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Pagamento decreto penale: non è rinuncia all’opposizione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4353 del 2024, ha stabilito un principio fondamentale in tema di opposizione a decreto penale di condanna. Il caso riguardava una persona che, dopo aver effettuato il pagamento della sanzione in misura ridotta, aveva comunque presentato opposizione. Il giudice di primo grado l’aveva dichiarata inammissibile, interpretando il pagamento come una rinuncia implicita. La Cassazione ha annullato tale decisione, chiarendo che il semplice pagamento del decreto penale non equivale a una rinuncia all’opposizione. Quest’ultima, infatti, deve essere un atto formale, scritto ed esplicito, separato dal versamento della somma.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pagamento Decreto Penale: Pagare non Significa Rinunciare all’Opposizione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto luce su un aspetto cruciale della procedura penale, in particolare riguardo al pagamento del decreto penale di condanna e alla facoltà di presentare opposizione. A seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), è stata introdotta la possibilità di pagare una sanzione pecuniaria ridotta a condizione di rinunciare all’opposizione. Tuttavia, la Suprema Corte ha chiarito che i due atti – pagamento e rinuncia – sono distinti e che il primo non implica automaticamente il secondo. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni di questa importante decisione.

Il caso: pagamento e successiva opposizione al decreto penale

Una persona riceveva un decreto penale di condanna per guida in stato di ebbrezza, con una pena pecuniaria di 3.250 euro. Il decreto specificava che, entro 15 giorni, era possibile pagare una somma ridotta di un quinto (2.600 euro) ‘con rinuncia all’opposizione’. L’imputata provvedeva a versare la somma ridotta, ma, successivamente, depositava un’istanza di opposizione al decreto, chiedendo l’applicazione della pena su richiesta (patteggiamento).

Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Pistoia dichiarava l’opposizione inammissibile. Secondo il giudice, l’avvenuto pagamento della sanzione ridotta, come previsto dalla nuova normativa, comportava di per sé una rinuncia implicita al diritto di opporsi. Contro questa ordinanza, la difesa ricorreva in Cassazione, sostenendo che la rinuncia a un’impugnazione deve essere un atto formale ed esplicito, non desumibile da un comportamento come il pagamento.

La decisione della Cassazione sul pagamento del decreto penale

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio l’ordinanza del GIP e disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale per la prosecuzione del giudizio di opposizione. Gli Ermellini hanno stabilito che il semplice pagamento del decreto penale, anche se in misura ridotta, non è sufficiente a integrare una valida rinuncia all’opposizione.

Le motivazioni: la rinuncia deve essere un atto formale

La Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione rigorosa della legge, in particolare dell’art. 589 del codice di procedura penale, che disciplina la rinuncia alle impugnazioni. La rinuncia è un atto giuridico formale che non ammette equipollenti. Deve essere presentata per iscritto, personalmente o tramite un procuratore speciale, presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento. Questo formalismo serve a garantire la certezza della provenienza dell’atto e la sua effettiva volontà.

Secondo la Cassazione, anche la nuova formulazione dell’art. 460 c.p.p., introdotta dalla Riforma Cartabia, deve essere letta alla luce di questo principio. La norma prevede che il pagamento ridotto avvenga ‘con rinuncia all’opposizione’. L’uso della preposizione ‘con’ indica che i due atti devono essere contestuali, ma non che uno assorba l’altro. Si tratta di due procedure distinte: il versamento della somma e la presentazione di un atto scritto di rinuncia. Il pagamento, da solo, non può essere interpretato come una manifestazione tacita di volontà di rinunciare a un diritto processuale fondamentale come quello di impugnazione.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza ha importanti conseguenze pratiche. Chi riceve un decreto penale di condanna e decide di pagare la sanzione ridotta non perde automaticamente il diritto di presentare opposizione entro i 15 giorni previsti dalla legge. Se l’intento è quello di beneficiare dello sconto e chiudere definitivamente la vicenda, è necessario accompagnare il pagamento con un atto formale e scritto di rinuncia all’opposizione. In assenza di tale atto, l’eventuale opposizione presentata nei termini dovrà essere considerata pienamente valida e il procedimento dovrà fare il suo corso. La decisione della Cassazione rafforza le garanzie difensive, impedendo che un comportamento potenzialmente ambiguo, come il pagamento, possa essere interpretato a sfavore dell’imputato, privandolo del diritto a un processo.

Pagare la sanzione ridotta di un decreto penale di condanna equivale a una rinuncia all’opposizione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il semplice pagamento della pena pecuniaria in misura ridotta non è un atto equipollente alla rinuncia all’opposizione. Per essere valida, la rinuncia deve essere presentata in forma scritta ed esplicita.

Come deve essere presentata la rinuncia all’opposizione per essere valida?
La rinuncia deve essere un atto formale, presentato per iscritto, anche tramite procuratore speciale, presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento, in conformità con le regole previste per le impugnazioni dall’art. 589 del codice di procedura penale.

Cosa succede se pago la somma ridotta ma presento comunque opposizione entro i termini?
Se l’opposizione viene presentata nel termine di 15 giorni dalla notifica del decreto, essa è pienamente valida e il procedimento deve continuare. Il giudice non può dichiararla inammissibile basandosi unicamente sull’avvenuto pagamento della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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