strada.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi, tra cui:
1. Una presunta carenza di prove sulla sua effettiva responsabilità.
2. La contestazione sulla modalità con cui era stata provata la recidiva, sostenendo che l’accusa non avesse prodotto un’attestazione formale della definitività della precedente sanzione amministrativa.
3. La mancata concessione delle attenuanti generiche e il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato di Parcheggiatore Abusivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno confermato integralmente la decisione della Corte d’Appello, rigettando tutte le argomentazioni della difesa. Secondo la Suprema Corte, la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito era logica e coerente. L’istruttoria aveva chiarito in modo inequivocabile che l’imputato stava dando indicazioni agli automobilisti su dove parcheggiare, integrando così l’attività illecita.

Le Motivazioni: la Prova della Recidiva

Il punto centrale e di maggiore interesse giuridico della decisione riguarda la prova della recidiva. La difesa sosteneva che, per configurare il reato, l’accusa avrebbe dovuto depositare un documento che provasse in modo incontrovertibile che la precedente sanzione amministrativa era diventata definitiva (cioè non più impugnabile).

La Cassazione ha respinto questa tesi, applicando un principio consolidato. Per dimostrare la recidiva nel biennio, non è indispensabile produrre tale attestazione formale. È invece sufficiente un “elemento di prova” solido, dal quale si possa desumere la definitività della sanzione precedente. Questo è particolarmente vero quando l’imputato, dal canto suo, non fornisce alcuna prova contraria, come la dimostrazione di aver presentato un ricorso contro la prima multa o una richiesta di oblazione.

In sostanza, se l’accusa presenta elementi che indicano una precedente violazione e l’imputato non allega di averla contestata, il giudice può ragionevolmente concludere che quella sanzione sia divenuta definitiva. La prova della definitività resta a carico dell’accusa, ma può essere fornita anche attraverso elementi probatori indiretti di sicuro valore, in assenza di contestazioni specifiche da parte dell’interessato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica. Chi viene sanzionato per l’attività di parcheggiatore abusivo non deve sottovalutare le conseguenze di una seconda violazione. La sentenza chiarisce che la giustizia ha strumenti efficaci per accertare la recidiva anche senza una complessa documentazione formale. Per gli automobilisti, conferma che l’offerta di ‘aiuto’ per il parcheggio in cambio di denaro è un’attività illecita con conseguenze serie per chi la pratica con insistenza. Per gli operatori del diritto, ribadisce che il principio del libero convincimento del giudice, basato su un compendio probatorio solido, prevale su rigidi formalismi, garantendo efficacia all’azione penale.

L’attività di parcheggiatore abusivo è sempre un reato?
No. Diventa un reato penale se la stessa persona commette la violazione una seconda volta entro due anni dalla prima sanzione amministrativa. La prima violazione è un illecito amministrativo, la seconda nel biennio è un reato.

Come si dimostra in tribunale la “recidiva nel biennio” per il parcheggiatore abusivo?
Secondo la Corte, non è strettamente necessaria un’attestazione documentale formale della definitività della prima sanzione. È sufficiente un elemento di prova solido, accompagnato dalla mancata allegazione, da parte dell’imputato, di aver impugnato la sanzione precedente.

È sufficiente che il parcheggiatore abusivo dia indicazioni a un solo automobilista per essere condannato?
Sì. La Corte ha chiarito che, ai fini della configurazione dell’illecito, è irrilevante se gli automobilisti interessati dall’attività del parcheggiatore abusivo siano uno o più di uno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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