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Ordine di demolizione: quando si può revocare?

La Cassazione ha annullato la revoca di un ordine di demolizione. La Corte ha stabilito che un comune non può bloccare la demolizione di un immobile abusivo per destinarlo a uso pubblico senza prima aver verificato, con un certificato di collaudo statico, la sua piena sicurezza e conformità alle normative antisismiche. La semplice delibera comunale non è sufficiente.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Ordine di Demolizione e Interesse Pubblico: La Cassazione Chiarisce i Limiti

L’ordine di demolizione di un immobile abusivo rappresenta un passo fondamentale per il ripristino della legalità violata. Tuttavia, cosa accade se la Pubblica Amministrazione decide di acquisire l’immobile per destinarlo a fini pubblici? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10429/2025) fa luce sui rigidi presupposti necessari per revocare una demolizione, sottolineando come la mera dichiarazione di ‘interesse pubblico’ non sia sufficiente senza adeguate verifiche tecniche sulla sicurezza.

I Fatti del Caso: Un Immobile Abusivo Destinato a Uffici Comunali

La vicenda trae origine da un ordine di demolizione emesso nel 2005 dal Tribunale nei confronti del proprietario di un immobile costruito abusivamente. Anni dopo, il Comune, anziché procedere alla demolizione, manifesta l’intenzione di acquisire l’edificio al proprio patrimonio per far fronte a esigenze pubbliche, prima abitative e poi, con una successiva delibera, per adibirlo a uffici e archivio.

Sulla base di queste delibere comunali, la Corte di Appello revocava l’ordine di demolizione. Contro questa decisione, il Procuratore Generale ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando che la revoca fosse stata disposta in assenza di una fondamentale verifica: la compatibilità strutturale e la sicurezza dell’immobile, che risultava privo del certificato di collaudo statico.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Principio di Diritto sull’Ordine di Demolizione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando l’ordinanza della Corte di Appello. Gli Ermellini hanno ribadito un principio cruciale: la possibilità di conservare un’opera abusiva per finalità pubbliche ha natura ‘eccezionale’ e non può prescindere da una rigorosa istruttoria.

Il giudice dell’esecuzione, secondo la Cassazione, ha il potere e il dovere di verificare in via incidentale la concretezza e l’attualità dell’interesse pubblico dichiarato dal Comune. Questa verifica non può essere puramente formale, ma deve entrare nel merito degli approfondimenti tecnico-amministrativi necessari a garantire che l’immobile possa essere effettivamente e- in sicurezza – utilizzato per i fini dichiarati.

Le Motivazioni: Sicurezza Strutturale Prima di Tutto

Le motivazioni della sentenza ruotano attorno al concetto di prevalenza della sicurezza e della legalità sostanziale rispetto a una volontà programmatica della Pubblica Amministrazione.

La Mancanza del Collaudo Statico: Un Vizio Insanabile

Il punto centrale della decisione è l’assenza del certificato di collaudo statico. La Cassazione evidenzia come le stesse ‘schede tecniche’ prodotte dal Comune ammettessero la necessità di verifiche sismiche, statiche e ulteriori adeguamenti. Non è concepibile adibire a ufficio pubblico, un luogo frequentato da dipendenti e cittadini, un edificio la cui stabilità non sia stata formalmente certificata. Revocare l’ordine di demolizione in una tale condizione di incertezza è stato considerato un errore, poiché si antepone una futura ed eventuale volontà pubblica alla necessità immediata di ripristinare la legalità o, quantomeno, di garantire la sicurezza.

Il Ruolo del Giudice dell’Esecuzione

La Corte chiarisce che il giudice dell’esecuzione, di fronte a una delibera comunale, non è un mero spettatore. Deve accertare che l’interesse pubblico sia supportato da ‘dati obiettivi riferiti al singolo caso’ e da un’adeguata istruttoria. In questo caso, la Corte di Appello avrebbe dovuto, al massimo, sospendere l’efficacia dell’ordine di demolizione in attesa del completamento delle verifiche tecniche, ma non revocarlo definitivamente.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza sull’Ordine di Demolizione

Questa pronuncia rafforza l’idea che la conservazione di un immobile abusivo per scopi di pubblica utilità è una strada percorribile solo a condizioni molto severe. La delibera comunale è solo il primo passo di un percorso che deve necessariamente includere la verifica della piena conformità dell’opera alle normative urbanistiche, ambientali e, soprattutto, strutturali e antisismiche. L’ordine di demolizione resta la regola per ripristinare la legalità, e la sua deroga può avvenire solo quando l’interesse pubblico alla conservazione sia concreto, attuale e supportato da tutte le certificazioni che ne garantiscano la sicurezza, prima fra tutte il collaudo statico. In assenza di tali garanzie, la demolizione deve procedere.

Una delibera comunale che dichiara un ‘interesse pubblico’ è sufficiente a bloccare un ordine di demolizione?
No. La delibera comunale è solo il primo passo. La sua efficacia nel paralizzare la demolizione dipende dalla dimostrazione, tramite un’adeguata istruttoria e specifiche certificazioni tecniche, che l’immobile è sicuro e realmente utilizzabile per gli scopi pubblici dichiarati.

Quali verifiche sono indispensabili prima che un immobile abusivo possa essere destinato a uso pubblico?
È indispensabile accertare la compatibilità dell’opera con la disciplina antisismica e, soprattutto, ottenere il certificato di collaudo statico, che ne attesta la sicurezza strutturale. L’immobile, inoltre, deve essere provvisto di agibilità.

Qual è la differenza tra ‘certificato di collaudo statico’ e ‘dichiarazione di idoneità statica’?
La sentenza chiarisce che i due atti non sono equivalenti. Il certificato di collaudo statico è l’esito di una procedura normativamente definita, che include specifici obblighi e verifiche. Una semplice dichiarazione di idoneità statica, resa da un tecnico sotto la propria responsabilità, non può surrogarlo e non è sufficiente a garantire la sicurezza necessaria per un uso pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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