Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19085 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19085 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nata a Frascati il 19/01/1973
NOME NOME nato a Frascati il 02/03/1974
avverso l’ordinanza emessa in data 27/11/2024 dalla Corte di Appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Presidente COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27/11/2024, la Corte di Appello di Roma, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, proposta nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME, di revoca o sospensione delle ingiunzioni a demolire th=c1=322:12133i emessknei loro confronti, in data 22/01/2024, dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma, aventi ad oggetto le opere abusive per la cui realizzazione gli istanti erano stati condannati con sentenza del
22/10/2008 (irrev. il 02/10/2009), che aveva riformato parzialmente la sentenza di primo grado confermandola, peraltro, anche quanto all’ordine di demolizione del manufatto in quella sede emesso ai sensi dell’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001.
Ricorrono per cassazione con unico atto la COGNOME e il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo vizio di motivazione, ritenuta mancante, in ordine al presupposto della proporzionalità che deve connotare l’esecuzione dell’ordine di demolizione. Si lamenta il mancato apprezzamento di quanto dedotto sul punto nell’istanza rigettata, anche alla luce del fatto che erano trascorsi venti anni dalla realizzazione dell’immobile e l’ingiunzione a demolirlo: circostanza che, secondo la giurisprudenza sovranazionale diffusamente riportata in ricorso, precludeva l’esecuzione degli ordini ingiunti ai ricorrenti.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, per la manifesta infondatezza delle censure prospettate alla luce dei precedenti della giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Nell’odierna sede, i ricorrenti non hanno inteso contestare la decisione del Giudice dell’esecuzione con riferimento a quanto affermato nell’ordinanza a proposito della non condonabilità del bene, bensì esclusivamente riproponendo le censure già svolte, dinanzi alla Corte d’Appello, in ordine alla violazione del principio di proporzionalità che connoterebbe l’ordine di demolizione del manufatto abusivo.
L’assunto è manifestamente infondato, dovendo farsi applicazione, nella fattispecie in esame, dell’insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui «in tema di reati edilizi, l’Autorità giudiziaria, nel dare esecuzione all’ordine demolizione di un immobile abusivo costituente l’unica abitazione familiare, è tenuta a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU, 21/04/2016, COGNOME c. Bulgaria, e della Corte EDU, 04/08/2020, COGNOME c. Lituania, a condizione che chi intenda avvalersene si faccia carico di allegare, in modo puntuale, i fatti addotti a sostegno del suo rispetto» (Sez. 3, n. 21198 del 15/02/2023, COGNOME, Rv. 284627 – 01, la quale, in motivazione, ha precisato che tali fatti, ove allegati dall’autore dell’abuso, non possono dipendere dalla sua inerzia ovvero dalla volontà sua o del destinatario dell’ordine, non potendo il condannato lucrare sul tempo inutilmente trascorso dalla data di irrevocabilità della sentenza, posto che l’ingiunzione a demolire trova causa proprio dalla sua inerzia).
Nella medesima prospettiva, ancor più di recente, si è ulteriormente precisato
– all’esito di una diffusa disamina della giurisprudenza di legittimità
sovranazionale in materia – che «deve infatti convenirsi che il principio di proporzionalità si frappone all’esecuzione dell’ordine di demolizione per ragioni
estranee alla adozione dell’ordine stesso, incidendo non nella fase deliberativa dell’ordine stesso, bensì in quella esecutiva: ne deriva che i fatti addotti a sostegno
della sua applicazione devono essere allegati (e accertati) in modo rigoroso, dovendosene far carico, quantomeno sul piano dell’allegazione, chi intende
avvalersene per paralizzare il ripristino di un ordine violato, tanto più se si stratt come nel caso di specie, dello stesso autore dell’abuso» (Sez 3, n. 5538 del
16/01/2025, Giaccio).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, il motivo di ricorso non supera lo scrutinio di ammissibilità, non avendo i ricorrenti
adeguatamente confutato i rilievi di genericità formulati, dalla Corte d’Appello, in ordine alle allegazioni concernenti l’unicità dell’abitazione familiare e le lor
condizioni economiche: non potendo evidentemente ritenersi, alla luce dei principi enunciati, che da tale onere di confutazione i ricorrenti possano ritenersi esentati, per il mero decorso di circa quindici anni dalla irrevocabilità dell’ordine d demolizione giudiziale emesso nei loro confronti.
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 10 aprile 2025
Il Consigli GLYPH estensore
Il Prasidente