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Ordine di demolizione: valido per modifiche successive

La Corte di Cassazione ha stabilito che un ordine di demolizione per un manufatto abusivo resta valido ed efficace anche se l’immobile viene successivamente modificato o ricostruito. La Corte ha rigettato il ricorso del nuovo proprietario, il quale sosteneva che l’edificio attuale, in cemento armato, fosse diverso da quello originario (un capannone in ferro) oggetto della condanna. Secondo i giudici, le modifiche successive costituiscono una prosecuzione dell’illecito originario, e l’ordine mira al ripristino dello stato dei luoghi, applicandosi all’immobile nella sua interezza.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Ordine di Demolizione: Inefficace se l’Abuso viene Trasformato? La Cassazione Risponde

L’ordine di demolizione emesso a seguito di una condanna per abuso edilizio è uno strumento fondamentale per il ripristino della legalità. Ma cosa succede se il manufatto abusivo viene nel frattempo demolito e ricostruito con caratteristiche diverse? Può il nuovo proprietario opporsi all’esecuzione sostenendo che l’immobile attuale non è più quello oggetto della condanna? A questa complessa domanda ha dato una risposta chiara e netta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13579/2025, ribadendo un principio consolidato: l’ordine sanzionatorio colpisce l’abuso nella sua interezza, comprese tutte le modifiche e trasformazioni successive.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria trae origine da una condanna per abuso edilizio nei confronti di un soggetto per la realizzazione di un capannone con struttura portante in ferro. A seguito della condanna, era stato emesso il conseguente ordine di demolizione. Anni dopo, il nuovo proprietario dell’immobile, estraneo al procedimento penale originario, proponeva un incidente di esecuzione per chiedere la revoca di tale ordine.

La sua tesi era semplice: il manufatto originario, quello in ferro, era stato spontaneamente demolito dal precedente proprietario. L’edificio attualmente presente sull’area, sebbene di volumetria simile, era un’opera completamente nuova e diversa, realizzata in muratura di cemento armato. Di conseguenza, secondo il ricorrente, l’ordine sanzionatorio non poteva più essere applicato a un bene materialmente diverso da quello per cui era stato emesso.

La Decisione: l’Ordine di Demolizione e la sua Portata Oggettiva

La Corte d’Appello di Napoli aveva già respinto questa tesi, e la Corte di Cassazione ne ha confermato pienamente l’operato, dichiarando il ricorso infondato. I giudici supremi hanno chiarito che l’illecito edilizio non si esaurisce con la prima costruzione, ma prosegue con ogni intervento successivo che ne consolida o ne modifica la struttura. La realizzazione di lavori di completamento, ampliamento o trasformazione, come avvenuto nel caso di specie, rappresenta una prosecuzione della condotta abusiva originaria.

L’ordine di demolizione non è legato alla specifica materialità del manufatto accertata al momento della condanna, ma ha come obiettivo finale la restitutio in integrum, ovvero il ripristino dello stato dei luoghi preesistente all’abuso. Pertanto, esso si estende a tutto ciò che è stato costruito illecitamente su quella determinata area, includendo opere accessorie, superfetazioni e persino la completa ricostruzione dell’immobile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su un consolidato indirizzo giurisprudenziale. L’articolo 31 del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001) prevede che l’ordine di demolizione riguardi ‘l’edificio nel suo complesso’. Questo significa che la sanzione ha carattere ‘reale’, cioè si applica all’immobile abusivo in sé, indipendentemente dalle sue trasformazioni o dai passaggi di proprietà.

I giudici hanno sottolineato che i lavori successivi, realizzati peraltro dopo un sequestro e in violazione dei sigilli, non possono essere considerati come un fatto nuovo e distinto, ma come una ‘progressione criminosa’ dell’illecito iniziale. Consentire al responsabile (o al suo avente causa) di eludere l’ordine demolitorio semplicemente modificando l’opera vanificherebbe la funzione stessa della sanzione, che è quella di rimuovere permanentemente gli effetti dell’abuso edilizio dal territorio.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione pratica: tentare di ‘sanare’ di fatto un abuso edilizio attraverso successive modifiche o ricostruzioni è una strategia destinata a fallire. La giurisprudenza è costante nel considerare l’abuso come una situazione illecita unitaria, che comprende tutte le fasi della sua realizzazione, dal primo manufatto grezzo fino all’opera finita e trasformata. L’ordine di demolizione conserva la sua piena efficacia e deve essere eseguito sull’immobile considerato ‘nella sua interezza’, così come si presenta al momento dell’esecuzione, per garantire l’effettivo ripristino della legalità violata.

Un ordine di demolizione può essere annullato se l’edificio abusivo viene demolito e ricostruito in modo diverso?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’ordine di demolizione si applica all’immobile abusivo nel suo complesso, comprese tutte le modifiche, aggiunte o ricostruzioni successive. Queste opere sono considerate una prosecuzione dell’illecito originario.

Cosa si intende per ‘restitutio in integrum’ in materia di abusi edilizi?
Significa che lo scopo della demolizione è riportare il terreno alla sua condizione originale, come se l’abuso non fosse mai stato commesso. Per questo motivo, l’ordine colpisce non solo la prima opera illecita, ma anche tutte le successive ‘superfetazioni’ che ne perpetuano l’esistenza.

L’ordine di demolizione è valido anche nei confronti del nuovo proprietario che non ha commesso l’abuso?
Sì. L’ordine di demolizione ha natura ‘reale’, ovvero è legato all’immobile e non alla persona che ha commesso l’illecito. Di conseguenza, si trasferisce con la proprietà e deve essere eseguito anche dal nuovo proprietario, il quale acquista il bene con il carico di tale ordine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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